Amministrativo

“Incorniciamento” illecito se il consumatore è pressato a contrarre assicurazione oltre mutuo

Se all’offerta di finanziamento all’acquisto è proposta la conclusione di un contratto assicurativo estraneo alla vendita tale pratica si configura come aggressiva se il proponente coarta in vari modi la volontà dell’acquirente

di Pietro Alessio Palumbo

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5901/2025 ha chiarito che la pratica commerciale consistente nel proporre simultaneamente al consumatore un’offerta di finanziamento personale e un’offerta di un prodotto assicurativo non collegato a tale finanziamento (c.d. «incorniciamento») non costituisce di per sé una pratica commerciale aggressiva qualora manchi la prova di un indebito condizionamento o la idoneità a limitare in modo considerevole la libertà di scelta del consumatore. Può invece costituire pratica commerciale aggressiva se il professionista non solo non abbia concesso al consumatore un periodo di riflessione tra la firma del contratto di finanziamento e quella del contratto di assicurazione, ma abbia anche fatto ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento.

La vicenda all’esame di Palazzo Spada

Nella vicenda l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avviava un procedimento volto ad accertare l’esistenza di una presunta pratica commerciale aggressiva, posta in essere dalla ricorrente e consistente nel condizionamento, di fatto, della concessione a favore dei consumatori di finanziamenti diversi dal mutuo (prestiti personali) alla sottoscrizione da parte degli stessi di coperture assicurative correlate a eventi relativi alla vita privata ed estranei al credito.

La società presentava all’Agcm una proposta di misure volte a rendere più chiara al consumatore la facoltatività e la non obbligatorietà delle polizze. Tuttavia l’Autorità riteneva gli impegni presentati solo parzialmente idonei a rimuovere i profili di scorrettezza della pratica commerciale oggetto di contestazione.

Dopo un’ulteriore integrazione della proposta di impegni che ancora una volta non convinceva l’Agcm, la società si rivolgeva al Tar che però rigettava il ricorso. Dal che la società si appellava al Consiglio di Stato.

Le motivazioni del Consiglio di Stato

La direttiva Ue 2005/29 relativa alle pratiche commerciali sleali traccia un elenco completo ed esaustivo delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali. Una pratica commerciale come quella del c.d. “incorniciamento” può essere qualificata come pratica commerciale aggressiva, o, più in generale, come pratica commerciale sleale, ai sensi della citata direttiva eurounitaria, soltanto a condizione che essa corrisponda a una delle situazioni elencate nello specifico allegato alla direttiva.

Pertanto, è necessario ritenere che una pratica commerciale come quella dell’“incorniciamento” consistente nel proporre simultaneamente al consumatore un’offerta di finanziamento personale e un’offerta di un prodotto assicurativo non collegato a tale finanziamento, non costituisce una pratica che può essere qualificata come pratica commerciale in ogni caso aggressiva o sleale. Infatti, deve essere considerata aggressiva una pratica commerciale che, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

In assenza di una definizione delle nozioni di «molestie» e di «coercizione», occorre, per circoscrivere queste ultime, far riferimento al senso abituale che tali termini hanno nel linguaggio corrente, il quale esclude che una pratica commerciale possa considerarsi una forma di molestia o di coercizione per il solo motivo che essa presenti le caratteristiche di una pratica commerciale d’incorniciamento. Al riguardo va precisato che attraverso la pratica aggressiva, l’operatore si propone di condizionare la volontà del consumatore, facendogli concludere un contratto della cui convenienza non è convinto. Deriva che affinché si possa parlare di pratica aggressiva è necessaria una sorta di manipolazione concreta della volontà dell’utente, non incidendo meramente e semplicemente sul suo diritto a conoscere le informazioni necessarie a effettuare una libera e consapevole scelta, ma che si concretizzi in una condotta che sia capace di condizionare il comportamento e quindi le preferenze dell’utente. Su queste basi, nella vicenda, a giudizio del Consiglio di Stato, l’abbinamento tra i prodotti contestato dall’Autorità come pratica aggressiva, non manifesta, di per sé, le caratteristiche innanzi delineate, dal momento che non sussiste la prova di un indebito condizionamento, né dell’idoneità a limitare – in modo considerevole – la libertà di scelta del consumatore. A ben vedere, la pratica commerciale aggressiva, per poter essere giuridicamente configurata, necessita di un quid pluris e, precisamente, di un comportamento attivo dell’impresa che condizioni indebitamente il consumatore e che si concretizzi in una condotta che sia addirittura capace di coartare l’utente. Presentare simultaneamente a un consumatore un’offerta di finanziamento personale ed un’offerta di un prodotto assicurativo, non implica, di per sé, l’esistenza di atti di pressione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©