Famiglia

Delibazione: le misure di protezione dei minori sono regolate dalla Convenzione dell'Aja

Questo il principio di diritto stabilito dalla sentenza pronunciata dalle sezioni Unite n. 18199./2023

immagine non disponibile

di Valeria Cianciolo

«Ove in base all’art. 42 legge n. 218 del 1995 trovi applicazione la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996, le condizioni sostanziali di riconoscimento delle misure di protezione dei minori disposte dalla giurisdizione straniera risultano fissate dall’art. 23 della detta Convenzione, e non dall’art. 64 legge n. 218 del 1995, mentre il procedimento del riconoscimento innanzi al giudice italiano resta disciplinato, come previsto dall’art. 24 della medesima Convenzione, dalla legge italiana». Questo il principio di diritto stabilito dalla sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Cassazione Civile del 26 giugno 2023 n. 18199.

Il caso all’esame della Suprema corte
La Corte di appello di Bologna aveva rigettato la domanda proposta da Tizia nei confronti di Caio, per ottenere il riconoscimento in Italia della sentenza con cui il Tribunale di Butirskiy - Città di Mosca, aveva affidato i due figli minorenni, Tizietto e Caietto, nati nel corso della loro relazione, alla madre, determinandone la residenza con quest'ultima e fissandone l'orario di visite per il padre.

Il mancato riconoscimento in Italia dell'efficacia della sentenza derivava dalla carenza del presupposto di cui all’art. 64, lett. a), della Legge 31maggio 1995 n. 218 in quanto, la Federazione Russa non costituiva lo Stato di residenza abituale dei minori: la corte territoriale, pur dando atto che "il padre non ha eccepito, innanzi al Tribunale della Federazione Russa, il difetto di giurisdizione", ha ritenuto applicabile, tuttavia, il principio sancito da Cass., SU, n. 21946 del 2015 (secondo cui, "In tema di riconoscimento di sentenze straniere, il difetto di "competenza giurisdizionale", secondo i principi propri dell'ordinamento italiano, della L. n. 218 del 1995, ex art. 64, comma 1, lett. a), non può essere invocato, per la prima volta, davanti al giudice italiano se il vizio, ove tempestivamente dedotto avanti al giudice straniero, ne avrebbe inficiato il giudizio"), affermando che se Tizio “avesse ivi eccepito il difetto di giurisdizione dell'A.G. della Federazione Russa, invocando la citata norma, art. 8 Reg. CE 2201/03, avrebbe visto respinta la sua eccezione, perchè l'A.G. della Federazione Russa non era tenuta ad applicare il Reg. CE". Ed in effetti, non trova applicazione, nella specie, il regime specifico di riconoscimento delle sentenze emesse all’interno dell’Unione Europea, dettato dal Regolamento n. 2201 del 2003, dal momento che la pronuncia di cui si chiedeva il riconoscimento non era stata adottata da uno Stato membro dell’Unione stessa (art. 23 del Regolamento).

Le condizioni di riconoscimento nell’ordinamento italiano della sentenza russa erano pertanto, quelle contenute nella L. n. 218 del 1995, art. 64.

Con l’ordinanza interlocutoria del 28 novembre 2022, n. 34969, la I Sezione Civile della Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite affinchè le stesse stabilissero se, nell'ambito di un giudizio di riconoscimento, in Italia, dell'efficacia di una sentenza straniera, la parte ivi convenuta, che si sia ritualmente costituita nel giudizio svoltosi innanzi al giudice a quo senza sollevare, in quella sede, alcuna eccezione circa la carenza della "competenza giurisdizionale" di quest'ultimo, possa ancora formulare una siffatta eccezione innanzi al giudice della invocata delibazione oppure se la stessa possa essere sollevata di ufficio da quest'ultimo.

A tale quesito, le Sezioni Unite con la sentenza 26 giugno 2023 n. 18199, hanno risposto: “Ove in base all’art. 42 legge n. 2198 del 1995 trovi applicazione la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996, le condizioni sostanziali di riconoscimento delle misure di protezione dei minori disposte dalla giurisdizione straniera risultano fissate dall’art. 23 della detta Convenzione, e non dall’art. 64 legge n. 218 del 1995, mentre il procedimento del riconoscimento innanzi al giudice italiano resta disciplinato, come previsto dall’art. 24 della medesima Convenzione, dalla legge italiana.”

