Civile

Spetta al Fisco l'onere della prova per prelevamenti dal conto corrente del professionista

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Imposte sui redditi - Accertamento - Lavoratore autonomo - Movimentazioni finanziarie - Prelievi ingiustificati - Onere della prova a carico dell'Agenzia
L'espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall'indicazione dei motivi, non solo perché in relazione ad essa la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto invece stabilito per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, ma anche perché la medesima non è nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali prevedono l'obbligo di motivazione. Spetta all'Amministrazione provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto bancario e non annotati nelle scritture contabili siano stati utilizzati dal professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito conseguendone ricavi non operando in proposito alcuna presunzione a favore dell'Amministrazione finanziaria.
• Corte di Cassazione, sezione Tributaria, ordinanza 24 luglio 2018 n. 19564

Tributi erariali diretti – Accertamento delle imposte sui redditi (tributi posteriori alla riforma del 1972) – Accertamenti e controlli – Poteri degli uffici delle imposte – In genere - Presunzione ex articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 - Prelevamenti da parte del lavoratore autonomo o professionista su conto corrente bancario - Applicabilità - Esclusione - Versamenti - Sussistenza
In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall'articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l'estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l'equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti.
• Corte di Cassazione, sezione Tributaria, sentenza 9 agosto 2016 n. 16697

Tributi erariali diretti – Accertamento delle imposte sui redditi (tributi posteriori alla riforma del 1972) – Accertamenti e controlli – Poteri degli uffici delle imposte – In genere - Prelevamenti e versamenti sui conti correnti bancari - Presunzione ex articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 - Imputazione ai ricavi conseguiti nell'attività di impresa - Estensione al lavoro autonomo e professionale - Ammissibilità - Esclusione
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presunzione di cui all'articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l'inclusione nella base imponibile oppure l'estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la modifica della citata disposizione, apportata dall'articolo 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004, sicché non è più sostenibile l'equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d'impresa e professionale per gli anni anteriori.
• Corte di Cassazione, sezione Tributaria, sentenza 11 novembre 2015 n. 23041

Imposte e tasse - Accertamento delle imposte sui redditi - Prelievi ingiustificati da conti correnti bancari - Previsione che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti, e sono assoggettati a tassazione, se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili - Applicabilità della disciplina anche ai lavoratori autonomi, quali percettori di “compensi” - Difetto delle correlazioni logico - Presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito di impresa - Presunzione lesiva del principio di ragionevolezza e del principio di capacità contributiva - Necessità di espungere dalla disposizione censurata le parole “o compensi” - Illegittimità costituzionale parziale - Assorbimento di ulteriori censure
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli articoli 3 e 53 Cost., l'art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall'articolo 1, comma 402, lett. a ), n. 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente alle parole «o compensi». La norma - oltre a disporre che i dati ed elementi trasmessi su richiesta, rilevati direttamente ovvero nei controlli relativi alle imposte sulla produzione o consumo, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973, salvo che il contribuente dimostri che ne ha tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non hanno rilevanza a tal fine - prevede che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle predette operazioni sono posti come ricavi o compensi a base delle rettifiche e degli accertamenti (e sono quindi assoggettabili a tassazione), se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e sempreché non risultino dalle scritture contabili. L'ambito operativo di tale presunzione, originariamente limitato unicamente agli imprenditori, è stato poi esteso ai lavoratori autonomi dall'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (inserendo anche i «compensi»). Proprio tale ultima estensione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Infatti la figure del lavoratore autonomo, pur essendo per molti versi affine a quella dell'imprenditore sia nel diritto interno sia nel diritto comunitario, presenta specificità tali da far ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento. In particolare, l'attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, che è quasi del tutto assente nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta, come per le professioni liberali. Inoltre, la non ragionevolezza della presunzione è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria. Infine, la norma non può trovare giustificazione nell'esigenza di combattere l'evasione fiscale rilevante nel settore in quanto essa trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari che oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l'evasione o l'elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni “in nero”. (Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura) - Sull'inammissibilità di una censura alla luce del carattere alternativo e ancipite della sua formulazione, v., ex multis , sentenze nn. 280/2011 e 355/2010. - Sulla congruità del fondamento economico-contabile del meccanismo delineato dall'art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prima della sua estensione anche ai lavoratori autonomi, v. la citata sentenza n. 225/2005.
• Corte Costituzionale, sentenza 6 ottobre 2014 n. 228

