La Cassazione ribadisce le differenze tra concussione e induzione indebita
La Cassazione con la sentenza della Sezione VI, 23 luglio 2015- 22 ottobre 2015 n. 42607, Puleo ribadisce i principi già espressi dalla Sezioni unite (sentenza 24 ottobre 2013, Cifarelli ed altri) per l'individuazione dell'esatto discrimine tra la concussione (articolo 317 del Cp) e la nuova figura della induzione indebita a dare o promettere utilità (articolo 319 quater del Cp), alla luce delle incisive modifiche introdotte dalla legge 6 novembre 2012 n. 190 .
Come è noto, la concussione, già prevista dall'articolo 317 del Cp, è stata, infatti, radicalmente modificata dalla legge n. 190 del 2012.
Finora si aveva concussione quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, “costringeva” o “induceva” taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
Ora, nella fattispecie della concussione rimane solo la figura della concussione mediante “costrizione”.
L’intervento della normativa anticorruzione - La legge n. 190 del 2012 ha scorporato, infatti, dall' articolo 317 del Cp la condotta in precedenza punita a titolo di concussione per induzione, costruendo la nuova fattispecie incriminatrice regolata dall'articolo 319 quater del Cp, laddove si punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, “induce” taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
La pena è prevista in termini sensibilmente minore rispetto alla originaria fattispecie concussiva, prevedendosi la pena della reclusione da tre a otto anni (a differenza della pena della reclusione da quattro a dodici anni, di cui al testo originario dell'articolo 317 del Cp, che, quindi, non distingueva tra la concussione per costrizione e quella per induzione).
Nel nuovo reato, però, il privato, con scelta innovativa, non è più una vittima, essendone prevista, nel comma 2 del nuovo articolo 319 quater del Cp, la punibilità con la reclusione fino a tre anni.
La nuova fattispecie dell'induzione indebita a dare o promettere utilità si caratterizza, all'evidenza, per l'assenza di condotta “coercitiva” da parte del soggetto pubblico (la clausola di riserva «salvo che il fatto costituisca più grave reato» si riferisce essenzialmente proprio al reato di concussione per costrizione punito dall'articolo 317 Cp).
Va poi ricordato che, nella nuova fattispecie concussiva, a differenza che in quella dell'induzione indebita, il soggetto attivo è limitato al solo pubblico ufficiale, con esclusione dell'incaricato di un pubblico servizio.
Ne deriva che il fatto “costrittivo” commesso da un incaricato di un pubblico servizio deve ora trovare risposta sanzionatoria in altre fattispecie di diritto comune, quali l'estorsione, la violenza privata, la violenza sessuale, aggravate ex articolo 61, numero 9, del Cp.
Il discrimine tra le due fattispecie - Il punto delicato è quello di cogliere l'esatto discrimine tra le due fattispecie incriminatrici, su cui sono intervenute le Sezioni unite, con la citata sentenza, cui fa richiamo anche la sentenza della Sezione VI qui riportata.
Questo il discrimine: il reato di concussione (articolo 317 del Cp, come modificato dalla legge 6 novembre 2012 n. 190) è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o –più di frequente- mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito. Invece, il reato di induzione indebita (articolo 319 quater del Cp, introdotto dalla citata legge n. 190 del 2012) è designato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce con il prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale.
In sostanza, entrambe le fattispecie richiedono una prevaricazione del pubblico ufficiale tale da indurre l'altro soggetto in una posizione di soggezione.
Per la configurazione della concussione, peraltro, occorre che la condotta costrittiva del pubblico ufficiale si risolva nella prospettazione di un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per il privato.
Con la conseguenza che per distinguere i casi dubbi assumono immediato rilievo i criteri di valutazione rappresentati dalla prospettazione da parte del pubblico ufficiale di un danno antigiuridico ovvero dall'esistenza di un vantaggio del privato.
E' soprattutto quest'ultimo criterio di valutazione che assume importante valenza dimostrativa, per escludere la concussione e fondare piuttosto l'induzione indebita.
E' in effetti il vantaggio indebito per il privato che qualifica la fattispecie induttiva e giustifica la punizione del privato: questi, pur sempre libero di accedere alla richiesta indebita, accetta per poter ottenere un vantaggio non dovuto (esemplificando, a seguire la sentenza, scongiurare una denuncia, un sequestro, un arresto legittimi; assicurarsi comunque un trattamento di favore; ecc.) e ciò giustifica la sua punizione ex articolo 319 quater , comma 2, del Cp.
Corte di Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 22 ottobre 2015 n. 42607