Penale

Perquisizione e sequestro non prevedono l'avviso al diritto all'assistenza di un legale

I giudici della quinta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 13257 dell'8 aprile 2021 hanno ritenuto che per la perquisizione e il sequestro in caso di ricerca di armi non serve una notizia di reato ma il via libera dell'Autorità Giudiziaria

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di Domenico Carola

I giudici della quinta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 13257 dell'8 aprile 2021 hanno ritenuto che per la perquisizione e il sequestro in caso di ricerca di armi non serve una notizia di reato ma il via libera dell'Autorità Giudiziaria.

Il caso - Il pubblico ministero del Tribunale di Pescara emanava decreti di perquisizione a carico di persona sottoposta a indagini per reati di inosservanza di un ufficio pubblico, di intralcio alla giustizia, minaccia e procurato allarme. L'imputato impugnava il provvedimento ma il Tribunale del Riesame confermava i decreti di convalida delle perquisizioni e dei sequestri operati dalla polizia giudiziaria. Contro il provvedimento di conferma del sequestro l'indagato ricorreva lamentando violazione di legge e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

La decisione - Gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile perché denuncia una asserita illegittimità della perquisizione che dovrebbe riverberarsi sul successivo sequestro. La Corte chiarisce che la disciplina dell'attività di perquisizione e sequestro diretta alla ricerca di armi ha carattere speciale rispetto alla disciplina generale dei mezzi di ricerca della prova contenuta nel codice di procedura penale sicché l'attività di perquisizione e sequestro non presuppone l'esistenza di una notizia di reato, non occorre la preventiva autorizzazione dell'Autorità giudiziaria né che la persona sottoposta a controllo sia avvisata del diritto all'assistenza di un difensore. La categoria della "inutilizzabilità derivata" non esiste, di talché gli eventuali vizi della perquisizione non potrebbero mai ripercuotersi sul decreto di convalida di sequestro.

Il principio si trova scolpito nelle sentenze nn. 252/2020 e 219/2019 della Corte costituzionale e inoltre l'articolo 191 del Cpp introduce un meccanismo preclusivo che direttamente attinge, dissolvendola, sulla stessa "idoneità" probatoria di atti vietati dalla legge, distinguendo nettamente tale fenomeno dai profili di inefficacia conseguenti alla violazione di una regola sancita a pena di nullità dell'atto. Il vizio di inutilizzabilità è soggetto, come le nullità, ai paradigmi della tassatività e della legalità.

Dato che il diritto alla prova è un connotato essenziale del processo penale, in quanto componente del giusto processo, è solo la legge a stabilire, con norme di stretta interpretazione, in ragione della loro natura eccezionale, quali siano e come si atteggino i divieti probatori, in funzione di scelte di "politica processuale" che soltanto il legislatore è abilitato, nei limiti della ragionevolezza, a esercitare. Secondo ius receptum, l'eventuale illegittimità dell'atto di perquisizione compiuto a opera della polizia giudiziaria non comporta effetti invalidanti sul successivo sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, che costituisce un atto dovuto. Il secondo motivo viene dichiarato inammissibile.

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