Accertamento induttivo - Presunzioni basate su movimentazioni bancarie - Lavoratori autonomi - Illegittimità costituzionale
La Corte costituzionale si esprime in merito all'articolo 32, co. 1°, n. 2), secondo periodo, D.P.R. 29.9.1973, n. 600, come modificato dall'articolo 1, co. 402°, lett. a), n. 1), L. 30.12.2004, n. 311, con effetto dall'1.1.2005, il quale dispone che i dati e gli elementi trasmessi su richiesta, rilevati direttamente o nell'ambito di controlli relativi alle imposte sulla produzione o sul consumo sono posti alla base delle rettifiche e degli accertamenti di cui agli articoli 38, 39, 40 e 41, D.P.R. 600/1973, salvo che il contribuente dimostri di averne tenuto conto nella determinazione dei redditi o che essi non sono rilevanti a tal fine. La norma stabilisce inoltre che i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito delle citate operazioni sono posti, come ricavi o compensi, a base delle rettifiche e degli accertamenti se il contribuente non ne indica i soggetti beneficiari e a condizione che non risultino dalle scritture contabili. Il menzionato articolo 1, co. 402°, lett. a), n. 1), L. 311/2004, inserendo nella norma in questione le parole «o compensi» ne ha esteso l'ambito operativo - che nella formulazione originaria riguardava unicamente gli imprenditori, dato il richiamo ai soli ricavi – ai lavoratori autonomi, e proprio in relazione a tale aspetto è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale. Quest'ultima, afferma la Corte costituzionale, è fondata con riferimento agli articoli 3 e 53 Cost. Infatti, sebbene le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo siano per molti versi affini sia nel diritto interno sia nel diritto comunitario, esistono specificità di quest'ultima categoria che fanno ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dalla norma in oggetto, secondo la quale anche il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Alla luce di tale disposizione, mancando una giustificazione, la somma prelevata deve ritenersi utilizzata per l'acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi, che a loro volta devono essere considerati come produttivi di beni o servizi venduti senza essere contabilizzati o fatturati. Il fondamento economico-contabile di tale meccanismo è stato già ritenuto dalla stessa Corte costituzionale (Sentenza 225/2005) congruente con il fisiologico andamento dell'attività imprenditoriale, caratterizzato dalla necessità di continui investimenti in beni e servizi in vista di futuri ricavi. Al contrario, l'attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo. Tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, fino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta, come per le professioni liberali. Inoltre, la non ragionevolezza della presunzione è suffragata dalla circostanza che gli eventuali prelevamenti si inseriscono in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria, da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali. Peraltro, l'esigenza di combattere un'evasione fiscale ritenuta rilevante nel settore trova una risposta nella recente normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari, come in ultimo il D.M. Sviluppo economico 24.1.2014 (si veda «La Settimana fiscale» ° 6/2014, pag. 6) sull'ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito, che ha attuato l'articolo 15, co. 4°, D.L. 18.10.2012, n. 179, conv. con modif. dalla L. 17.12.2012, n. 221, secondo cui dall'1.1.2014 è obbligatorio - nonostante non siano previste sanzioni per l'inosservanza della disposizione - accettare pagamenti di importo superiore ad e 30, effettuati con carte di debito in favore di imprese e professionisti per l'acquisto di prodotti o per la prestazione di servizi. La tracciabilità del denaro persegue il dichiarato fine di contrastare l'evasione o l'elusione fiscale limitando i pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni «in nero». Nel caso di specie la presunzione di cui all'articolo 32, co. 1°, n. 2), secondo periodo, D.P.R. 600/1973 è lesiva del principio di ragionevolezza e della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Dunque, la norma in esame deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «o compensi».
• Corte Costituzionale, sentenza 6 ottobre 2014 n. 228

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