Improcedibilità, non si applica il principio del favor rei
Lo ha precisato la quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 334
Non è incostituzionale l’improcedibilità introdotta dalla riforma Cartabia. Si tratta infatti di una misura di natura processuale, a differenza della prescrizione, per la quale non scatta la retroattività e non si applica il principio del favor rei. E neppure è irragionevole la scelta sulla decorrenza, con una limitata retroattività. La Cassazione interviene, con la sentenza n. 334 della Quinta sezione penale, sulla riforma Cartabia del processo penale e sulla legittimità delle misure introdotte per accelerare la definizione dei procedimenti.
Al centro è il tema della non procedibilità quando il giudizio si protrae oltre i limiti fissati per ogni grado , una misura che la difesa di un imputato di bancarotta riteneva suscettibile di contrasto con la Costituzione, in violazione del principio del favor rei perché applicabile ai soli reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 e non anche per tutti quelli passati.
Per la Cassazione, tuttavia, la causa di improcedibilità introdotta dalla legge 134 del 2021, di generale riforma del processo penale (affidata a futuri decreti legislativi, ma su questa parte già in vigore) non ha natura processuale. A questa conclusione fanno propendere elementi come la necessità di un bilanciamento tra la finalità dichiarata di arrivare a una rapida definizione dei processi di impugnazione e la norma che blocca la prescrizione del reato con la pronuncia di primo grado.
Inoltre, va tenuto presente il fatto che il mancato rispetto dei termini ha conseguenze non tanto sull’esistenza del reato, quanto piuttosto sulla possibilità di proseguire l’azione penale.
Una differenza questa che è, nella lettura della Cassazione, fondamentale rispetto alla prescrizione, per la quale più volte è stata sottolineata la natura sostanziale, perché, insieme all’arresto della procedibilità dell’azione penale determina anche l’estinzione del reato.
La natura processuale della norma comporta allora l’operatività del principio tempus regit actum e l’inapplicabilità retroattiva della misura.
Quanto ai tempi di applicazione e alla limitata retroattività, per la Cassazione si tratta di «una finalità compensativa e riequilibratrice che trova il suo fondamento nella circostanza che per i reati commessi antecedentemente al 1° gennaio 2020 non opera la normativa di cui alla legge n. 3/19 relativa alla sospensione del termine prescrizionale dopo la sentenza di primo grado».