Società

Trust liquidatorio e crisi d'impresa

Il trust liquidatorio in funzione solutoria comporta il trasferimento (solo temporaneo) al trustee dei beni da liquidare e la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti

di Rossana Mininno


Il trust è un istituto di origine anglosassone, approdato - dopo l'iniziale sviluppo nei Paesi di Common law - anche nei Paesi di Civil law.

Dal punto di vista della struttura soggettiva, l'istituto si caratterizza per la presenza di un soggetto disponente (settlor), che trasferisce - mediante un atto unilaterale formato esclusivamente dal disponente (cfr. Cass. civ., Sez. V, 16 febbraio 2021, n. 3986) - un proprio diritto a una persona di fiducia (trustee), la quale esercita il diritto sulla base dello statuto del trust (deed of trust) e delle istruzioni ricevute dal settlor (letters of wishes) e con l'obbligo di ritrasferire il diritto, entro un periodo di tempo prefissato, a un terzo beneficiario (beneficiary).

Il trust prevede, di norma, due momenti: il primo è quello istitutivo del trust da parte del settlor; il secondo è quello in cui il medesimo settlor trasferisce uno o più beni al trustee.

I Giudici di legittimità hanno reiteratamente negato la soggettività giuridica del trust, «il cui effetto proprio è quello, ex art. 2 della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, di istituire un patrimonio destinato ad un fine prestabilito» (Cass. civ., Sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 3986. Conformi ex multis Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2015, n. 3456; Cass. civ., Sez. I, 22 dicembre 2015, n. 25800; Cass. civ., Sez. III, 27 gennaio 2017, n. 2043).

Quanto al profilo disciplinatorio nel nostro ordinamento non è rinvenibile, con riferimento all'istituto del trust, alcuna specifica disciplina civilistica.

L'unica normativa esistente è costituita dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, tramite la quale il trust è stato oggetto di riconoscimento normativo mediante la ratifica e l'esecuzione della Convenzione adottata a L'Aja il 1 luglio 1985 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento.

La Convenzione de L'Aia, a sua volta, non contiene una disciplina puntuale, né definisce concettualmente l'istituto, ma si limita a individuarne le caratteristiche strutturali salienti e a stabilire un criterio di riferimento per determinare la legge regolatrice.

Elementi essenziali del trust sono la distinzione dei beni del trust dal patrimonio del trustee, l'intestazione degli stessi al trustee, nonché l'essere il trustee investito del potere e onerato dell'obbligo - di cui deve rendere conto - di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al medesimo trustee (cfr. articolo 2, comma 2).

I diritti e le facoltà che il settlor può riservare a sé stesso devono essere tali da non precludere al trustee il pieno esercizio del potere di controllo sui beni (cfr. risoluzione n. 8/E del 17 gennaio 2003 dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso).

Alla costituzione del trust è collegato un effetto segregativo, con riferimento al quale la giurisprudenza si è posta la questione della compatibilità dell'atto istitutivo del trust con la garanzia patrimoniale generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore e sancita dal codice civile a livello di regola generale (cfr. articolo 2740, comma 1).

Detta garanzia si traduce nella soggezione del patrimonio del debitore al potere di coazione riconosciuto al creditore, il quale si estrinseca nell'esecuzione coattiva del credito ovvero nella facoltà di procedere all'espropriazione forzata dei beni del debitore.

Con l'istituzione del trust l'effetto di segregazione che si produce nel patrimonio del debitore e il vincolo impresso sui relativi cespiti impediscono ai creditori di espropriare direttamente i beni, determinando de facto una lesione della garanzia patrimoniale generica (cfr. Cass. civ., Sez. III, 9 novembre 2020, n. 24986).

Tra le tipologie di trust utilizzate nella prassi figura il trust liquidatorio in funzione solutoria, cui normalmente ricorre il soggetto che, versando in una situazione di crisi di liquidità contraddistinta, tuttavia, da margini di ripresa, intenda - tramite l'istituzione del trust - evitare lo stato di insolvenza e la proposizione, da parte dei creditori insoddisfatti, dell'istanza di fallimento.

