Lavoro

Trasferimenti nella Pa, l’assegno ad personam si riassorbe (nel tempo)

Lo ha chiarito la Cassazione, ordinanza n. 32600 depositata oggi, con riguardo a un caso in cui erano cessate le funzioni (formazione) per le quali era stato riconosciuto

di Francesco Machina Grifeo

Nel pubblico impiego, nel caso di trasferimento, l’assegno ad personam, seppure frutto di accordi sindacali o determinazioni datoriali, non può essere mantenuto sine die. È questo il principio espresso dalla Cassazione, con l’ordinanza n. 32600 depositata oggi, che ha respinto il ricorso di una pattuglia di dipendenti delle Regione Lombardia trasferiti alla Città metropolitana di Milano, richiamando i principi di parità di trattamento e di “riassorbimento” dei trattamenti eccedenti.

I ricorrenti esponevano di essere stati trasferiti in forza di una legge regionale che comunque avrebbe assicurato la conservazione della “posizione giuridica ed economica in godimento”. E dunque, a loro dire, il diritto al mantenimento ad personam del trattamento complessivo già goduto a seguito della firma di un “protocollo di intesa” e degli “accordi sindacali che vi avevano dato attuazione”.

Per la Corte di merito il diritto alla percezione di quegli emolumenti dipendeva dallo svolgimento dell’attività nell’ambito della formazione professionale, sicché, una volta venuta meno quella destinazione, anche la pretesa non aveva più fondamento.

La Sezione Lavoro ricorda che secondo la Corte Ue (6 settembre 2011, C-108/10) il trasferimento non può determinare un peggioramento del trattamento retributivo globale, ma anche che, il necessario riconoscimento di un assegno ad personam, soggiace comunque alla regola generale del riassorbimento, a garanzia nel lungo periodo del concomitante principio di parità di trattamento.

Le intese, i protocolli e le altre determinazioni datoriali non possono riconoscere benefici ulteriori e diversi rispetto alla legge e alla contrattazione collettiva nazionale, neanche se di maggior favore. Dunque, prosegue la decisione, “può anche essere che, attraverso la regolazione ad personam, le intese raggiunte in sede locale assecondassero l’individuazione dei trattamenti da mantenere al fine di garantire il mantenimento del livello retributivo. Tuttavia, esse non potevano certamente attribuire sine die quei trattamenti in forma non riassorbibile”.

È così “fuori centro” la pretesa dei ricorrenti di assicurarsi per sempre l’assegno non riassorbibile.

La Suprema corte ha dunque espresso il seguente principio di diritto: «In tema di trasferimento di attività e di personale tra enti ai sensi dell’art. 31 del d. lgs. n. 165 del 2001, non è consentito alla legislazione regionale, ad accordi collettivi in sede locale o a determinazioni della P.A., di riconoscere il mantenimento sine die, ovverosia senza riassorbimento, dei migliori trattamenti percepiti presso il precedente datore di lavoro o di assicurarne il godimento dopo che siano cessate presso il nuovo ente le funzioni in relazione alle quali essi trovavano giustificazione sul piano perequativo».

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