Mae: no alla consegna per truffa se per la legge interna è solo inadempimento contrattuale
No alla consegna allo stato richiedente, nell'ambito del mandato d'arresto europeo, del legale rappresentante di una società per il reato di truffa se la condotta, oggetto della condanna, nel nostro ordinamento può essere inquadrata come inadempimento contrattuale. La Corte di cassazione, con la sentenza 36844, accoglie il ricorso di un cittadino della Bosnia Erzegovina, richiesto dal suo paese per essere sottoposto a processo per truffa. Un giudizio al quale doveva sottoporsi per aver stipulato, in qualità di legale rappresentante di una società, un contratto di leasing per un veicolo senza pagare l'intera somma. Secondo l'imputazione il ricorrente, avrebbe sottoscritto il leasing per un veicolo per 29 mila euro, e avrebbe ingannato la società che aveva concesso un finanziamento, rispetto al quale sarebbero stati pagati solo circa 10 mila euro.
Il pagamento delle rate sarebbe stato parziale, secondo l'accusa, per le condizioni patrimoniali della società, che avrebbe avuto sin dall'inizio la volontà di non adempiere. La Cassazione accoglie il ricorso ricordando che l'autorità giudiziaria italiana ha il compito, nell'ambito di un mandato d'arresto europeo, di accertare se la definizione dei reati per i quali è richiesta la consegna, rientri nella condizione di doppia punibilità prevista dall'articolo 7 della legge 69/2005: l'ordinamento italiano deve contemplare come reato, al momento della decisione sulla domanda dello stato di emissione, il fatto per il quale l'estradizione è richiesta. Un controllo che deve essere effettivo e non formale, appiattito sulla prospettazione astratta del reato. Per esercitarlo è necessario che il fatto sia descritto sul piano naturalistico e strutturale.
Nello specifico questo lavoro non è stato fatto. Per giungere ad affermare il reato di truffa la Corte d'appello ha dato peso al fatto che il legale rappresentante dell'impresa, allora operativa, aveva firmato il leasing senza adempiere al programma previsto dal contratto. I giudici avrebbero dovuto, al di là della chiusura di due conti correnti, valutare quale fosse la situazione patrimoniale dell'azienda all'epoca del contratto, se l'inganno abbia avuto una componente commissiva e dunque se la società abbia rappresentato una situazione migliore rispetto a quella in cui in realtà si trovava, o se ci sia stato un semplice silenzio e quale effetto questo abbia avuto nell'indurre in errore la società di leasing.
La Suprema corte ricorda che gli artifici e i raggiri possono anche consistere nel silenzio “maliziosamente” tenuto ma è necessario accertarsi che questo riguardi circostanze fondamentali ai fini della conclusione del contratto e sia stato tenuto da chi aveva l'obbligo di farle conoscere. Solo così il comportamento può ritenersi non semplicemente passivo, ma finalizzato all'inganno. Passi imprescindibili per la consegna in caso di accusa di truffa. La Corte d'Appello avrebbe dovuto, a prescindere dalla fondatezza nel merito dell'accusa, verificare se il fatto sia stato descritto in modo compiuto tale da ritenere che esso fosse inquadrabile, anche solo astrattamente, come truffa insolvenza fraudolenta o semplice inadempimento contrattuale. Oltretutto parziale: ipotesi questa che farebbe venire meno il requisito della doppia punibilità.
Corte di cassazione – Sezione feriale – Sentenza 2 settembre 2019 n.36844