Riforma Cartabia, divieto di espatrio applicato in via automatica se la pena è sostituita con Lpu
La previsione di aggiuntive prescrizioni è imposta dalla legge in chiave social preventiva quando viene sostituita la pena detentiva breve e anche in caso di patteggiamento
La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 30440/2025 - ha respinto il ricorso di un condannato con pena sostitutiva che lamentava l’applicazione del divieto di espatrio di cui sosteneva l’illegittimità qualificandola come pena accessoria che il giudice aveva a suo avviso erroneamente stabilito nei suoi confronti al di là di una giustificazione fondata su un accertamento della sua pericolosità.
La Cassazione chiarisce che ha già affermato che in caso di sostituzione di una pena detentiva breve applicata in base all’articolo 52 bis della legge 689/1981 introdotto dalla Riforma Cartabia scattano automaticamente anche le prescrizioni dell’articolo successivo sempre aggiunto dalla novella del 2022 (articolo 56 ter della stessa legge). Non si tratta quindi di pene accessorie ulteriori che andrebbero fondate con specifico giudizio del magistrato sulla pericolosità del condannato. Inoltre tali prescrizioni limitative della libertà personale del soggetto condannato si applicano anche in caso di pena patteggiata oggetto di sostituzione.
Il ricorrente riteneva la statuizione del giudice in merito al divieto di espatrio in contrasto con la giurisprudenza tanto costituzionale quanto della Cedu. Al contrario, la Cassazione penale fa rilevare che le prescrizioni imposte dall’articolo 56 ter in caso di sostituzione della detenzione breve con la semilibertà, la detenzione domiciliare o il lavoro di pubblica utilità non rispondono all’esigenza di contenere la pericolosità del condannato ma sono misure aggiuntive previste in chiave social preventiva come espressamente affermata e definita in sentenza.