Penale

La Cassazione fa il punto su concussione e induzione indebita tra danno ingiusto e vantaggio indebito

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di Andrea Alberto Moramarco

Dopo quasi sei anni dall'entrata in vigore della legge anticorruzione (legge 190/2012) «la giurisprudenza della Corte di cassazione continua ad essere impegnata nella elaborazione conseguente allo “spacchettamento” legislativo» del previgente articolo 317 del codice penale nelle due fattispecie di concussione (per costrizione) e induzione indebita a dare o promettere utilità, rispettivamente previste dall'attuale articolo 317 c.p. e dall'articolo 319-quater c.p. Questo è quanto afferma la Corte di cassazione nella sentenza 30346, depositata ieri, relativa ad un caso di richiesta di “mazzette” per evitare la sanzione fiscale, con la quale i giudici di legittimità cercano di fornire all'interprete gli strumenti per capire quando si configura l'una o l'altra fattispecie nei casi ambigui, ovvero i casi in cui il criterio del danno ingiusto per la concussione e indebito vantaggio per l' induzione indebita non sia dirimente.

La vicenda - Il caso coinvolge un funzionario dell'Agenzia delle Entrate, accusato, assieme ad un collega giudicato separatamente, di quattro distinti fatti di presunta concussione. In particolare, dalle denuncie che hanno dato il via alle indagini penali emergeva che i titolari degli esercizi commerciali, sottoposti a controlli per studi di settore, venivano incoraggiati a corrispondere delle somme di denaro per evitare esiti negativi degli accertamenti. In sostanza, agli esercenti venivano chieste “mazzette” per evitare sanzioni all'esito dei controlli fiscali. In seguito, nel processo si accertava che gli agenti del Fisco prospettavano conseguenze economiche negative per i contribuenti sia in caso di irregolarità effettivamente riscontrate, sia in caso di presunte ma non sussistenti irregolarità contabili, ottenendo in tutti i casi delle somme di denaro dai titolari degli esercizi commerciali. Sia il Tribunale che la Corte d'appello ritenevano poi sussistente il reato di concussione e condannavano il funzionario a più di cinque anni di carcere.

La decisione - La questione arriva a questo punto in Cassazione, dove il funzionario con un lungo ricorso cerca di far cambiare il verdetto dai giudici di legittimità, puntando sulla distinzione tra il reato di concussione ex articolo 317 c.p. e il nuovo reato di induzione indebita a dare e promettere utilità ex articolo 319-quater c.p., fondata sostanzialmente sul concetto di danno ingiusto da evitare o indebito vantaggio da ottenere; distinzione che non era stata presa adeguatamente in considerazione dai giudici di merito. Tale tentativo coglie nel segno e porta la Suprema corte ad annullare con rinvio la decisione di merito, non avendo affatto la corte territoriale indagato sufficientemente su quegli elementi della vicenda che avrebbero consentito di escludere la configurabilità di uno dei due reati a scapito dell'altro.

La distinzione tra concussione e induzione indebita - I giudici di legittimità prendono atto della complessità giuridica della questione, che non trova una soluzione condivisa a sei anni di distanza dall'introduzione della legge anticorruzione che ha spacchettato la vecchia fattispecie di concussione nelle due nuove fattispecie, e nonostante un intervento a Sezioni unite (sentenza “Maldera”). Per la Corte, ad ogni modo, occorre partire da tale decisione di legittimità che ha sostanzialmente ritenuto che la concussione scatta in caso di condotta di violenza o minaccia, con l'intervento della persona offesa diretto a scongiurare un danno ingiusto; mentre l'induzione indebita si configura a fronte di una condotta perlopiù di matrice corruttiva, con l'intervento della persona offesa diretto ad ottenere un indebito vantaggio.

La necessità di una approfondita valutazione dei fatti - Ciò posto, sostiene il Collegio, nei casi in cui è difficile trovare un criterio distintivo, ovvero nei casi “misti” di minaccia-offerta o minaccia-promessa, occorre procedere ad una gradazione del requisito del danno ingiusto e di quello del vantaggio indebito, oltre che ricorrere ai criteri sussidiari del bilanciamento dei beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale, della presenza dell'uso di un potere discrezionale, o ancora della presenza di un abuso di qualità. Resta, in ogni caso, difficile stabilire quale reato si configuri nell'ipotesi in cui la parte offesa del delitto, pagando, consegua anche un indebito vantaggio, dovendosi qui verificare che il vantaggio non dovuto sia prevalso o meno sull'aspetto intimidatorio.
In tali ipotesi, puntualizza la Corte, ovvero «nei casi c.d. ambigui, quelli cioè che possono collocarsi al confine tra la concussione e l'induzione indebita i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, debbano essere utilizzati nella loro operatività dinamica all'interno della vicenda concreta, individuando, all'esito di una approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti». E nella fattispecie, invece, venendo in rilievo proprio una ipotesi di caso misto o ambiguo, i giudici di merito non hanno verificato in maniera adeguata se vi sia stata una condotta abusiva del pubblico ufficiale; se fosse ravvisabile un indebito vantaggio per la persona offesa; o se ancora i fatti contestati fossero riconducibili in fattispecie corruttive.

Corte di cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 5 luglio 2018 n. 30436

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