Medici, pubblicizzare aziende o prodotti sanitari lede dignità e correttezza della professione
Il nuovo impianto normativo non ha determinato la caducazione dall'articolo 57 del codice di deontologia medica del 2006
Ancorché a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 223 del 2006, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, siano state abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riguardo alle attività libero-professionali e intellettuali, tra l'altro, il divieto di pubblicità informativa, il nuovo impianto normativo non ha determinato la caducazione dall'art. 57 del codice di deontologia medica del 2006, cioè del divieto, per gli esercenti la professione sanitaria, di concedere avallo o patrocinio a iniziative o forme di pubblicità o comunque promozionali a favore di aziende o istituzioni relativamente a prodotti sanitari o commerciali, connotandosi tale condotta come comportamento lesivo della dignità, del decoro e della correttezza professionale. Lo ha detto la Cassazione con la sentenza 25569 del 2020.
La vicenda - Nel 2013, e, quindi, successivamente all'entrata in vigore delle liberalizzazioni introdotte dal decreto legge n. 233 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, c.d. decreto Bersani) una struttura sanitaria ha promosso sulla stampa locale e nazionale reiterate campagne pubblicitarie di patrocinio di una azienda commerciale.
Preso atto di quanto sopra l'Ordine professionale locale ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti del direttore sanitario della struttura sanitaria, imputandogli, tra l'altro, la violazione dell'art. 57 del codice deontologico vigente all'epoca dei fatti, per avere omesso di vigilare in ordine alla correttezza del materiale informativo nel patrocinare l'azienda commerciale.
Ritenuta, anche dalla Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, la responsabilità del direttore sanitario quest'ultimo ha proposto ricorso per cassazione avverso la intimatagli sanzione dell'avvertimento denunziando - tra l'altro - il superamento dell'art. 57 codice deontologico nella sua formulazione del 2006, Divieto di patrocinio (secondo cui, in particolare, il medico singolo o componente di associazioni scientifiche o professionali non deve concedere avallo o patrocinio a iniziative o forme di pubblicità o comunque promozionali a favore di aziende o istituzioni relativamente a prodotti sanitari o commerciali) per effetto delle nuove norme introdotte dal c.d. decreto Bersani (che all'art. 2 prevede che sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: … b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine e, all'art. 3, comma 5, lett. g)) prevede che la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie).
Tale assunto è stato disatteso, con la pronunzia in rassegna, dalla Suprema corte.
La posizione della Suprema corte - Sul problema specifico affrontato dalla S.C., con la pronunzia in rassegna, non risultano precedenti esattamente in termini.
In termini generali, si è osservato:
- l'abrogazione delle norme in materia di pubblicità sanitaria riguarda anche l'esercizio della professione in forma societaria, Cassazione, sentenza 9 marzo 2012, n. 3717, in Foro it., 2012, I, c. 1402;
- l'art. 2 decreto legge n. 223 del 2006, c.d. decreto Bersani, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali, il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine, al quale residua solo un potere di verifica della veridicità del contenuto della pubblicità: pertanto è illegittimo il provvedimento con il quale l'ordine dei medici ha intimato la cessazione della pubblicità di attività professionale concernente l'attività ambulatoriale monospecialistica di odontoiatria, T.A.R. Emilia Romagna 12 gennaio 2010 n. 16, in Ragiusan, 2010, f. 309, p. 28;
- è conforme all'art. 2 Cap il messaggio pubblicitario avente a oggetto la presentazione di attività di medicina e di chirurgia estetica diffuso da una holding che detiene partecipazioni in altre società di cui si avvale per fornire le prestazioni reclamizzate, in quanto non rileva nella valutazione del carattere decettivo del messaggio la struttura formale dell'inserzionista, ben potendo essere pubblicizzato il marchio di un gruppo o della capogruppo, anche se quest'ultima non svolge direttamente alcuna attività in campo medico; ciò anche in considerazione del thelos di cui all'art. 2 decreto legge n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, in forza del quale si intendono abrogati i limiti preesistenti alla attività pubblicitaria che trovavano fondamento nella qualità soggettiva dell'inserzionista e non nell'oggetto del messaggio pubblicitario stesso, Giurì codice autodisciplina pubblicitaria, 30 gennaio 2007, n.6, in Rass. dir. farmaceutico, 2007, p. 462.
Sul rilievo della legittimità costituzionale - Per il rilievo che è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1º comma, lett. b), decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, nel testo originario ed in quello modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006 n. 248, nella parte in cui abroga le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine professionale, in riferimento all'art. 117, 3º comma, Cost., Corte cost., 21 dicembre 2007, in Giust. civ., 2008, I, p. 849.