Il problema giuridico legato alla questione
Occorre ricordare che è un principio più volte ribadito dalla giurisprudenza quello secondo il quale l’azione di delibazione è un'azione autonoma, tendente ad una pronuncia dagli effetti meramente processuali, come tale distinta sia dall'actio iudicati nascente dalla sentenza straniera - perchè non mira semplicemente all'esecuzione, ma ad un effetto più ampio per la sua natura e più ristretto per il suo ambito territoriale: cioè, alla dichiarazione di efficacia giuridica in Italia -  sia dall'azione spettante in base alla titolarità del diritto che connota il rapporto giuridico fondamentale, perchè non ha per oggetto il rapporto sostanziale, ma esclusivamente, l'idoneità della sentenza straniera a spiegare efficacia nell'ordinamento italiano. Sicchè è il giudicato straniero che continua a produrre gli effetti esecutivi, gli effetti del giudicato e tutti gli altri eventuali effetti che sono propri dell'atto giurisdizionale.

Fatta questa premessa, il tema sollevato dall’ordinanza interlocutoria del 2022 evidenzia come la conclusione cui giunge la Corte felsinea, - ossia, che se Tizio “avesse ivi eccepito il difetto di giurisdizione dell'A.G. della Federazione Russa, invocando la citata norma, art. 8 Reg. CE 2201/03 avrebbe visto respinta la sua eccezione” - apra la porta ad evidenti critiche in termini sistematici, in quanto si tratterebbe di una fictio iuris, dalla quale parrebbe desumersi l’improponibilità dell’eccezione che, pur proponibile in astratto, non sarebbe in concreto idonea ad «inficiare il giudizio». L’ordinanza del 2022 allora, tenta un’altra strada: consiglia l’adozione di un diverso criterio, imperniato, anziché sulla verifica da parte del giudice ad quem sull’ipotetico esito dell’eccezione de qua laddove proposta dinanzi al giudice a quo, sulla distinzione dei poteri del giudice a quo e quelli del giudice ad quem.

In buona sostanza, gli Ermellini è come se dicessero: “stabiliamo chi deve fare cosa e non ci perdiamo dietro al tema dell’eccezione”. Anche perché, un’eccezione o è tale o non lo è, non possiamo definirla a secondo di una prognosi favorevole o meno.

E quindi, al giudice a quo (nel nostro caso, il Tribunale russo) spetterebbe la valutazione di tutte le questioni, di rito e di merito, al collegio della delibazione, al contrario, spettererebbe – oltre alla verifica del rispetto dei principi fondamentali – anche la verifica della «competenza giurisdizionale» del giudice a quo, da compiersi peraltro sulla base delle norme interne e solo laddove tali valori non siano stati tutelati nello Stato in cui la controversia è sorta, deve potersene discutere in Italia.

Nella specie, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale internazionale, deve rilevarsi che la decisione del Tribunale russo, riguardando questioni strettamente inerenti l’esercizio della responsabilità genitoriale, ha adottato misure rientranti nell’ambito degli istituti di protezione del minore, destinate al perseguimento del suo preminente interesse.

La norma applicabile risulta, pertanto, la  L. n. 218 del 1995, art. 42, secondo la quale "la protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 (ad essa è succeduta, anche nei rapporti reciproci, la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, entrata in vigore in Italia il 1 gennaio 2016)  sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione di minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742"..

L’art. 23 della Convenzione dell’Aja stabilisce che:

“Le misure adottate dalle autorità di uno Stato contraente sono riconosciute di pieno diritto negli altri Stati contraenti.

2. Tuttavia, il riconoscimento può essere negato:

a) qualora la misura sia stata adottata da un’autorità la cui competenza non era fondata ai sensi delle disposizioni del capitolo II…”

Tale norma va letta unitamente all’art. 5 della stessa Convenzione contenuta, appunto, nel Capitolo II: “Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato contraente di residenza abituale del minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.”

La disciplina convenzionale non prevede requisiti di efficacia come l’art. 64 della legge 218 del 1998, ma il riconoscimento di pieno diritto della sentenza straniera, salvo la ricorrenza di ipotesi ostative, come l’adozione di una misura adottata dall’autorità giudiziaria di uno Stato nel quale il minore non aveva la sua residenza abituale. E in questo caso, non vi era stata contestazione sul fatto che il minore avesse la sua residenza abituale in Italia e quindi, nessuna misura avrebbe potuto adottare il Tribunale russo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©