Obbligazioni, nella compensazione atecnica si può procedere all'accertamento contabile del saldo senza eccezione di parte
Lo ribadisce la Cassazione con l'ordinanza 27030/2022
La compensazione impropria o atecnica sussiste quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico rapporto e - diversamente dalla compensazione "propria" di cui agli artt. 1241 ss. Cc, che presuppone autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti (i quali si estinguono per quantità corrispondenti fin dal momento in cui vengono a coesistere) - dà luogo a un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza. Questa compensazione impropria, pur potendo generare un risultato analogo a quello della compensazione propria, non è soggetta alla disciplina tipica - sia processuale sia sostanziale - della compensazione regolata dagli artt. 1241 ss. Cc e il giudice può peraltro procedere all'accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite senza che siano necessarie l'eccezione di parte o la domanda riconvenzionale. Questil il principio espresso dalla Sezione II della Cassazione con l'ordinanza 14 settembre 2022 n. 27030.
I precedenti
Analogamente, l'istituto della compensazione presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a ciò il giudice può procedere senza che sia necessaria l'eccezione di parte o la proposizione di domanda riconvenzionale, Cassazione, sentenze 25 novembre 2002, n. 16561, che ha ritenuto che nel rapporto di agenzia il diritto dell'agente all'indennità di fine rapporto di cui all'articolo 1751 Cc - che non trova origine in un rapporto giuridico previdenziale distinto dal rapporto di agenzia - non si sottrae all'operazione contabile di dare ed avere nei confronti del preponente secondo le modalità della compensazione impropria, e 23 gennaio 1999, n. 648 che ha cassato la pronuncia di merito che aveva ritenuto sussistere un'ipotesi di compensazione propria in ragione della considerazione che il credito dell'agente per l'indennità di fine rapporto era riferibile ad un rapporto di natura previdenziale distinto dal rapporto di agenzia.
I confine della compensazione atecnica
Per la precisazione che perché sia configurabile la cd. compensazione atecnica, in caso di crediti originati da un unico rapporto, la loro identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria, derivando da inadempimento, Cassazione, sentenza 13 agosto 2015, n. 16800, che ha ritenuto che, correttamente, nel giudizio di merito fosse stato d'ufficio compensato il credito vantato dal locatore-attore, avente ad oggetto il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale per violazione della clausola di non rimozione delle addizioni effettuate dal conduttore, con quello vantato dal convenuto-locatario ed inerente l'indennità per l'eseguita addizione.
Sempre in quest'ultimo senso si è ritenuto, altresì:
- deve essere cassata la decisione di merito che, ritenuta l'autonomia tra il credito di un agente per l'indennità di fine rapporto e il credito del preponente per il risarcimento dei danni da omessa vigilanza su un subagente, aveva dichiarato illegittima la compensazione operata dal preponente, senza considerare che la domanda giudiziale dell'agente diretta a ottenere l'intera indennità di fine rapporto aveva introdotto nel thema decidendum la questione della legittimità della trattenuta disposta dal preponente, pur in difetto di un'apposita riconvenzionale o eccezione di compensazione, Cassazione, sentenza 29 agosto 2012, n. 14688;
- correttamente nel giudizio di merito, svoltosi con il rito lavoro, è ritenuta la compensabilità tra i crediti vantati da una banca e nascenti dal comportamento illecito di un suo dipendente e le somme cui la banca stessa è tenuta a titolo di t.f.r. a favore di quest'ultimo, Cassazione, sentenza 5 dicembre 2008, n. 28855.
Crediti originati da un unico rapporto
In termini generali, quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico - ancorché complesso - rapporto, come nel caso in cui i reciproci crediti al risarcimento dei danni derivino da un unico evento prodotto dalle concomitanti azioni colpose, presunte tali ex articolo 2054 Cc, di entrambi i conducenti dei veicoli venuti a collisione, non vi è luogo ad un'ipotesi di compensazione propria ex articolo 1241 ss. Cc (secondo cui i debiti tra due soggetti derivanti da distinti rapporti si estinguono per quantità corrispondenti fin dal momento in cui vengono a coesistere), che presuppone l'autonomia dei rapporti da cui nascono i contrapposti crediti delle parti, bensì ad un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, cui il giudice può procedere senza che sia necessaria l'eccezione di parte o la domanda riconvenzionale. Tale accertamento (c.d. compensazione impropria), pur potendo dare luogo ad un risultato analogo a quello della compensazione propria, non per questo è soggetto alla relativa disciplina tipica, sia processuale (sostanziantesi nel divieto di applicazione d'ufficio da parte del giudice ex art. 1242, comma 2, Cc) che sostanziale (concernente essenzialmente l'arresto della prescrizione ex articolo 1242, comma 2, Cc e la incompensabilità del credito dichiarato impignorabile ex articolo 1246, comma 1, n. 3, Cc e 545 Cpc), Cassazione, sentenza 25 agosto 2006, n. 18498, in Corriere giuridico, 2007, p. 807, con nota di De Santis G., Debiti derivanti da un medesimo rapporto giuridico e applicabilità della cosiddetta compensazione "impropria"; in Responsabilità civile e previdenza, 2007, p. 1130, con nota di Cicero C., La compensabilità dei debiti che si originano da una medesima fonte; in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, p. 456, con nota di Basilone M.R., Compensazione di crediti reciproci derivanti dalla medesima fonte obbligatoria: la c.d. compensazione impropria.
