Penale

Guida in stato di ebbrezza: non serve l’etilometro, bastano l’alito vinoso e gesti autolesionisti

L’imputato è stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto e 1.500 euro di ammenda, con sospensione della patente di guida per un anno

di Giampaolo Piagnerelli

La guida in stato di ebbrezza può essere dimostrata anche da alcuni elementi e comportamenti del soggetto incriminato come ad esempio l’alito vinoso e il compimento di gesti autolesionisti. Pertanto secondo la Cassazione (sentenza n. 38177/25) non è necessario l’accertamento del soggetto mediante etilometro per decretarne lo stato di ubriachezza alla guida.

I giudici di merito

Venendo ai fatti - con sentenza del 4 marzo 2025 - la Corte d’Appello di Roma, riducendo la pena per l’incensuratezza dell’imputato, confermava nel resto la sentenza del Tribunale di Roma che aveva dichiarato un soggetto responsabile del reato di cui all’articolo 186 del Dlgs 285/1992, commi 1 e 2, lettera b), per aver circolato sulla pubblica via in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche. L’imputato è stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto e 1.500 euro di ammenda, con sospensione della patente di guida per un anno. 

La vicenda

Nelle sentenze di merito i fatti sono stati ricostruiti nel seguente modo. L’imputato, previa manovra in marcia indietro, aveva posteggiato la propria auto su una parte di marciapiede che aveva impedito il passaggio a un pedone e, alla protesta dello stesso, aveva risposto in modo agitato. Nel frattempo, arrivata la polizia chiamata per la lite, la stessa ha constatato che il soggetto barcollava e aveva l’alito vinoso, muniti di etilometro gli agenti hanno provato a farlo soffiare all’interno del boccaglio, ma per due volte non c’è riuscito, nonostante gli fosse stato spiegato chiaramente come fare. Dopo i due tentativi andati a vuoto si è poi lasciato andare contro il cofano della volante. 

Imputato in Commissariato

In seguito a tale comportamento era stato deciso di condurre l’imputato in Commissariato unitamente a un suo amico, il quale poi sentito come teste aveva dichiarato che avevano bevuto mezzo litro di birra ciascuno. Entrambi avevano iniziato a dimenarsi all’interno della volante e, una volta giunto in Commissariato, il soggetto aveva continuato a dare testate contro il muro. Dunque, il rilievo del tasso alcolometrico mediante alcoltest non aveva avuto esito a causa delle condizioni psicofisiche dell’imputato, tali da non permettergli di soffiare la quantità minima di aria necessaria per la rilevazione. La responsabilità in relazione al reato in questione era stata però ritenuta in ragione della manifestazione da parte dell’imputato di indici sintomatici inequivoci dello stato di ebbrezza. 

Conclusioni della Cassazione

Nel caso in esame, precisa la Cassazione, la necessaria motivazione congrua è ravvisabile, in ragione della evidenziata incapacità dell’istante, per l’effetto dell’ebbrezza alcolica, non solo di collaborare per l’accertamento del livello alcolometrico mediante l’apparecchiatura a disposizione degli accertatori, ma anche per i molteplici ulteriori elementi sintomatici messi in evidenza dalla sentenza di primo grado e ribaditi da quella d’appello, idonei a far ritenere superata la soglia di cui alla lettera b) dell’articolo 186 del Cds. La motivazione dei giudici ha, infatti, dato conto della totale perdita di lucidità dell’imputato, con assunzione anche di condotte autolesioniste.

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