Penale

Revoca o sostituzione della misura cautelare coercitiva, la persona offesa non può impugnare neanche con il ricorso per cassazione

Le Sezioni Unite sono intervenute sanando un contrasto e scegliendo l'orientamente prevalente

di Valeria Cianciolo

Le Sezioni Unite con la sentenza, 28 settembre 2022, n. 36754 hanno statuito il seguente principio di diritto: "La persona offesa non è legittimata ad impugnare, neanche con il ricorso per cassazione, l'ordinanza che, nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, disponga la revoca o la sostituzione della misura cautelare coercitiva, diversa da quelle del divieto di espatrio o dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in violazione del diritto di intervento per mezzo di memorie riconosciutole dall'art. 299, comma 3, c.p.p., ma può chiedere al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 572 c.p.p., di proporre impugnazione." Si è così posto fine ad un contrasto giurisprudenziale avente ad oggetto la possibilità per la persona offesa di impugnare, nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, l'ordinanza con la quale veniva disposta la revoca o la modifica della misura cautelare coercitiva.

Il caso
Caio era indagato per i reati di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) e lesioni (articoli 582-583 c.p.) nei confronti della moglie Tizia e sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
Tizia in qualità di persona offesa, proponeva ricorso per cassazione, avendo il giudice per le indagini preliminari, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, sostituito la misura degli arresti domiciliari applicata a Caio, con quella del divieto di avvicinamento alla persona offesa. Tizia lamentava la violazione di legge, ex articolo 299 c.p.p., comma 3, per il mancato rispetto del termine di due giorni successivi alla notifica della richiesta di sostituzione o revoca della misura, assegnato alla persona offesa e al suo difensore per il deposito di memorie, ai sensi dell'articolo 121 c.p.p..
Investita della questione, la VI Sezione Penale della Cassazione ha rimesso con ordinanza del 16 febbraio 2021 n. 5551, il ricorso alle Sezioni Unite, sulla seguente questione: "se nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona sia ammissibile il ricorso per cassazione della persona offesa avverso l'ordinanza con cui sia stata disposta la revoca o la sostituzione della misura cautelare coercitiva (diversa dal divieto di espatrio o dall'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) in violazione del diritto al contraddittorio riconosciuto alla stessa persona offesa dall'art. 299 c.p.p., comma 3".

La questione
Con la legge 15 ottobre 2013, ispirata alla Convenzione di Istanbul e alla Direttiva 2012/29/UE, il legislatore è intervenuto sul procedimento di revoca e sostituzione delle misure cautelari, prevedendo un inedito interpello obbligatorio per la persona offesa. L'articolo 299, comma 2 bis, c.p.p. ne perimetra l'ambito di applicazione prevedendo che tali provvedimenti devono essere comunicati, anche alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore; i commi 3 e 4 bis prevedono, invece, a pena di inammissibilità dell'istanza (rispettivamente prima e dopo la chiusura delle indagini preliminari), la notifica al difensore della persona offesa (o in mancanza, a quest'ultima) della richiesta di revoca o sostituzione in melius delle misure previste dagli articoli 282-bis (allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (divieto e obbligo di dimora), 284 (arresti domiciliari), 285 (custodia cautelare in carcere) e 286 (custodia cautelare in luogo di cura) del codice di rito, per consentire alla stessa, entro due giorni, di presentare memorie ai sensi dell'articolo 121 c.p.p. Quindi, sulle richieste di revoca o sostituzione delle predette misure, da chiunque avanzate (difesa o pubblico ministero), la vittima è tutelata dal 3 comma dell'articolo 299 c.p.p.. Se dunque, le richieste di revoca o sostituzione delle misure coercitive non sono notificate al difensore o, in assenza di nomina, alla persona offesa, ne consegue l'inammissibilità della richiesta.