Sempre in quest'ultimo senso, si è affermato:
- le norme che regolano la compensazione, ivi compresa quella concernente il divieto di rilevarla di ufficio dal giudice, riguardano l'ipotesi della compensazione in senso tecnico-giuridico, la quale postula l'autonomia dei contrapposti rapporti di credito, ma non sono applicabili allorquando i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto; come nel caso in cui i reciproci crediti al risarcimento dei danni derivino da un unico evento prodotto dalle concomitanti azioni colpose, presunte ex art 2054 cpv Cc, di entrambi i conducenti di due autoveicoli venuti a collisione. in tal caso la controversia si risolve in un mero accertamento di dare e avere, che, pur potendo dar luogo ad un risultato analogo a quello della compensazione, non per questo e soggetto alla disciplina tipica di essa, Cassazione, sentenza 20 ottobre 1975 n, 3440;
- quando si discuta in giudizio sulla sussistenza di crediti derivanti da un unico rapporto, la controversia tra le parti sulla misura di tali crediti comporta l'accertamento del dare e dello avere nello ambito in quel rapporto, senza che sia necessaria la proposizione di una apposita domanda riconvenzionale o di una apposita eccezione di compensazione, che postulano, invece l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono, Cassazione, sentenza 16 maggio 1981 n. 3230, in Notiziario giurisprudenza lavoro, 1981, p. 376, che ha ritenuto che il di più corrisposto al lavoratore, a titolo di indennità di trasferta, ben potesse, nel complessivo compito del dare e dell'avere, essere detratto da quanto accertato come spettante al lavoratore per altri titoli afferenti al medesimo rapporto di lavoro;
- nell'ambito di un unico rapporto (nella specie, rapporto di lavoro) i reciproci crediti delle parti possono essere accertati dal giudice in virtù della semplice eccezione di una di queste di avere pagato più del dovuto, giacché il complessivo tema di indagine inerente alla definizione delle reciproche obbligazioni già appartiene al processo e non ha quindi rilevanza la specifica imputazione del credito all'uno o all'altro titolo, compreso nell'unica causa obligationis né, a maggior ragione, la natura omogenea o meno degli opposti crediti, Cassazione, sentenza 5 aprile 1982, n. 2801.
Inapplicabilità della disciplina della compensazione
Nel senso che la disciplina (articoli 1242 - 1243 Cc) della compensazione non è applicabile nella controversia in cui le parti facciano valere contrapposti crediti derivanti dal medesimo rapporto giuridico ancorché aventi natura diversa, per essere uno di valore, in quanto risarcitorio dell'inadempimento dello stesso rapporto, e l'altro di valuta poiché in tal caso la valutazione delle rispettive pretese si risolve un mero accertamento contabile di dare e avere, Cassazione, sentenze 11 marzo 1997 n. 2171 e 13 settembre 1997, n. 9137.
Poiché l'articolo 1246 Cc si limita a prevedere che la compensazione si verifica quali che siano i titoli da cui nascano i contrapposti crediti e debiti senza espressamente restringerne l'applicabilità all'ipotesi di pluralità di rapporti, non può in assoluto escludersi che detto istituto operi anche fra obbligazioni scaturenti da un'unica fonte negoziale. Una tale esclusione è giustificata allorquando le obbligazioni derivanti da un unico negozio siano tra loro legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l'autonomia, perché se in siffatta ipotesi si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni in conseguenza della compensazione, si verrebbe ad incidere sull'efficacia stessa del negozio, paralizzandone gli effetti. Qualora, invece, le obbligazioni, ancorché aventi causa in un unico rapporto negoziale, non siano in posizione sinallagmatica ma presentino caratteri di autonomia, non v'è ragione per sottrarre la fattispecie alla disciplina dell'articolo 1246 Cc che, riguardando l'istituto della compensazione in sé, è norma di carattere generale e come tale applicabile anche alla compensazione contemplata dall'art. 56 della legge fallimentare, Cassazione, sez. un., sentenza 16 novembre 1999, n. 775, in Archivio civile, 2000, p. 170.
