Penale

Legno, lo scarto di lavorazione va considerato rifiuto

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di Paolo Ficco

Lo scarto di lavorazione rappresentato dalla segatura e dai trucioli di legno è rifiuto a meno che il loro produttore non dimostri che i requisiti richiesti dalla legislazione ambientale per la venuta ad esistenza dei sottoprodotti siano soddisfatti.

In difetto, la sua cessione a terzi per lo smaltimento deve necessariamente avvenire con le dovute autorizzazioni. È questo il principio di diritto espresso dalla terza Sezione penale della Corte di cassazione che, con sentenza 5442 del 6 febbraio 2017, ha giudicato fondato il ricorso del Procuratore della Repubblica di Asti con annullamento, per “violazione di legge”, della decisione assunta del Tribunale locale.

Infatti, il Tribunale astigiano aveva negato “apoditticamente” la qualifica di rifiuto alla segatura e ai truciolati di legno che erano stati affidati ad una ditta non autorizzata a gestire i rifiuti. Il Tribunale aveva fondato l'assoluzione dell'imputato sul fatto che i materiali lignei fossero costantemente ceduti ad altra società “dietro fatturato pagamento di denaro”, anziché riferirsi alla loro natura o alla loro destinazione “in ragione delle intenzioni del detentore” (che, nel caso di specie, coincideva con il produttore).

La Corte di cassazione, invece, ha condiviso l'approccio del Pm ricorrente, sicché lo scarto assume qualifica di rifiuto per il concretarsi di elementi positivi (l'oggetto di cui il detentore si disfi, abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi, quale residuo di produzione) e negativi (assenza dei requisiti richiesti dall’articolo 184-bis, Dlgs 152/2006 per la venuta a esistenza dei sottoprodotti). Al fine di conseguire la trasfigurazione di un rifiuto in un sottoprodotto, infatti, non basta certo “un mero accordo con terzi ostensibile all'autorità (oppure creato proprio a tal fine)”.

La Corte di Cassazione sottolinea, infatti, che l'esistenza del rifiuto prescinde dal carattere oneroso o gratuito del disfarsi Non è la gratuità della cessione che trasforma il rifiuto in qualcosa che rifiuto non è. Nel momento in cui un rifiuto diventa tale, il conferimento deve essere effettuato da soggetti debitamente autorizzati alla relativa gestione. La Corte riafferma che non ci si deve porre “nella sola ottica del cessionario del prodotto e della valenza economica” che costui attribuisce alla cosa “sì da essere disposto a pagare per ottenerla”. Quel che occorre, invece, è “verificare a monte” il rapporto tra il prodotto e il suo produttore e, soprattutto, la sua necessità o volontà di disfarsi del bene.

Diversamente, si creerebbero pericolose aree di impunità dove numerose condotte, oggettivamente integranti una fattispecie di reato, verrebbero ad essere dissimulate da accordi “dolosamente preordinati” a privare il bene di una qualifica che è stata acquisita a monte e che è “insuscettibile di essere cancellata”.

Non è la prima volta che la Corte di cassazione ascrive agli scarti delle lavorazioni in legno, rappresentati da segatura e truciolati, la qualifica di rifiuto. Infatti, ha affrontato la questione più volte con numerose e risalenti sentenze, tra le quali la stessa Corte cita: 51422/2014; 37208/2013; 48809/2012; 18743/2011.

Corte di cassazione – Sentenza 5442/2017

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