I precedenti orientamenti
Sulla corretta applicazione del primo periodo dell'articolo 299 c.p.p., si sono formati due orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il primo orientamento, largamente maggioritario, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto per saltum dalla persona offesa del delitto di atti persecutori, in quanto avverso i provvedimenti di sostituzione o modifica delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell'appello, previsto dall'articolo 310 c.p.p., mentre il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ex articolo 311 c.p.p., comma 2, contro i provvedimenti concernenti lo status libertatis non altrimenti impugnabili. (Cass. Pen., Sez. V, 1 dicembre 2017, n. 54319; Cass. Pen., Sez. V, 26 agosto 2015, n. 35735; Cass. Pen., Sez. III, 29 gennaio 2015, n. 20565 Cass. Pen., Sez. I, 10 aprile 2013, n. 18963).
Secondo un altro orientamento, nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, la persona offesa può dedurre con ricorso per cassazione l'inammissibilità dell'istanza di revoca o sostituzione di misure cautelari coercitive (diverse dal divieto di espatrio e dall'obbligo di presentazione alla p.g.) applicate all'imputato, qualora quest'ultimo non abbia provveduto contestualmente a notificarle, ai sensi dell'articolo 299 c.p.p., comma 4 bis, l'istanza di revoca, di modifica o anche solo di applicazione della misura con modalità meno gravose. (Cass. Pen., Sez. V, 16 febbraio 2017, n. 7404).
Nulla però, dice la norma per il caso di richiesta regolarmente notificata cui non segua il rispetto del termine per l'eventuale proposizione di una memoria della persona offesa.
Le Sezioni Unite (Cass. Pen., Sez. Unite, sent., 28 settembre 2022, n. 36754 – Pres. Cassano, Cons. Rel. Santalucia) aderendo al primo orientamento sopra esposto, hanno enunciato il seguente principio di diritto: "La persona offesa non è legittimata ad impugnare, neanche con il ricorso per cassazione, l'ordinanza che, nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, disponga la revoca o la sostituzione della misura cautelare coercitiva, diversa da quelle del divieto di espatrio o dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in violazione del diritto di intervento per mezzo di memorie riconosciutole dall'art. 299, comma 3, c.p.p., ma può chiedere al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 572 c.p.p., di proporre impugnazione."

Il ragionamento dei giudici
La Suprema Corte giunge a tale conclusione facendo leva:
1) sul principio di tassatività delle impugnazioni. Nè l'articolo 310 c.p.p. che dispone che l'appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali spetta al pubblico ministero, all'imputato e al suo difensore, non alla persona offesa nè l'articolo 311 c.p.p. (il ricorso diretto per cassazione è ammesso solo avverso le ordinanze che applicano le misure cautelari, non avverso quelle che le modificano o le sostituiscono) includono la persona offesa tra i soggetti legittimati ad impugnare i provvedimenti de libertate, e queste norme non sono suscettibili di applicazione oltre i casi tassativamente previsti.
2) sulla mancanza di qualifica di parte in capo alla persona offesa. La legge può attribuire il diritto di impugnazione anche a soggetti che non sono parti, ma lo deve fare espressamente. La persona offesa pur avendo il diritto di presentare memorie e di indicare elementi di prova, è un soggetto processuale la cui partecipazione non condiziona la progressione processuale. La persona offesa diventa parte solo costituendosi parte civile.
La Corte prospetta quale soluzione, la possibilità per la persona offesa, anche non costituita parte civile, di sollecitare l'impugnazione del provvedimento da parte del Pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 572 c.p.p., norma volta a garantire un equilibrio, seppur incerto, tra il rispetto delle regole generali a garanzia della libertà personale e una effettiva tutela della persona offesa.
Il Pm quale organo istituzionalmente deputato a mediare le richieste di impugnazione della parte offesa in tutti quei casi in cui questa non possa direttamente impugnare un provvedimento, può considerare inammissibile la richiesta qualora non sia stata notificata alla persona offesa, come può pure eccepire carenze del merito decisorio, se è stata pretermessa la memoria della parte offesa. Qualora ritenga di non voler accogliere l'istanza di impugnazione, deve comunque, spiegarne le ragioni con decreto motivato. A completamento delle brevi considerazioni fin qui svolte, occorre ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile l'appello da parte del Pubblico ministero qualora abbia proposto in maniera testuale le censure avanzate dalla richiesta della parte civile, ritenendolo invece inammissibile laddove si sia limitato ad esprimere una condivisione delle censure della persona offesa.

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