Sentenze "false", il magistrato è soggetto danneggiato dal reato
Lo precisa la Cassazione con la sentenza 16235/2022 esaminando il caso di un avvocato che ha prodotto documenti falsi
I delitti contro la fede pubblica tutelano non solo l'interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti ma anche quello del soggetto sulla cui sfera giuridica l'atto è destinato ad incidere concretamente; con la conseguenza che egli in tal caso riveste la qualità di persona offesa dal reato. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 16235/2022) da ciò deriva che non può escludersi che il Magistrato il quale in un atto falso "prodotto" da un Avvocato per i suoi clienti risulti "apparente formatore" dello stesso possa assurgere a persona offesa o meglio a danneggiato dal reato in parola. Ma a ben vedere tale sua posizione non discende automaticamente dalla falsità posta in essere dall'agente, che offende primariamente la fede pubblica la cui offesa è connaturale alla falsità. E ciò vale sia che essa inerisca a un atto pubblico, che a uno di tipo privatistico; differenziandosi le due categorie di delitti di falso, in atto pubblico o privato, sotto il profilo del rilievo che l'offesa assume per l'Ordinamento, cui il codice penale annette diversa risposta sanzionatoria e in alcuni casi diverso regime di procedibilità.
Il caso esaminato
Ebbene nella vicenda sottoposta all'esame della Suprema Corte dagli atti di indagine emergeva chiaramente che l'indagato, un Avvocato, aveva consegnato via email e anche a mani degli ignari clienti, alcuni provvedimenti giurisdizionali "confezionati" in modo tale da indurli a confidare nella loro genuinità. Difatti gli atti riportavano l'intestazione del tribunale di riferimento, la parte dispositiva e la motivazionale; e venivano pertanto attribuiti a magistrati realmente in servizio presso quegli stessi uffici giudiziari. Atti dunque dotati di requisiti formali tali da indurre terzi in buona fede, e privi di cognizioni giuridiche specifiche, a credere nella loro autenticità.
La Corte di Cassazione ha ricordato che ai delitti contro la fede pubblica deve riconoscersi, oltre ad un'offesa alla fiducia che la collettività ripone in determinati atti, simboli, documenti, ecc. - bene oggetto, senza dubbio, di primaria tutela dei delitti in argomento - anche una ulteriore e potenziale attitudine offensiva, che può rivelarsi poi concreta in presenza di determinati presupposti, avuto riguardo alla reale e diretta incidenza del falso sulla sfera giuridica di un soggetto. Incidenza che può estendersi fino a ricomprendere la sfera di ogni altro soggetto che abbia ricevuto un danno o sia rimasto sottoposto a eventuali effetti pregiudizievoli - anche sul piano non patrimoniale - dall'atto affetto da falsità. Ne consegue che in relazione alla possibile lesività dell'atto falso nei confronti del soggetto necessita un accertamento in concreto, per verificarne l'effettiva lesività rispetto ad esso.
L'accertamento rispetto al magistrato
Accertamento che rispetto al magistrato apparente autore dell'atto falso, ancor più, va condotto in modo pragmatico, non producendo il provvedimento falso, di per sé, conseguenze dirette nella sfera giuridica del medesimo, inerendo esso a terzi. Ulteriore conseguenza si ricollega ai fini della valutazione della ricorrenza del presupposto della possibile incompetenza funzionale. Non è sufficiente che l'atto falso sia apparentemente riferibile a un magistrato che effettivamente eserciti le funzioni nel distretto, ma occorre innanzitutto che la qualifica di danneggiato abbia trovato espresso riconoscimento nell'ambito del procedimento penale. Tutto ciò previa verifica da parte dell'autorità procedente, della situazione delineatasi nei fatti, in concreto.
Secondo la Corte di piazza Cavour in ragione della stessa ratio sottesa all'operatività eccezionale dei meccanismi processuali inerenti alla competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, va quindi affermato che in tema, l'operatività della disciplina processuale dedicata è subordinata alla condizione che il magistrato assuma "formalmente" la qualità di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato contestato. La Suprema Corte di Cassazione ha poi ricordato che la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale salvo che la copia assuma l'apparenza di un atto originale. Apparenza di documenti originali di cui nella vicenda hanno dato atto i giudici di merito e che per la Corte di piazza Cavour non può ritenersi smentita alla luce degli argomenti indicati nel ricorso sottoposto a sua cognizione. Ciò tenuto anche conto – si badi - che il tecnicismo proprio dei provvedimenti giudiziari, si estrinseca in forme peculiari i cui dettagli sono "familiari" soltanto per gli esperti del settore. Dal che un atto giurisdizionale falso, o comunque riconducibile ad un processo, sia esso penale che civile, ben può essere lesivo della fede pubblica anche nel caso in cui non riproponga pedissequamente tutti i requisiti formali dell'atto che intende simulare; perché ciò che rileva è l'"impatto" che quell'atto è idoneo ad avere sulla generalità dei soggetti che con esso possono entrare in contatto.