Penale

La sentenza per mancata conoscenza del processo non può modificare l’imputazione

L’improcedibilità per mancata conoscenza del processo dichiarata con sentenza dal Gup è un momento prettamente processuale che non prevede la riqualificazione del reato e men che mai senza azionare il contraddittorio col Pm

di Paola Rossi

Il Giudice dell’udienza preliminare non può - nel pronunciare sentenza di non lugo a procedere per mancata conoscenza del procedimento da parte dell’imputato - riqualificare l’imputazione. Si tratta di passaggio puramente procedimentale che non consente la modifica del reato contestato in totale assenza di contraddittorio con il pubblico ministero che ha promosso l’azione penale.

La sentenza

Questa l’affermazione della Corte di cassazione penale che, con la sentenza n. 37949/2025, ha accolto il ricorso della parte pubblica.

La Suprema Corte ha di fatto accolto entrambi i rilievi del procuratore che lamentava l’insussistenza del potere del Gup di adottare la riqualificazione dell’imputazione sia per mancato contraddittorio con il magistrato inquirente sia perché come reca la norma riformata integralmente dalla novella Cartabia in sede di udienza preliminare senza costituzione delle parti non è oggetto dell’esame affidato al giudice la riqualificazione dell’imputazione. Si tratta di attività del giudice che è demandata al momento in cui si avvia la fase della cognizione piena stante che la sentenza di improcedibilità come ora codificata dall’articolo 420 quater del Codice di rito ha strettamente natura tipicamente processuale.

In quella sede, in effetti, il giudice se ritiene che non siano ravvisabili né l’assenza dell’imputato (per sottrazione volontaria al procedimento) né un impedimento a comparire del difensore o dell’imputato, dichiara l’improcedibilità per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato stesso. Passaggio di economia processuale che non contempla la facoltà del Gup di riformulare l’accusa.

Infine, al di là dell’errata sede in cui il Gup ha inteso modificare il perimetro del reato in contestazione, va rilevato che di regola il modello procedimentale disegnato nel codice di rito è chiaro: il pubblico ministero è investito del potere di esercitare l’azione penale, indicando i fatti contestati e la loro qualificazione giuridica mentre il giudice è investito del dovere di verificare che essi (fatti e qualificazione) siano contestati in modo coerente con le acquisizioni processuali. E se tale coerenza non è riscontrata il giudice non ha il potere di intervenire direttamente sull’imputazione per risolvere le «difformità», avendo, viceversa, il dovere di sollecitare l’intervento del pubblico ministero.

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