Penale

Rimessione del processo, la parte privata non paga le spese se l’istanza è rigettata

In caso di rigetto o di inammissibilità della domanda dell’imputato di spostare dinanzi ad altro giudice la causa per il clima non sereno in cui si dovrebbe svolgere il processo le norme che governano l’istituto in esame prevedono esplicitamente solo la possibilità di comminare un’ammenda

di Paola Rossi

Con due decisioni (nn. 37824 e 37825) entrambe depositate oggi le sezioni Unite della Cassazione penale hanno chiarito il dubbio creatosi all’interno della terza sezione penale sulla “doverosità” o meno da parte del giudicante di condannare l’imputato - di cui sia stata respinta l’istanza di rimessione del processo ad altro giudice - al pagamento delle relative spese processuali.

Al centro della questione è la regola generalissima e quindi passibile di molteplici eccezioni che chi “perde paga” e che tradotto vuol dire pagare i costi procedimentali ossia le spese che lo Stato anticipa al fine di assicurare la celebrazione del processo.

La questione da risolvere era quindi se tale regola si applichi anche nel caso dell’istanza ex articolo 45 del Codice di procedura penale quando rigettata o dichiarata inammissibile.

La risposta del massimo consesso nomofilattico è stata negativa e al fine di risolvere la questione posta, le sezioni Unite penali hanno dettato con le due decisioni il medesimo principio di diritto secondo cui in caso di istanza della parte privata di rimettere ad altro giudice il processo, per il clima locale che incide sulla decisione da assumere compromettendone la genuinità, nel caso di risposta negativa l’istante non può essere condannato a restituire le spese processuali anticipate dallo Stato.

In effetti con le due sentenze le sezioni Unite penali operano un chiarimento necessario ossia la risoluzione del contrasto giurisprudenziale creatosi per la sussistenza di due diversi orientamenti in materia.

Infatti, a differenza di quanto ora affermato dalla Suprema Corte, si era delineato un diverso orientamento che riteneva legittimo applicare al caso previsto dall’articolo 45 del Cpp quanto accade in caso di impugnazioni o di proposizione di questioni incidentali. Casi in cui in effetti l’inammissibilità o il rigetto della domanda determina l’attribuzione dell’onere economico relativo alle spese processuali.

Il parallelo, però, secondo la Cassazione non è sostenibile per due ordini di motivi di logica giuridica. Il primo è che di regola l’analogia, in particolare nel diritto penale, non è che un’eccezione se non un divieto generale per l’interprete il cui compito è quello di applicare le norme in maniera testualmente letterale o al massimo di interpretarne i disposti al fine di addivenire alla reale volontà del Legislatore espressa attraverso le disposizioni varate. E l’altro motivo posto a sostegno dell’orientamento uniformante adottato si fonda sulla circostanza che la rimessione del processo è puntualmente regolata dagli articoli 45 fino a 49 del Codice di rito senza quindi lasciare spazio a diverse iniziative interpretative della Corte di cassazione che è il giudice chiamato per competeza funzionale a decidere sull’istanza in esame.

IInfine, proprio sul punto degli oneri economici che il giudice può accollare alla parte privata che subsice il rigetto o la decisione di inammissibilità della domanda proposta è presente una norma ad hoc che prevede la possibilità di comminare un’ammenda all’imputato richiedente. Ciò esclude l’allargamento della condanna al pagamento anche delle spese processuali, in quanto non previsto.

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