Penale

No al riconoscimento “parziale” della condanna emessa da altro Stato Ue

Lo ha chiarito la Cassazione, ordinanza n. 37379/2025, affermando l’abnormità di un simile procedimento

di Francesco Machina Grifeo

In tema di rapporti giurisdizionali con le Autorità straniere, la Cassazione (ordinanza n. 37379/2025) ha affermato che è affetta da abnormità, in quanto espressione di un potere astrattamente riconosciuto dall’ordinamento, ma esercitato in concreto al di fuori dei casi consentiti, la sentenza che dispone il parziale riconoscimento per l’esecuzione di una sentenza di condanna emessa da altro Stato membro dell’Unione Europea, in assenza di previa interlocuzione e di accordo con lo Stato di emissione sulle condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione parziale.

Il caso era quello di un cittadino rumeno condannato nel suo paese per plurimi reati di corruzione, con una MAE esecutivo eseguito in Italia. All’esito di due annullamenti da parte della Corte di cassazione delle pronunce che ne avevano disposto la consegna, la Corte di appello di Bologna (con sentenza divenuta irrevocabile) l’ha rifiutata in mancanza di adeguate garanzie sulle condizioni di detenzione. A quel punto l’autorità giudiziaria rumena ha chiesto che la sentenza della Corte di appello di Bucarest venisse eseguita in Italia e il Ministro della giustizia ha dato il consenso. La Corte bolognese, dopo una serie di interlocuzioni con l’autorità rumena, ritenendo che l’imputato fosse stato privato del secondo grado di giudizio, per un capo di imputazione, ha disposto il riconoscimento e l’esecuzione della pena solo per due anni, anziché per l’intero periodo (oltre 8 anni). Contro questa decisione ha proposto ricorso il Pg della Corte di appello affermando che il riconoscimento parziale era avvenuto senza informare l’autorità rumena.

La VI Sezione penale ricorda che il quadro giuridico di riferimento è delineato dalla decisione-quadro 2008/909/GAI del 27 novembre 2008 e dal Dlgs 161/2010 e “si fonda essenzialmente sul consenso dello Stato di condanna all’esecuzione in altro Stato dell’U.E. di una pena detentiva inflitta in base ad una sentenza di condanna emessa dalle sue autorità giudiziarie”. E tale consenso viene manifestato nell’invio del “certificato”, che presuppone il rispetto da parte dello Stato di esecuzione delle regole definite nella decisione-quadro. Allo Stato di esecuzione viene riconosciuto “un potere di adattamento” che tuttavia è chiaramente “delimitato” (art. 8, par. 2 e 3). “Al di là di tali ristretti poteri di adattamento (e fuori dai casi di cui all’articolo 17) – prosegue la decisione -, non sussiste in capo allo Stato di esecuzione un autonomo potere di procedere, unilateralmente, al riconoscimento della sentenza e all’esecuzione della pena in parte, ovvero in termini diversi da quelli indicati nel certificato trasmesso”.

Non è dunque vero quanto sostenuto dal resistente e cioè che “l’attivazione del meccanismo di previa consultazione per il caso di riconoscimento parziale costituisce, per volontà del legislatore europeo, solo una facoltà e non un obbligo per lo Stato di esecuzione”. Al contrario, “la sentenza che dispone il riconoscimento parziale in violazione di tale regola costituisce manifestazione di un potere astrattamente riconosciuto dall’ordinamento, ma in concreto esercitato al di fuori dei casi consentiti”. Nel caso specifico, dunque, “il potere attribuito al giudice è stato esercitato in un contesto processuale del tutto diverso da quello previsto dalla legge”, che impone l’annullamento della sentenza.

Correttamente, il Pg ricorrente ha evidenziato come la violazione di una inderogabile regola processuale, a presidio del corretto rapporto di cooperazione giudiziaria tra Stati sovrani, ha impedito allo Stato di emissione della sentenza di decidere se concordare con l’autorità italiana il riconoscimento parziale o se invece dissentire, con conseguente ritiro del certificato.

La Corte bolognese dovrà allora avviare le previste interlocuzioni con l’autorità rumena per pervenire ad un accordo sulle condizioni del riconoscimento parziale e dell’esecuzione della pena, o, in caso di dissenso, di consentire all’autorità dello Stato di condanna di recuperare, con il ritiro del certificato, la piena sovranità sulla pena.

Del resto, conclude la Corte, appaiono, irrilevanti gli esiti delle richieste di chiarimenti inviate dalla Corte di appello all’autorità rumena che “non possono essere in alcun modo confuse con le necessarie forme di interlocuzione prescritte dagli artt. 10 della decisione-quadro 008/909/GA1 del 27 novembre 2008 e 10, comma 3, d.lgs. n. 161 del 2010, finalizzate innanzitutto a porre l’autorità dello Stato di condanna a conoscenza di tali determinazioni e, quindi, a concordare eventualmente con tale autorità le condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione parziale”.

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