Penale

La mancata traduzione all’imputato che non parla italiano è nullità a regime intermedio

Nel caso deciso dalle sezioni Unite era mancata la traduzione dell’atto di citazione in appello e della sentenza di primo grado che non è colmata dalla notifica nelle mani del difensore di fiducia o dalla sua assistenza al cliente

di Paola Rossi

La mancata traduzione del decreto di citazione in appello comporta, se l’imputato non comprende la lingua italiana, la nullità di ordine generale a regime intermedio dell’atto che quindi sarà ritenuto nullo se il vizio venga eccepito. Ugualmente nel caso dell’imputato alloglotto che non comprenda la lingua italiana costituisce un altro caso di nullità l’emanazione della sentenza di primo grado senza traduzione. Su tali due aspetti le sezioni Unite penali della Cassazione hanno affermato - con la sentenza n. 38306/2025 - due specifici principi di diritto.

Per quanto riguarda la mancata traduzione della sentenza di primo grado la Corte di cassazione precisa che non sia da ritenere valido l’orientamento secondo cui la lamentela sul vizio e la richiesta di ottenere il provvedimento di primo grado tradotto in lingua comprensibile all’imputato questi debba dimostrare di aver patito da ciò un concreto pregiudizio. Spiega, infatti, la Suprema Corte che non è esigibile tale presupposto in quanto non è percepibile il reale pregiudizio e la sua sussistenza se non si è posti in condizione di comprendere esattamente il decisum assunto dal giudice.

Sarà quindi sufficiente affermare l’interesse a impugnare il provvedimento. E va escluso che a tale mancata traduzione possa sopperire l’attività di assistenza al cliente da parte del proprio avvocato.

I giudici di legittimità chiariscono quindi l’interpretazione da seguire affermando che: l’omessa traduzione della sentenza di primo grado all’imputato alloglotto che non comprende la lingua italiana integra una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lettera c), cod.proc.pen.”.

Se la traduzione richiesta giunge prima dello spirare del termine questo slitterà al fine di consentire all’imputato di difendersi validamente. Se invece il termine risulta già spirato scatta l’eccezione di nullità ex articolo 143 del Codice di procedura penale che dovrà confrontarsi con le prerogative difensive ancora disponibili per far valere l’interesse alla stessa (motivi aggiunti e/o conclusioni).

L’altro aspetto che emerge dalla vicenda sottoposta all’intervento nomofillattico delle sezioni Unite è quello della mancata traduzione dell’atto di citazione in appello sempre nei confronti di imputato alloglotto che non comprende la lingua italiana.

La Cassazione accoglie il motivo che ritiene nullo l’atto di citazione per quanto sia stato notificato ad avvocato di fiducia. Infatti, il rapporto fiduciario non può compensare l’assenza della traduzione per l’imputato che non conosca la lingua con cui è stato redatto l’atto. E affermano i giudici di legittimità che in tal caso l’atto è viziato da nullità di ordine generale a regime intermedio.

I giudici di legittimità chiariscono i profili di nullità dell’atto di citazione non tradotto statuendo il seguente principio di diritto: “L’omessa traduzione del decreto di citazione in appello a imputato alloglotto che non comprende la lingua italiana integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, ove riguardante l’avvertimento all’imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza, ovvero se manca o è insufficiente l’indicazione di uno dei requisiti previsti dall’art. 429, comma 1, lett. f), cod. proc, pen,”.

Rilevata la nullità il procedimento regredisce al momento della pronuncia di primo grado.

E va sottolineato che nel caso specifico la mancata conoscenza della lingua italiana era stata esplicitamente acclarata dallo stesso giudice di primo grado. Trattasi di giudizio di merito che non può essere contrastato dalle diverse emergenze riportate dalla polizia giudiziaria che affermi invece come la persona si sia dimostrata pienamente in grado di comprendere la lingua italiana. In effetti, nel caso in cui non sia il giudice a verificare la sussistenza di tale conoscenza linguistica questa può anche emergere dalle compiute attività di polizia giudiziaria.

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