Permesso di soggiorno Ue per volontariato: no a condizioni supplementari su risorse economiche
Va consentito il soggiorno allo straniero che nell’indicare i mezzi economici a propria disposizione vi ricomprenda l’aiuto al suo sostentamento da parte di un familiare presente nel Paese Ue dove ha presentato l’istanza
Con la sentenza sulla causa C-525/23 la Cgue ha affermato che non è consentito agli Stati membri di richiedere - al fine di rilasciare un permesso di soggiorno per fare attività di volontariato - condizioni supplementari per quanto riguarda la prova dell’esistenza di risorse sufficienti in capo al richiedente il titolo.
Il caso a quo
Un cittadino di un Paese terzo, ha presentato una domanda di rinnovo del suo permesso di soggiorno in Ungheria. Egli desiderava svolgere in tale Paese un’attività di volontariato presso l’Associazione Mahatma Gandhi per i Diritti dell’Uomo. A tal proposito ha indicato che suo zio, cittadino britannico, gli avrebbe garantito le risorse necessarie durante il periodo del volontariato. Nel corso del procedimento amministrativo, il richiedente ha qualificato tale aiuto finanziario fornito dallo zio ora come prestito, ora come atto di liberalità. Le autorità ungheresi hanno respinto la domanda in quanto lo zio non poteva essere considerato un «familiare» ai sensi del diritto nazionale.
Lo straniero ha contestato tale diniego. La Corte di Budapest-Capitale ha accolto il suo ricorso, ritenendo che i mezzi di sostentamento di cui deve disporre il richiedente il permesso di soggiorno potessero provenire da redditi o da beni patrimoniali legalmente acquisiti, indipendentemente dal fatto che si trattasse di redditi propri o di redditi messi a sua disposizione da un familiare.
La Corte suprema ungherese ha tuttavia annullato questa decisione. A suo avviso, anche se le risorse necessarie possono essere fornite da una persona che non è un familiare, è necessario stabilire se si tratta di un reddito o di un bene patrimoniale nonché precisare a quale titolo queste risorse sono state ricevute e se è possibile averne la disponibilità illimitata e definitiva, come se si trattasse di fondi propri.
Il rinvio pregiudiziale
Nutrendo dubbi circa la conformità con il diritto dell’Unione di tali verifiche imposte dalla Corte suprema, la Corte di Budapest-Capitale ha adito la Corte di giustizia in via pregiudiziale.
Nella sua sentenza la Corte ricorda, in primo luogo, che il cittadino di un Paese terzo che abbia presentato una domanda di ammissione nel territorio di uno Stato membro ha diritto a un permesso di soggiorno se soddisfa le condizioni generali e specifiche della direttiva sull’ingresso e il soggiorno nell’Unione europea dei cittadini di Paesi terzi, per motivi, tra l’altro, di volontariato. Non è pertanto consentito agli Stati membri introdurre condizioni supplementari, che si aggiungano a quelle previste dalla direttiva.
La Corte rileva, in secondo luogo, che la nozione di «risorse» deve essere intesa come una nozione autonoma del diritto dell’Unione, interpretata in modo uniforme, e di portata ampia. La valutazione del carattere sufficiente delle risorse si basa su un esame specifico del caso, che deve limitarsi alla verifica che la persona interessata sia in grado di disporne. Altri criteri specifici, in particolare riguardanti la natura e la provenienza di tali risorse o le modalità secondo le quali tale persona ne dispone, costituirebbero condizioni supplementari vietate.
Per quanto attiene alla constatazione di incongruenze nelle dichiarazioni relative alle risorse di cui disporrà il cittadino di un Paese terzo interessato, la Corte statuisce che essa non può bastare per giustificare il diniego del titolo di soggiorno quando dall’esame specifico del caso risulta che egli disporrà effettivamente di risorse sufficienti.