Debiti contrapposti da rapporti autonomi
Diversamente, peraltro, in altre occasioni si è affermato:
- la compensazione presuppone che i debiti contrapposti derivino da rapporti autonomi, con la conseguenza che, in presenza di un rapporto unico, il giudice deve procedere d'ufficio all'accertamento delle rispettive posizioni attive e passive e, cioè, alla determinazione del saldo a favore o a carico dell'una o dell'altra parte. L'operatività della compensazione anche tra debiti scaturenti da un rapporto unico è, tuttavia, esclusa quando si tratti di obbligazioni legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l'autonomia, perché se in siffatta ipotesi si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni in conseguenza della compensazione, si verrebbe ad incidere sull'efficacia stessa del negozio, paralizzandone gli effetti, Cassazione, sentenze 11 gennaio 2006, n. 260, in Corriere giuridico, 2006, p. 975, con nota di Amendolagine V., La compensazione legale delle reciproche posizioni debitorie in fattispecie negoziali collegate, in , 27 gennaio 2006, n. 1758 e 6 luglio 2009, n. 15796;
- poiché l'articolo 1246 Cc si limita a prevedere che la compensazione si verifica quali che siano i titoli da cui nascono i contrapposti crediti e debiti senza espressamente restringerne l'applicabilità all'ipotesi di pluralità di rapporti, non può in assoluto escludersi che detto istituto operi anche fra obbligazioni scaturenti da un'unica fonte negoziale: infatti, una tale esclusione è giustificata allorquando le obbligazioni derivanti da un unico negozio siano tra loro legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l'autonomia, perché, se in siffatta ipotesi si ammettesse la reciproca elisione delle obbligazioni in conseguenza della compensazione, si inciderebbe sull'efficacia stessa del negozio, paralizzandone gli effetti. Qualora, invece, le obbligazioni, ancorché aventi causa in un unico rapporto negoziale, non siano in posizione sinallagmatica ma presentino caratteri di autonomia, non v'è ragione per sottrarre la fattispecie alla disciplina dell'articolo 1246 Cc che, riguardando l'istituto della compensazione in sé, è norma di carattere generale, Cassazione, sentenza 10 giugno 2005, n. 12327, in Corriere giuridico, 2006, p. 57 (con nota di Bruno F., Compensazione tecnica, compensazione atecnica e pignoramento: verso un indirizzo uniforme della Corte di Cassazione), resa in presenza di un rapporto di agenzia, in cui i rispettivi crediti e debiti delle parti, pur traendo origine da un medesimo rapporto, non si ponevano in posizione di sinallagmaticità, afferendo il credito dell'agente all'indennità di fine rapporto e il credito del preponente al risarcimento danni per appropriazione indebita.
L'istituto della compensazione presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a ciò il giudice può procedere senza che sia necessaria l'eccezione di parte o la proposizione di domanda riconvenzionale. (Nella specie si è ritenuto che nel rapporto di agenzia il diritto dell'agente all'indennità di fine rapporto di cui all'articolo 1751 cod. civ. - che non trova origine in un rapporto giuridico previdenziale distinto dal rapporto di agenzia - non si sottrae all'operazione contabile di dare ed avere nei confronti del preponente secondo le modalità della compensazione impropria). Cassazione, sentenza 25 novembre 2002, n. 16561
L'istituto della compensazione presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza; tale regola è, in particolare, valida anche in presenza di ragioni debitorie derivanti dalla commissione di un fatto illecito, Cassazione, sentenza 17 aprile 2007, n. 7337: nella specie, la sentenza di merito aveva ritenuto applicabile la disciplina della compensazione propria in una controversia in cui un ex dipendente di un istituto di credito agiva per ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto, e l'istituto chiedeva che da tale somma venisse portato in detrazione quanto dal lavoratore dovuto alla banca per aver illegittimamente consentito il formarsi di esposizioni debitorie in capo a vari clienti della medesima.
