Mediazione: scontro sulla partecipazione personale delle parti
Nel procedimento di mediazione obbligatoria per legge è necessaria la partecipazione personale delle parti che non è delegabile salvo casi eccezionali (di impossibilità giuridica o materiale a comparire di persona); questa esigenza è insita nella natura stessa delle attività nelle quali si esplica la mediazione e implicita e ineludibile nella corretta interpretazione della normativa di riferimento nel suo insieme tesa a favorire il raggiungimento di un accordo attraverso l’incontro delle parti (personalmente) e il recupero di un corretto rapporto interpersonale messo in crisi dal conflitto insorto. Sono le conclusioni cui perviene il Tribunale di Roma (giudice Moriconi) che, con la sentenza 13630 del 27 giugno scorso, dichiara l’improcedibilità della domanda risarcitoria proposta dalla presunta vittima di un episodio di malpractice sanitaria.
La questione
Il caso esaminato dal Tribunale di Roma riguarda quindi una lite relativa alla responsabilità medica e sanitaria: materia prevista dalla legge tra quelle assoggettate a mediazione preventiva obbligatoria. In effetti, la mediazione è stata avviata. Nel dettaglio, si sono tenuti due incontri di mediazione ai quali ha partecipato un legale che ha esibito due certificati medici per giustificare l’assenza dell’assistito e che ha poi dichiarato che «non intendeva entrare in mediazione», conducendo così alla chiusura con esito negativo del procedimento. Ma il Tribunale ha ritenuto questo percorso non sufficiente a dichiarare perfezionata la condizione di procedibilità (e ciò a prescindere dalla valutazione della procura conferita da parte del cliente).
Al riguardo, la sentenza articola la motivazione traendo argomenti dalla recente pronuncia della Cassazione 8473/2019 e, quindi, ribadendo la necessaria presenza personale delle parti, ma poi seguendo un diverso iter tanto da giungere alla opposta soluzione.
La sentenza
Infatti, secondo il Tribunale, la sentenza della Suprema Corte rafforza il convincimento circa la necessaria partecipazione personale; ma per il giudice costituisce un “non sequitur” del ragionamento la conclusione della Cassazione che afferma la delegabilità di tale presenza a un altro soggetto (e non solo in via eccezionale per giustificati motivi).
Allora, si legge nella sentenza del Tribunale di Roma, «se si pone l’accento sulla centralità del contatto diretto e informale fra le parti, vera chiave di volta della possibilità di successo della mediazione (è questo che afferma la sentenza 8473/2019) e se si esalta la possibilità che con l’ausilio del mediatore possano essere ricostituiti i rapporti pregressi delle parti (è sempre la sentenza 8473/19 ad affermarlo), come si può poi, solo perché nella legge non è stato espresso il divieto, convincentemente predicare che quello stesso legislatore abbia ammesso la valida assenza della parte personalmente?».
D’altronde, rileva il Tribunale, è la stessa Cassazione nella sentenza 8473/2019 a predicare l’esistenza di prescrizioni e contenuti del mandato che «non sono affatto espressi dalla legge». E ciò conferma quindi «che non è necessaria un’espressa previsione legale per potersi affermare la sussistenza del divieto legale della delega a terzo soggetto dell’attività mediatoria, che la parte deve compiere personalmente».
Il Tribunale di Roma segue così quello di Firenze che, con la sentenza dell’8 maggio scorso (estensore Ghelardini), si è posto già in dissenso con la pronuncia della Cassazione.