Nel senso che in tema di responsabilità disciplinare notarile, l'abrogazione del divieto di svolgere pubblicità informativa per le attività libero professionali non preclude di sanzionare le modalità e i contenuti del messaggio pubblicitario non conforme a correttezza, secondo quanto stabilito dai codici deontologici, sicché è vietata al notaio la pubblicità funzionale al suo interesse promozionale ovvero all'accaparramento di clientela attraverso diffusione di notizie soggettive, oppure anche oggettive, ma non verificabili e, quindi, autoreferenziali, o comunque non confacenti alla sobrietà, al decoro ed al prestigio della professione, secondo il comune sentire dell'etica professionale, mentre è consentita quella volta ad informare il pubblico, facilitando una scelta consapevole del professionista da parte della clientela, Cassazione, sentenza 5 maggio 2016, n. 9041, in Vita not., 2016, p. 887.
Per utili riferimenti cfr., con riguardo alla professione forense,:
- nel senso che in tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, continua a essere proibita, in base al codice deontologico forense, la divulgazione dei nominativi dei clienti, nonostante il loro consenso, non potendo includersi tale dato, da cui potrebbero derivare indirette interferenze sullo svolgimento dei processi ancora in corso, nella pubblicità informativa circa le caratteristiche del servizio offerto, i cui divieti legislativi e regolamentari sono stati abrogati dall'art. 2, comma 1, lett. b), del decreto legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, Cassazione, sez. un., sentenza 19 aprile 2017, n. 9861, in Nuova giur. civile commentata, 2017, p. 1323, con nota di Donzelli G., Pubblicità informativa e professione forense;
- per il rilievo che tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, la pubblicità informativa che lede il decoro e la dignità professionale costituisce illecito, ai sensi dell'art. 38 del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, poiché l'abrogazione del divieto di svolgere pubblicità informativa per le attività libero-professionali, stabilita dall'art. 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248, non preclude all'organo professionale di sanzionare le modalità ed il contenuto del messaggio pubblicitario, quando non conforme a correttezza, in linea con quanto stabilito dagli artt. 17, 17-bis e 19 del codice deontologico forense, e tanto più che l'art. 4, comma 2, del dPR 3 agosto 2012, n. 137 statuisce che la pubblicità informativa deve essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo di segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria, Cassazione, sez. un., sentenza 3 maggio 2013 n. 10304,che ha ritenuto che integrasse pubblicità occulta della propria attività professionale, come tale non consentita, l'intervista ad un legale, pubblicata sul supplemento mensile di un quotidiano che per caratteristiche intrinseche quali il tipo di pubblicazione, il titolo dell'articolo, la forma, e il contenuto dell'intervista, non consentiva al lettore di percepire con immediatezza di trovarsi al cospetto di un'informazione pubblicitaria;
- per la affermazione che costituisce illecito disciplinare l'inserimento nel box pubblicitario di un giornale di uno slogan sull'attività svolta, con grafica tale da porre enfasi sul dato economico dei costi molto bassi, contenente elementi equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo, Cassazione, sez. un., 13 novembre 2012, n. 19705, in Guida al diritto, 2012, f. 48, p. 15 con nota di Sacchettini E. La determinazione del decoro professionale spetta esclusivamente all'organo disciplinare.
Ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Corte Giustizia UE 4 maggio 2017, n. 339/15, in Rass. dir. farmaceutico, 2017, p. 633 secondo cui l'art. 56 Tfue deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che vieta in modo generale e assoluto ogni tipo di pubblicità relativa a prestazioni di cura del cavo orale e dei denti.
La norma contenuta nella legge di bilancio 2019 - Per altri riferimenti, cfr., altresì, infine, nel senso che la norma contenuta nella legge di bilancio 2019 (art. 1, 525 co.) sulla comunicazione informativa effettuata dai professionisti sanitari e dalle strutture sanitarie reintroduce ingiustificate limitazioni all'utilizzo della pubblicità nel settore di riferimento, rimosse dai precedenti interventi di liberalizzazione, laddove prevede che tali comunicazioni debbano essere «funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari» e non debbano contenere «alcun elemento di carattere promozionale o suggestivo»; in particolare, dette prescrizioni introducono un parametro di valutazione talmente vago e indeterminato da generare incertezza circa la legittimità della comunicazione stessa, che potrebbe addirittura essere utilizzato strumentalmente da parte degli ordini professionali per reinserire restrizioni alla concorrenza in violazione della legge vigente (cfr. l. 248/2006, c.d. «riforma Bersani); tali limitazioni non risultano né necessarie né proporzionate all'interesse generale di tutelare la sicurezza dei consumatori, comprimendo ingiustificatamente la libertà dei professionisti di pubblicizzare la propria attività economica e ostacolando la possibilità per i consumatori di effettuare scelte maggiormente consapevoli, Autorità garante della concorrenza, 19 marzo 2018, n. AS1574 in Rass. dir. farmaceutico, 2019, p. 487.
Articolo 2 - Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali
Decreto leggeAllegato 1 1 - Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
LeggeArti e professioni intellettuali - Giudizi disciplinari - Medici - Pubblicità - Rilevanza della natura dei soggetti esercenti la professione - Esclusione.
Sezione 3