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Ristrutturazione trasversale, sì all'omologazione con il voto della classe svantaggiata

Con la pronuncia dell'11 aprile scorso il Tribunale di Bergamo ha preso posizione sul dubbio interpretativo sollevato dalla lettura della lettera d), comma 2° art. 112 CCII, fornendo una argomentazione puntuale e precisa che declina il significato della norma contenuta nel sistema concorsuale nazionale alla luce di quella unionale

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di Giuseppe Acciaro e Alessandro Turchi*

In caso di mancata approvazione dei creditori nell'ambito del concordato preventivo in continuità aziendale, il Tribunale può omologare lo strumento solo qualora ricorrano congiuntamente le quattro condizioni declinate dall'art. 112, comma 2, CCII , il quale disciplina il c.d. meccanismo del cross-class- cram-down o ristrutturazione trasversale.

Con uno dei primi provvedimenti il Tribunale di Bergamo, con sentenza dell'11 aprile 2023 , ha preso posizione sul dubbio interpretativo sollevato dalla lettura della lettera d) della disposizione, fornendo una argomentazione puntuale e precisa che declina il significato della norma contenuta nel sistema concorsuale nazionale alla luce di quella unionale.

La ristrutturazione trasversale nel concordato preventivo

Con il D. lgs. 17 giugno 2022, n. 83 , che dà attuazione alla Direttiva Insolvency, è stata profondamente innovata la disciplina dell'omologazione del concordato preventivo, che ora è contenuta negli artt. 48 e 112 CCII.

Il concordato preventivo in continuità aziendale si intende approvato quando sia stato votato favorevolmente da tutte le classi nelle quali il ceto creditorio è stato suddiviso, come previsto dal novellato comma quinto dell 'art. 109 CCII .

Ai fini dell'unanimità del voto il legislatore precisa che è necessario raggiungere in tutte le classi la maggioranza dei crediti inseriti in ciascuna di esse. All'interno di uno scenario normativo che privilegia le soluzioni concordate della crisi in continuità, ferma l'assenza di pregiudizio per i creditori, si tratta di una disposizione che potrebbe pregiudicare l'approvazione delle proposte che prevedono la prosecuzione dell'attività.

Pertanto, il legislatore ha previsto un meccanismo per il quale l'adesione della singola classe può anche non dipendere dal voto favorevole della maggioranza dei crediti in essa inseriti: in caso di mancato raggiungimento della maggioranza in tutte le classi la proposta è approvata "se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe" (art. 109, co. 5, primo periodo).

Se il debitore non ottiene l'approvazione della sua proposta anche in tale contesto, è comunque possibile per l'imprenditore ottenere l'omologazione, a condizione che ricorrano i presupposti di cui all'art. 112, comma 2, CCII.

Quest'ultimo, diversamente dalla precedente formulazione contenuta nell'art. 180, comma 4, l. fall., pone anzitutto un criterio discretivo a seconda che si tratti di concordato liquidatorio o in continuità aziendale.

In particolare, l'art. 112, co. 2, dispone che nel concordato preventivo in continuità aziendale, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore, omologa se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
"a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;
b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall'articolo 84, comma 7;
c) nessun creditore riceve più dell'importo del proprio credito;
d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione".


Tale norma, che trae origine dall'art. 11 della Direttiva Insolvency, disciplina la ristrutturazione trasversale dei debiti, che consente di imporre alle classi di creditori dissenzienti la ristrutturazione che esse hanno respinto con il loro voto contrario, in forza di un piano omologato dall'autorità giudiziaria.

La prima condizione prevede che il valore di liquidazione venga distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, comportando la necessità di valutare il rispetto del criterio di cui all'art. 84, comma sesto, CCII (regola della priorità assoluta).

La seconda condizione riguarda i criteri di distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione, il quale deve essere distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando la previsione di cui al settimo comma dell'art. 84 CCII.

La terza condizione prevede che nessun creditore riceva più dell'importo del proprio credito, al fine di evitare che vengano formulate promesse ai creditori di benefici aggiuntivi funzionali ad ottenere il voto favorevole in violazione delle regole del concorso.
La condizione di cui alla lettera d) del secondo comma dell'art. 112 CCII

La quarta condizione, che rappresenta il vero snodo essenziale dell'istituto, formula due ipotesi tra loro alternative.

La prima parte della lt. d) della norma in esame prevede che ai fini dell'omologazione del concordato in continuità non sia necessaria l'unanimità delle classi, bensì occorre che sia raggiunta la maggioranza delle stesse. Tuttavia, anche quest'ultima non è sufficiente per ottenere l'omologazione forzata da parte del tribunale. Infatti, è necessario altresì che almeno una delle classi favorevoli sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione.

