Civile

Telegramma in ritardo, Poste Italiane risarcisce il danno per la mancata assunzione

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di Andrea Alberto Moramarco

Se Poste Italiane recapita con ritardo un telegramma contenente una proposta lavorativa, il destinatario che per via di tale ritardo non può più accettare il lavoro ha diritto al risarcimento del danno, pari alla retribuzione che avrebbe percepito. Lo ha affermato la Corte d'appello di Roma con la sentenza 3220/2015 sottolineando che la natura contrattuale della responsabilità delle Poste sussiste anche nei confronti del destinatario.

La vicenda - Questi i fatti. Una università aveva inviato a un signore, tramite telegramma, una proposta di lavoro a tempo determinato della durata di 12 mesi, comunicando di attendere la risposta di accettazione entro 5 giorni dalla spedizione. Il destinatario della proposta aveva ricevuto però il telegramma 3 giorni dopo la scadenza fissata dall'università, perdendo di fatto la possibilità di accettare l'offerta di lavoro.
Conseguentemente, il destinatario del telegramma citava in giudizio Poste Italiane ritenendo che la mancata accettazione della proposta di lavoro era dipesa da un incolpevole inadempimento della società. Quest'ultima, invece, si difendeva facendo riferimento alla normativa che regola il servizio postale. In prima battuta, il Tribunale adito dava ragione alle Poste, non ritenendo sussistenti profili di responsabilità per la società, ma in appello la decisione viene ribaltata in favore del destinatario del telegramma.

È configurabile una responsabilità contrattuale - La Corte d'appello ricorda che in seguito alla dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 6 del Tu in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni (Dpr 156/1973), per il caso di mancato recapito di telegramma, il gestore del servizio incorre in responsabilità per tutti i danni sofferti dal destinatario a seguito della mancata consegna, inclusa la perdita di eventuale chance, qualora non provi che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a essa non imputabile.

Nel caso di specie – sottolinea la Corte – il giudice di primo grado non ha fatto giusta applicazione di tali principi, in quanto la domanda risarcitoria si basava sull'inadempimento di Poste Italiane alle obbligazioni assunte nei confronti sia del mittente, sia del destinatario del telegramma, il quale riveste il ruolo del terzo beneficiario del contratto, secondo lo schema dell'articolo 1411 del Cc. Per giunta, la stessa società convenuta non ha negato il ritardo della consegna, dando via libera all'affermazione della responsabilità contrattuale con l'obbligo di risarcire il danno.

La quantificazione - In merito alla quantificazione, i giudici si soffermano sul requisito della prevedibilità e ritengono che l'entità del danno debba corrispondere al mancato introito in favore del destinatario del telegramma, ovvero alla perdita della retribuzione che costui avrebbe ottenuto accettando il rapporto di lavoro. In particolare, notano i giudici, anche se il telegramma viene più spesso utilizzato in riferimento ad «aspetti aventi natura personale e non economica», come ad esempio per condoglianze o auguri per matrimoni, nascite, lauree e diplomi, all'epoca dei fatti (nel 2004) l'utilizzo delle mail non era molto diffuso, soprattutto nei rapporti tra enti pubblici e privati, rendendo prevedibile che un telegramma potesse essere utilizzato anche in «riferimento ad un “affare” o anche ad un rapporto economico in senso lato».

Corte d'Appello di Roma - Sezione III civile - Sentenza 26 maggio 2015 n. 3220

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