Donazione modale: liberalità, incidenza del modus sulla causa negoziale e tutela se obbligazione è inadempiuta
L'onere imposto al donatario è una vera e propria obbligazione, con la conseguente rilevanza dell'indagine volta ad accertare se la sua mancata esecuzione dipenda da inadempimento imputabile al donatario
Nella donazione modale l'onere imposto al donatario costituisce una vera e propria obbligazione, con la conseguente rilevanza dell'indagine volta ad accertare se la sua mancata esecuzione dipenda da inadempimento imputabile al donatario.
Il caso - Tizia, vedova e senza figli, donava a Caia la nuda proprietà dell'unico bene immobile di sua proprietà, già prima oggetto di una disposizione testamentaria a favore di X., con riserva di usufrutto e con imposizione di un onere modale, consistente nell'obbligo di prestarle assistenza.
Secondo il Giudice, "provata l'esistenza dell'onere, l'inadempimento da parte della donataria era da stimarsi quale condizione risolutiva del contratto, risultando provato che il modus della donazione non era stato adempiuto dalla donataria per la precisa volontà di sottrarsi ai suoi obblighi."
Il recente provvedimento del Tribunale pugliese (Tribunale Foggia, Sez. I, Sent., 4 marzo 2021) consente una breve trattazione della liberalità, della rilevanza dei motivi nella fattispecie donativa, dell'incidenza del modus sulla causa negoziale, e quale sia lo strumento di tutela per il donante, qualora l'obbligazione modale resti inadempiuta.
Le questioni - L'art. 769 c.c. dispone che "la donazione è il contratto mediante il quale per spirito di liberalità una parte arricchisce l'altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione": in questo contratto, come è noto, si assiste, dunque, all'arricchimento di una parte correlato all'impoverimento dell'altra, dove lo spirito di liberalità consiste nella consapevolezza di effettuare un'attribuzione patrimoniale nullo iure cogente.
Alla liberalità si può accompagnare l'interesse del donante, che è sempre di natura non patrimoniale e che corrisponde ai c.d. motivi che hanno indotto il donante a effettuare l'attribuzione. Il motivo normalmente rimane sullo sfondo, ma a volte emerge dall'atto di donazione
Posto che il motivo è "uno dei più equivoci del linguaggio giuridico" (FERRANDO, voce Motivi, in Enc. giur., XX, Roma, 2009, par. 1.) in quanto "non esiste una nozione giuridica di motivo" (RICCA, voce Motivi (dir. priv.), in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, p. 275). È chiaro che tutte le volte in cui tali ragioni sono evidenziate, vi siano delle conseguenze e questo è tanto più vero per le donazioni: si pensi alla donazione obnuziale o alla donazione remuneratoria. L'art. 793, 1 co., c.c. afferma che "la donazione può essere gravata da un onere." Quest'ultima norma disciplina la c.d. donazione modale, ossia, una donazione contenente il c.d. modus, elemento accessorio dell'atto di liberalità, attraverso il quale il donante mira a uno scopo che si aggiunge a quello principale del negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di questo, senza peraltro condizionarne l'attuazione: nella donazione modale, il motivo dell'attribuzione entra nella struttura negoziale a tal punto da divenire oggetto di un vera e propria obbligazione.
Dunque, la donazione gravata dal modus è un atto di liberalità (quanto alla causa, alla natura giuridica e agli effetti), al quale accede un onere, che comporta l'obbligo del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita.
Secondo una parte della dottrina, l'onere quando diventa motivo determinante dell'attribuzione, sarebbe in grado di condizionare a tal punto il negozio al punto da trasformare la donazione in un contratto a prestazioni corrispettive: «quando l'onere rappresenta, nel processo volitivo del donante, una conditio sine qua non dell'attribuzione gratuita (...) la figura è caratterizzata da un arricchimento che si trova in connessione funzionale, anziché genetica, con una controprestazione a vantaggio di persona diversa dal donatario» (CARNEVALI, La donazione modale, Milano, 1969,192 -193).
È evidente che se attraverso la donazione modale il donante arricchisce il donatario obbligandolo allo stesso tempo, a soddisfare un suo interesse – interesse che ha dato una particolare coloritura al negozio donativo - conseguentemente, l'ordinamento deve preoccuparsi degli strumenti volti a tutelare la posizione del donante in caso di inadempimento da parte del donatario e tali strumenti sono o agire per ottenere l'adempimento del modo o chiedere la risoluzione della donazione posto che l'art. 793, 4 co., cod. civ. dispone che la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi».
La giurisprudenza ha più volte ribadito che, a fronte della mancata esecuzione del modo, dovuta a fatto imputabile al donatario, la risoluzione per inadempimento può essere concessa solo se espressamente prevista nell'atto di donazione non risultando neppure sufficiente al suo accoglimento la circostanza che l'adempimento del modo sia stato il motivo unico e determinante della liberalità.
Secondo la dottrina più accreditata, qualora la risoluzione non sia espressamente prevista, il donante può avvalersi esclusivamente dell'azione volta a richiedere l'adempimento della prestazione: "la risoluzione per inadempimento costituisce un rimedio che l'ordinamento attribuisce al contraente adempiente a prescindere dalla previsione delle parti, per il disfunzionamento della causa del contratto, e l'espressa previsione (art. 1456 cod. civ.) serve soltanto ad attribuire efficacia automatica alla risoluzione, in vece, l'istituto considerato presuppone la previsione nel contratto di donazione e a tale previsione è subordinata." (TORRENTE, La donazione, in Commentario C.C., a cura di Cicu e Messineo, Milano, 2006, 601 e segg.).
Considerazioni - Diverse sono le considerazioni da farsi, a seconda che si voglia riconoscere o meno natura accessoria al modus perché se si sposa la prima tesi, deve concludersi che un elemento accessorio non potrebbe mai incidere sugli effetti del negozio principale ed il suo inadempimento non potrebbe investire il negozio principale.
Invece, se si nega natura accessoria al modus, come ritiene altra dottrina, occorre distinguere l'ipotesi in cui questo sia uno scopo solo secondario rispetto alla volontà di arricchire il donatario, dal caso in cui l'obbligazione posta a carico del donatario rappresenti il solo motivo che ha spinto il donante al compimento dell'atto. In tale ultimo caso, trovandoci di fronte a un contratto a prestazioni corrispettive, si può fare ricorso ai rimedi generali previsti nel campo dei contratti sinallagmatici. Infatti, "se l'adempimento dell'onere ha rappresentato il motivo determinante dell'attribuzione e se lo spirito di liberalità esplica una funzione meramente strumentale rispetto a quello, la donazione modale, quale contratto con prestazioni corrispettive, sarà soggetta alla relativa disciplina ed in particolare all'art. 1453 cod. civ. (...). Qualora le parti abbiano inserito nell'atto una clausola risolutiva per il caso di inadempimento dell'onere, tale clausola non costituisce qui che un superfluo richiamo all'art. 1453" (Carnevali, cit., 276). Secondo tale ricostruzione, quindi, il comma 4 dell'art. 793 cod. civ. "intende regolare solo quelle fattispecie di donazione modale in cui l'onere rappresenta un intento secondario e alla quali sarebbe inapplicabile l'art. 1453 cod. civ. Solo per queste ultime vale il requisito della previsione".