Incidente stradale tra auto e animale: colpa dell’automobilista che corre e non del “randagismo”
La Cassazione così ha dichiarato la responsabilità esclusiva del conducente senza dare importanza alla circostanza che il cane potesse essere randagio
“L’automobilista che ha un incidente con un cane, resta esclusivamente responsabile se, nel guidare a velocità eccessiva per le condizioni della strada e nel violare l’obbligo di tenere la destra, non si accorge dell’ostacolo rappresentato dalla presenza del cane sulla corsia di sorpasso, che non stava (peraltro) effettuando un attraversamento improvviso”.
Nessuna responsabilità dell’animale
Questo il principio espresso dalla Cassazione con l’ordinanza n. 30616/25. In sostanza, quindi, si legge nella sentenza l’auto ha trovato sulla corsia di sinistra non l’improvviso ostacolo di un cane in movimento che attraversava, ma l’ostacolo, insolito ma ben avvistabile, di un cane che su quella corsia circolava con modalità analoghe a una vettura. Nulla, quindi, impediva al guidatore di evitare l’urto, tanto più che gli sarebbe bastato di circolare sulla corsia destra come prescritto dal codice della strada. Deve così concludersi che, nella fattispecie, la natura randagia del cane non ha avuto rilevanza causale nella dinamica dell’incidente, sì che già per tale sola ragione l’appello risulta infondato.
La responsabilità della Pa
E tale accertamento non può essere sindacato in sede di legittimità. D’altra parte, la responsabilità della pubblica amministrazione per i danni causati da cani randagi resta soggetta al regime probatorio di cui all’articolo 2043 del Cc e ciò implica che la persona danneggiata da un cane randagio che intenda agire per il risarcimento ha l’onere di provare la colpa della pubblica amministrazione e il nesso di causa tra questa e il danno patito.
La prevenzione del randagismo
La colpa della pubblica amministrazione non può tuttavia essere desunta dal mero fatto che un cane randagio abbia causato il danno, ma esige la dimostrazione della insufficiente organizzazione del servizio di prevenzione del randagismo. Solo una volta fornita questa prova, il nesso di causa tra condotta omissiva e danno potrà ammettersi anche ricorrendo al criterio cosiddetto della concretizzazione del rischio.