Crediti certi, liquidi,esigibili
Sempre in argomento si è precisato, altresì:
- la compensazione presuppone che, in ogni caso, ricorrano, i requisiti di cui all'articolo 1243 Cc, cioè che si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili (o di facile e pronta liquidazione). Ne consegue che un credito contestato in un separato giudizio non è suscettibile di compensazione legale, attesa la sua illiquidità, né di compensazione giudiziale, poiché potrà essere liquidato soltanto in quel giudizio, salvo che, nel corso del giudizio di cui si tratta, la parte interessata alleghi ritualmente che il credito contestato è stato definitivamente accertato nell'altro giudizio con l'efficacia di giudicato, né, comunque, alla cosiddetta compensazione atecnica, perché essa non può essere utilizzata per dare ingresso ad una sorta di compensazione di fatto, sganciata da ogni limite previsto dalla disciplina codicistica, Cassazione, sentenza 29 gennaio 2015, n, 1695, in Giurisprudenza italiana, 2015, c. 1976 (con nota di Rispoli G., Osservazioni in tema di compensazione impropria), che, pur ritenendo astrattamente suscettibili di compensazione atecnica il credito del dipendente bancario per t.f.r. con quello della banca per i danni conseguenti all'illecito del lavoratore, ha escluso la compensabilità in concreto, per essere quest'ultimo non certo né liquido ma oggetto di un separato giudizio ancora in corso;
- in tema di estinzione delle obbligazioni, si è in presenza di compensazione cosiddetta impropria se la reciproca relazione di debito-credito nasce da un unico rapporto, in cui l'accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice d'ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione cosiddetta propria, che, per operare, postula l'autonomia dei rapporti e l'eccezione di parte; resta salvo il fatto che, così come la compensazione propria, anche quella impropria può operare esclusivamente se il credito opposto in compensazione possiede il requisito della certezza. Cassazione, sentenza 23 marzo 2017 n. 7474.
Quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico - ancorché complesso - rapporto, non vi è luogo ad una ipotesi di compensazione "propria", bensì ad un mero accertamento di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, cui il giudice può procedere senza che siano necessarie l'eccezione di parte o la domanda riconvenzionale. Tale accertamento, che si sostanzia in una compensazione "impropria", pur producendo risultati analoghi a quelli della compensazione "propria", non è sottoposto alla relativa disciplina tipica, sia processuale sia sostanziale, ivi compresa quella contenuta nell'art. 1248 c.c., riguardante l'inopponibilità al cessionario, da parte del debitore che abbia accettato puramente e semplicemente la cessione, della compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente. (Nella specie, veniva in rilievo il caso di una dipendente che aveva dato in garanzia il proprio TFR per ottenere un prestito da una società la quale, dopo le dimissioni della lavoratrice, aveva chiesto il versamento del detto TFR al datore di lavoro che, però, aveva rifiutato, eccependo, in parziale compensazione, il suo credito verso la medesima dipendente avente ad oggetto l'indennità di mancato preavviso da essa dovuta perché dimessasi in tronco; la S.C., enunciando il principio massimato, ha cassato la decisione di appello che, applicando l'art. 1248 c.c., aveva accolto la domanda della società cessionaria). Cassazione, sentenza 19 febbraio 2019, n. 4825, in Nuova giur. civ. comm., 2019, I; p. 771, con nota di Faccioli M., Cessione del credito e compensazione (impropria).
In tema di estinzione delle obbligazioni, si è in presenza di compensazione cd. impropria se la reciproca relazione di debito-credito nasce da un unico rapporto, in cui l'accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice d'ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione cd. propria che, per operare, postula l'autonomia dei rapporti e l'eccezione di parte, Cassazione, ordinanza 18 ottobre 2021, n. 28568, che ha confermato la sentenza impugnata che, con riguardo ad un contratto di appalto, ha ritenuto di non poter considerare d'ufficio quale controcredito da porre in compensazione con il corrispettivo dell'appalto azionato dall'impresa, la pretesa risarcitoria della stazione appaltante per la voce "lavori da realizzare in danno", in ragione delle diversità delle rispettive cause.
La dottrina
In dottrina, oltre i numerosi contributi citati, cfr., tutti in margine a Cassazione, sez.un, sentenza 16 novembre 1999, n. 775, cit., Bonavitacola R., Compensabilità nel fallimento di crediti verso il fallito con crediti del fallito divenuti liquidi ed esigibili dopo la dichiarazione di fallimento, in Diritto fallimentare, 2000, II, p. 707; Di Lauro M., La compensazione nel fallimento: un passo avanti delle sezioni unite, in Diritto fallimentare, 2000, II, p. 261; Giacalone G., Compensazione nel fallimento: nuovo intervento delle Sezioni Unite, in Giustizia civile, 2000, I, p. 345; Meoli B., Unicità di titolo, esigibilità dei crediti e compensazione nel fallimento, in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, p. 265; Panzani L., Compensazione e fallimento: esigibilità e liquidità del credito e obbligazioni restitutorie in caso di scioglimento del contratto pendente, in Fallimento, 2000, p. 524; Picardi L., Nuove aperture delle sezioni unite in tema di compensazione nel fallimento, in Banca, borsa tit. credito, 2001, II, p. 278; Schlesinger P., Compensazione fallimentare con crediti del fallito non ancora scaduti al momento dell'apertura del concorso, in Corriere giuridico, 2000, p. 333.