La norma prevede, tuttavia, una condizione alternativa "in mancanza" di quella sopra esaminata. In tale evenienza, ai fini dell'omologazione occorre che abbia votato favorevolmente almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

L'utilizzo dell'espressione "in mancanza" suscita, tuttavia, talune perplessità che lasciano spazio a due possibili interpretazioni: se la locuzione si riferisce alla mancanza dell'approvazione da parte della maggioranza delle classi oppure alla classe formata da creditori titolari di diritti di prelazione. Nel primo caso sarà sufficiente il voto favorevole di una sola classe, seppure con le caratteristiche indicate nel periodo finale del secondo comma, mentre nella seconda alternativa il voto favorevole della maggioranza delle classi dovrà comunque essere raggiunto.

La posizione assunta dal Tribunale di Bergamo

Nel caso di specie, il debitore ha presentato ricorso, ex artt. 40 e 84 CCII, per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, a seguito del quale il Tribunale, valutata la ritualità della domanda, ha dichiarato l'apertura della procedura stessa.

All'esito della votazione il commissario giudiziale ha comunicato che la proposta di concordato non è stata approvata dai creditori, avendo votato favorevolmente alla proposta soltanto tre classi. In seguito, il debitore ha presentato istanza ex art. 112, comma 2, CCII per aprire la fase della omologazione pur in assenza di approvazione dei creditori.
A seguito dell'esame delle condizioni di cui alle lt. a), b), e c), il Tribunale si sofferma ampiamente su quella di cui all'ultima lettera.

In primo luogo, il Tribunale si interroga sulla locuzione "in mancanza" e richiama l'art. 11 della Direttiva Insolvency. Poiché il legislatore europeo ha utilizzato il punto e virgola prima di tale locuzione, appare "certo e inconfutabile che la previsione di cui al romanino "ii" (ossia l'approvazione di almeno una classe) sia alternativo rispetto alla previsione di cui all'intero romanino "i" (ossia all'approvazione da parte della maggioranza di classi)".
Pertanto, concludono i Giudici di merito, "secondo il canone ermeneutico della interpretazione conforme al diritto dell'Unione Europea, anche l'art. 112, 2° comma, lett. D del CCII va interpretato nel senso che la proposta di concordato è approvata dalla "maggioranza delle classi … oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe …".

Sulla base di ciò e poiché nel caso in esame difetta la prima delle due condizioni alternativamente previste, ossia l'approvazione maggioritaria dei creditori, il Tribunale è tenuto ad accertare se la proposta sia stata approvata "da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione ", come disposto dall'ultima parte della lt. d) della disposizione in esame.

Alla luce dell'art. 11, lt. b), ii) della Direttiva Insolvency, il legislatore europeo ha inteso consentire all'autorità giudiziaria di omologare la proposta concordataria solo se essa sia stata approvata da almeno una classe di creditori (privilegiati), che nel concordato venga trattata in maniera deteriore, in termini di pregiudizio, rispetto all'ipotesi della liquidazione giudiziale. Tale classe, precisa il Tribunale, deve essere diversa da una classe di creditori (chirografari), che non riceverebbe alcun pagamento nell'ipotesi di prosecuzione dell'impresa in crisi o nell'ipotesi alternativa della liquidazione giudiziale.

Premesso che la ratio dell'art. 112, comma 2, CCII è quella di favorire la continuità aziendale funzionale a riammettere nel mercato l'impresa in crisi e salvaguardare i posti di lavoro in essa impiegati, ai fini di ottenere l'omologazione con l'approvazione dell'autorità giudiziaria "occorre, quale requisito minimo, quello della approvazione della proposta da parte di almeno una classe di creditori privilegiati, che sia per così dire "maltrattata" nella proposta concordataria e pur tuttavia sia fiduciosa nella bontà della proposta di "rilancio" dell'impresa". Ne discende che, ai fini di ottenere l'omologazione al di fuori di una logica di autonomia negoziale fra debitore ed i suoi creditori, deve votare favorevolmente almeno una classe di creditori che subirebbero un pregiudizio in ambito concordatario e non, al contrario, classi che sarebbero trattate più favorevolmente nell'ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria.
Nel caso di specie, le classi che hanno votato favorevolmente non riceverebbero alcun pagamento dal patrimonio di liquidazione, mentre con la proposta concordataria troverebbero soddisfazione in una certa misura.

Pertanto, conclude il Tribunale senza provvedere all'omologazione poiché "le classi di creditori che hanno votato favorevolmente non sono quelle che subirebbero un pregiudizio in ambito concordatario, ma, al contrario, sono classi che sarebbero trattate più favorevolmente nell'ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria".

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*A cura di Giuseppe Acciaro, Alessandro Turchi, Soci Studio Acciaro & Associati S.t.p.

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