Definizione agevolata liti tributarie, la doppia soccombenza si valuta sulla lite residua
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, ordinanza n. 30454 depositata oggi
Ai fini della definizione agevolata delle liti tributarie, per valutare la soccombenza del Fisco nelle fasi di merito, si deve guardare alla/e controversie ancora pendenti in Cassazione. Se dunque il giudizio verte su una sola ripresa fiscale, è rispetto a quest’ultima che dovrà verificarsi se l’Ufficio è risultato soccombente nel primo grado, nel secondo o in entrambi. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, ordinanza n. 30454 depositata oggi, con la quale ha accolto il ricorso di una Srl contro il diniego alla definizione agevolata da parte dell’Agenzia delle entrate.
La controversia nasce da un avviso di accertamento relativo al 2007, con tre riprese fiscali (Trattamento fine mandato agli amministratori; provvigioni non di competenza; componente Irap). All’esito dei giudizi di merito la prima ripresa (T.F.M.) risultava annullata sia in CTP che in CTR, con l’Agenzia soccombente in entrambi i gradi. La seconda ripresa era stata annullata in primo grado e siccome l’Agenzia non aveva impugnato in Cassazione, il giudicato era favorevole alla società. La terza ripresa, giudicata corretta in primo grado, non è stata impugnata dalla società (che ha anche pagato) realizzandosi un giudicato favorevole all’Agenzia.
La questione affrontata dalla Sezione tributaria, dunque, è come debba determinarsi, in una condizione di soccombenza parziale e reciproca nei gradi di merito, l’importo per la definizione agevolata. Secondo il Fisco, poiché era risultata parzialmente vittoriosa – la terza ripresa era stata ritenuta legittima in primo grado e sulla questione si era formato il giudicato – la definizione si perfezionerebbe con il pagamento di un importo pari al 15 per cento del valore della controversia (applicandosi l’art. 6, co. 2, lett. b) Dl n. 119 del 2018). Secondo la società, invece, poiché sull’unico recupero oggetto del giudizio per Cassazione l’Amministrazione era soccombente in entrambi i gradi, dovrebbe applicarsi l’art. 6, co. 2-ter Dl, ai sensi del quale il contribuente è tenuto al pagamento del 5 per cento del valore della controversia.
La Cassazione sottolinea che la norma (primo comma dell’art. 6) regola le controversie «pendenti in ogni stato e grado del giudizio». Il presupposto della «pendenza», pertanto, va valutato riguardo a quanto “ancora oggetto del contendere, rispetto all’originario atto impositivo impugnato”. Di conseguenza, se l’accertamento aveva a oggetto più riprese – come nella fattispecie– e su di queste si è formato il giudicato, è pendente la sola controversia non ancora definita.
Sul punto il Collegio afferma il seguente principio di diritto: “In tema di definizione agevolata (art. 6 Dl n. 119/2018), le controversie tributarie pendenti davanti alla Corte di Cassazione possono essere definite (comma 2-ter) con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, ove l’Amministrazione, con specifico riferimento alla ripresa ancora sub judice, sia risultata soccombente in entrambi i gradi del giudizio di merito”.
E allora tornando al caso specifico, sul primo recupero, quello relativo al T.f.m. – l’unico ancora sub judice – l’Amministrazione è risultata soccombente in entrambi i gradi in quanto la C.t.p. ha annullato la ripresa e la C.t.r. ha confermato. Mentre non rileva che il contribuente sia risultato soccombente in primo grado sulla terza ripresa, in quanto la stessa (stante l’acquiescenza prestata) non è oggetto del giudizio.
Sbagliando, l’Agenzia ha invece ritenuto che la soccombenza ricorresse solo nel secondo grado di giudizio in quanto, nel primo grado, era risultato vittorioso su una diversa ripresa, anche se poi la stessa non era più oggetto del contendere (visto che il contribuente aveva prestato acquiescenza non impugnandola e pagando il dovuto).