Di recente i Giudici della Quinta Sezione civile della Corte di cassazione, chiamati a pronunciarsi in materia tributaria e di imposizione fiscale, dopo aver individuato gli elementi caratterizzanti l'istituto del trust e consistenti «1) nel nucleo causale unitario costituito dalla combinazione dello scopo di destinazione con quello, ad esso strumentale, di segregazione patrimoniale; 2) nell'attuazione del vincolo di destinazione mediante intestazione meramente formale dei beni al trustee ed attribuzione al medesimo di poteri gestori e di disposizione circoscritti e mirati allo scopo; 3) nell'attribuzione al beneficiario (ove esistente) di una posizione giuridica che non è di diritto soggettivo, ma di aspettativa o di interesse qualificato ad una gestione conforme alla realizzazione dello scopo», hanno riconosciuto l'astratta utilizzabilità del trust per finalità diverse, tra le quali quella liquidatoria: il trust liquidatorio in funzione solutoria comporta «il trasferimento (solo temporaneo) al "trustee" dei beni da liquidare e la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti» (Cass. civ., Sez. V, 12 gennaio 2021, n. 224).

Per quanto attiene, invece, all'idoneità, da un punto di vista funzionale, del trust liquidatorio alla composizione della crisi d'impresa degna di menzione è la sentenza n. 10105 del 9 maggio 2014, mediante la quale i Giudici della Prima Sezione civile della Corte di cassazione hanno affrontato ex professo la questione della liceità ed efficacia del trust liquidatorio.

In detta occasione i Supremi Giudici, pur avendo dichiarato di aderire all'orientamento all'epoca diffuso tra i Giudici di merito (secondo cui «il cd. trust liquidatorio – segregazione patrimoniale di tutto il patrimonio aziendale istituita per provvedere, in forme privatistiche, alla liquidazione dell'azienda sociale – è nullo, ai sensi dell'art. 1418 c.c., allorché abbia l'effetto di sottrarre agli organi della procedura fallimentare la liquidazione dei beni in contrasto con le norme imperative concorsuali, secondo le espresse regole di esclusione previste dagli art. 13 e 15, lett. e), della convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985»), hanno, tuttavia, ritenuto di aggiungere alla soluzione prospettata alcune «precisazioni», riferite precipuamente all'ipotesi del trust c.d. anti-concorsuale, il quale «viene a sostituirsi alla procedura fallimentare ed impedisce lo spossessamento dell'imprenditore insolvente».

Secondo l'iter logico-argomentativo seguito, nel trust anti-concorsuale - trattandosi di operazione negoziale che, «sotto le vesti di attribuire ai creditori la posizione di beneficiari, non permett[e] loro la condivisione del governo del patrimonio insolvente» - la causa concreta del regolamento consiste nel «segregare tutti i beni dell'impresa, a scapito di forme pubblicistiche quale il fallimento, che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori del disponente».

Ricorrendo tale ipotesi, il trust, «sottraendo il patrimonio o l'azienda al suo titolare ed impedendo una liquidazione vigilata – in quanto rimette per intero la liquidazione dell'attivo alla discrezionalità del trustee – determina l'effetto, non accettabile per il nostro ordinamento, di sottrarre il patrimonio del debitore ai procedimenti pubblicistici di gestione delle crisi d'impresa ed all'attivo fallimentare della società settlor il patrimonio stesso».

Secondo i Supremi Giudici, il trust istituito in una situazione di insolvenza si porrebbe in rapporto di incompatibilità con le norme inderogabili e di ordine pubblico in materia di procedure concorsuali, con la conseguenza che un siffatto trust «sarà "non riconoscibile" ai sensi dell'art. 15 della Convenzione», ovvero in virtù della clausola di salvaguardia espressamente posta dal medesimo articolo 15, la quale fa espressamente salva l'applicazione, nel singolo Stato, delle disposizioni poste - a livello nazionale - a tutela dei creditori, cui è integralmente demandata sia la qualificazione della fattispecie che l'individuazione dei rimedi attivabili.

Ne consegue che, «una volta accertata la non riconoscibilità, lo strumento non produce alcun effetto giuridico nel nostro ordinamento, in particolare non quello di creare un patrimonio separato, restando tamquam non esset»: il Tribunale «che pronuncia la sentenza dichiarativa del fallimento provvede incidenter tantum al disconoscimento del trust liquidatorio, il quale finisce per eludere artificiosamente le disposizioni concorsuali sottraendo al curatore la disponibilità dell'attivo societario» (Cass. civ., Sez. I, 9 maggio 2014, n. 10105).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©