Presunzione d’innocenza: la nuova carta delle garanzie
In base al decreto che recepisce la direttiva 2016/343 prima della condanna la persona non va mai presentata in pubblico come colpevole
Di sicuro un provvedimento controverso. Di volta in volta rappresentato come un bavaglio all’informazione oppure un passo avanti significativo sulla strada del garantismo. Indubbio però il fatto che, con il decreto legislativo che recepisce nel nostro ordinamento giuridico la direttiva Ue 2016/343, viene introdotta una serie di misure in grado di influenzare aspetti cruciali della comunicazione di vicende penali e non solo.
Prova di colpevolezza
Il decreto istituisce un set di norme per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un imputato non è stata provata, le dichiarazioni pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla attribuzione di responsabilità penale non presentino la persona interessata come colpevole. Come pure nel testo trova posto il rafforzamento delle garanzie sulle modalità di partecipazione alle udienze, che solo in caso di ragioni motivate attraverso ordinanza del giudice potranno prevedere l’utilizzo di particolari cautele, come le manette.
Autorità responsabilizzate
Più nel dettaglio, allora, alle autorità pubbliche (concetto di notevole estensione, comprendendo non solo i magistrati, le forze dell’ordine e tutti i soggetti chiamati all’applicazione della legge, ma anche figure come i ministri e altri funzionari pubblici) è fatto divieto di presentare prematuramente come colpevole la persona sottoposta a indagini o imputata in un procedimento ancora in corso. A quest’ultima è riconosciuto il diritto di richiedere la rettifica della dichiarazione resa all’autorità pubblica e, di conseguenza, l’obbligo di provvedere entro le successive quarantotto ore.
Ammessa la rettifica
In caso di accoglimento, la rettifica andrà resa pubblica «con le medesime modalità della dichiarazione o, se ciò non è possibile, con modalità idonee a garantire il medesimo rilievo e grado di diffusione della dichiarazione oggetto di rettifica». Viceversa, in caso di respingimento o comunque di inerzia nell’assumere la decisione richiesta entro il termine, l’interessato potrà rivolgersi al tribunale affinché, sulla base del proverbiale articolo 700 del Codice di procedura civile, ordini all’autorità pubblica che ha trasgredito il divieto l’immediata pubblicazione della rettifica della dichiarazione.
Il ruolo del Procuratore
Per quanto riguarda le comunicazioni delle Procure il decreto stabilisce, innanzitutto, che il Procuratore della Repubblica, già tenuto sulla base dell’ordinamento giudiziario a mantenere personalmente o attraverso delegato, i rapporti con gli organi di informazione, deve affidare le proprie esternazioni a forme «ufficiali» di comunicazione, potendo convocare conferenze stampa unicamente quando le vicende da trattare rivestono particolare rilevanza pubblica. Si prevede, inoltre, che la diffusione di notizie sui procedimenti penali è possibile solo in due casi:
a) quando strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini;
b) quando «ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico».
Comunque, anche in queste circostanze, le informazioni andranno diffuse in modo da chiarire la fase in cui si trova il procedimento e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Alt anche a denominazioni suggestive per le inchieste: nei comunicati o nelle conferenze stampa non potranno essere assegnate ai procedimenti pendenti qualificazioni lesive della presunzione di innocenza.
Atti non decisori
Introdotto un divieto di riferimenti pubblici alla colpevolezza nei «provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato», dal quale vengono esclusi comunque gli atti del pubblico ministero indirizzati a dimostrare la colpevolezza.
Si precisa inoltre che nei provvedimenti che, pur non essendo diretti alla decisione sul merito della responsabilità penale dell’imputato, presuppongano comunque la valutazione di prove o indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria è tenuta a limitare i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato «alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento».
Quanto ai rimedi, si è riconosciuto all’interessato il diritto di richiedere la correzione del provvedimento, nei dieci giorni successivi.
Il diritto al silenzio
Rafforzato poi il diritto al silenzio, introducendo una disposizione che, in contrasto con la giurisprudenza consolidata, ammette alla riparazione per ingiusta detenzione anche chi, in sede di interrogatorio, non ha risposto.