Penale

Reati ostativi, alla Consulta il divieto di sospensione dell’esecuzione

La Cassazione, ordinanza n. 32882/2025, ha rimesso la questione alla Corte costituzionale giudicando il caso di un uomo che aveva già scontato in fase cautelare tre semestri per il reato ostativo

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, ordinanza n. 32882/2025, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità della norma che vieta la sospensione dell’ordine di carcerazione per i condannati per reati ostativi, ritenendo che tale automatismo possa violare i principi di uguaglianza e di funzione rieducativa della pena quando la sanzione per il reato ostativo risulti già integralmente espiata.

Il caso era quello di una persona condannata per spaccio di ingente quantità di stupefacente, reato ricompreso nell’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Il Gip del Tribunale di Palermo – quale giudice della esecuzione – aveva dunque respinto la domanda di sospensione temporanea dell’ordine di esecuzione del Pm.

Secondo la difesa però l’imputato avrebbe potuto ottenere la liberazione anticipata, avendo sofferto tre semestri di custodia cautelare; ragion per cui la pena per il reato ostativo risulterebbe integralmente scontata e ciò avrebbe dovuto determinare, in rapporto alla pena residua, la sospensione dell’ordine di carcerazione ai sensi dell’art. 656 comma 5 cod.proc.pen.

Per la Prima sezione penale la decisione impugnata “è aderente al contenuto della disposizione di cui all’art. 656 comma 4 bis cod.proc.pen.”. Il legislatore, spiega la Corte, ha infatti, voluto escludere dal cono applicativo della disposizione i soggetti che, in rapporto ai contenuti del titolo esecutivo, risultino condannati per uno dei reati ricompresi nell’elenco dell’art.4 bis ord.pen., “senza operare distinzione alcuna tra l’ipotesi in cui l’attribuzione della liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire la strada alla sospensione del titolo (che è, per l’appunto l’in sé della norma) e le altre”. Sotto tale profilo, dunque, il provvedimento impugnato non contiene alcun vizio.

Tuttavia, prosegue la Cassazione, la questione incidentale di legittimità costituzionale è rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 27 Cost.. Per i giudici in ossequio alla «scindibilità del cumulo» la pena riferibile a reato ostativo dovrebbe ritenersi interamente espiata in ragione del periodo di presofferto e del preventivo scomputo del periodo di liberazione anticipata.

La «scissione del cumulo», ricorda l’ordinanza, riguarda la attribuzione dei periodi di pena già espiata al reato che condiziona l’applicazione in concreto di una legge peggiorativa, come l’art.4 bis ord.pen. E secondo la prevalente linea interpretativa di legittimità è applicabile anche alla fase della sospensione dell’ordine di esecuzione. E allora, l’esclusione della possibilità di sospensione del titolo nei confronti dei condannati per reati ostativi, può trovare applicazione solo se ed in quanto (in caso di cumulo eterogeneo) la quota di pena riferibile al reato ostativo non sia stata già interamente scontata.

Diversamente, prosegue, si determina l’ingresso temporaneo in carcere “anche nelle ipotesi in cui la domanda di misura alternativa sarebbe resa possibile dalla immediata attribuzione della liberazione anticipata, con obbligo – a quel punto – di sospensione del titolo”. Così determinando un “surplus di afflittività che non trova razionale giustificazione” per via di un “transito temporaneo in carcere di un soggetto che ben potrebbe aspirare alla sospensione, essendo potenziale destinatario di una liberazione anticipata già maturata (durante il periodo di custodia cautelare) ma non oggetto di valutazione da parte del Magistrato di Sorveglianza”.

La Suprema corte ha dunque dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 656, comma 4 bis, ultimo periodo, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 27 della costituzione.

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