Famiglia

Unioni civili ante Cirinnà, alla Consulta il diritto di coniugi omosessuali e figli alla reversibilità

Il matrimonio all’estero, poi riconosciuto in Italia e lo status filiationis del minore nato da maternità surrogata e adottato dall’altro partner sono antefatti rispetto alla legge che generano diritti costituzionalmente garantiti

di Valeria Cianciolo

È rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2, 36 e 38 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13 del Regio decreto legislativo 14 aprile 1939 n. 636, nella parte in cui, limitando il diritto al coniuge, non consente l’attribuzione della pensione di reversibilità in favore del partner superstite, in caso di decesso, verificatosi prima dell’entrata in vigore della legge 76/2016, dell’altro componente della coppia omosessuale, nonostante l’avvenuta formalizzazione del vincolo all’estero (Cassazione civile, sezioni Unite, ordinanza 15 luglio 2025 n. 19596).

Il caso
Tizio e Caio avevano contratto matrimonio a New York nel 2013 e l’atto era stato trascritto in Italia come unione civile nel 2016, dopo la morte di Caio avvenuta nel 2015.

Dopo il decesso erano stati trascritti, sia la sentenza statunitense del 2016 che aveva accertato la paternità in capo al de cuius del figlio minore avuto con la maternità surrogata sia l’atto di nascita dello stesso che teneva conto del riconoscimento ottenuto in sede giudiziale.

Successivamente, Tizio aveva presentato domanda di attribuzione della pensione ai familiari superstiti all’Inps che non adottava alcun provvedimento, nemmeno a seguito del ricorso al Comitato provinciale.

Tizio agiva in giudizio sostenendo che il diniego della prestazione previdenziale costituiva discriminazione diretta o associata per genere e orientamento sessuale e chiedeva sia la disapplicazione della normativa italiana che, all’epoca, negava la pensione indiretta al superstite dello stesso genere e al figlio minore di coppia omogenitoriale, in caso di decesso dell’assicurato Inps, sia domanda autonoma di accertamento del diritto alla prestazione previdenziale e la condanna, in ogni caso, al pagamento dei ratei maturati. Ma il Tribunale escludeva il carattere discriminatorio del diniego.

La Corte territoriale ne affermava la fondatezza, rilevando in premessa che occorreva fornire della normativa nazionale “un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata” sulla base del principio secondo cui, ove vengano in rilievo diritti fondamentali, alla coppia omosessuale deve essere riconosciuto dal giudice comune, non soltanto dalla Corte costituzionale, un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. Legittima dunque, la richiesta di Tizio ad ottenere la pensione di reversibilità, in considerazione della natura e della ratio della prestazione previdenziale, anche alla luce della stabile relazione affettiva fra le parti antecedente al decesso comprovata dal matrimonio risalente al novembre 2013, seppure trascritto in Italia come unione civile solo successivamente all’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016.

Il chiarimento richiesto
Con l’ordinanza 21 agosto 2024 n. 22992, la Corte di Cassazione rimetteva alle Sezioni Unite la questione afferente al diritto alla pensione di reversibilità a favore del partner unito civilmente già convivente e del figlio della coppia omogenitoriale il cui status filiationis era stato riconosciuto all’estero, dato che siffatta questione, suscettibile di riproporsi in una pluralità di fattispecie, investe l’interpretazione del diritto vigente in ordine a punti di capitale importanza, che toccano la disciplina intertemporale dettata dalla legge 76/2016, i corollari delle pronunce rese dalla stessa Corte a sezioni Unite sulla tutela dei figli nati da maternità surrogata e la tutela antidiscriminatoria, nelle sue interrelazioni con l’attuazione della legge.

Le sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria del 15 luglio 2025 n. 19596 hanno ritenuto che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13 del regio decreto 14 aprile 1939 n. 636, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, nella parte in cui limita il diritto alla pensione di reversibilità al coniuge e non lo estende al superstite della coppia omoaffettiva che, al momento del decesso, aveva formalizzato all’estero l’unione e si era trovata nella giuridica impossibilità di ottenere in Italia il riconoscimento del vincolo.

Profili successori nelle unioni civili 
Il comma 20 dell’articolo 1 della legge 76/2016 - fatte salve le disposizioni del Codice civile non richiamate espressamente e quelle della legge sull’adozione (legge 4 maggio 1983 n. 184) – prevede che le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi”, “marito” e “moglie”, ovunque ricorrano nelle leggi, nei regolamenti, negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, trovino applicazione anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso.

La previsione della clausola di equivalenza del comma 20, chiave di volta della legge Cirinnà, esclude l’applicazione diretta delle norme del Codice civile non richiamate espressamente.
In tema di diritti successori, sono indicate solo tre disposizioni: il comma 5 sul matrimonio putativo, in particolare l’articolo 128 del Codice civile che estende al coniuge in buona fede gli effetti del matrimonio valido, compresi quelli successori; il comma 17 che riconosce anche alla parte dell’unione civile, in caso di morte del prestatore di lavoro, l’indennità di mancato preavviso in caso di recesso dal contratto di lavoro ex articolo 2118 del Codice civile e il trattamento di fine rapporto ex articolo 2120 del Codice civile. Non è richiamato l’articolo 2122 del Codice civile, sulle modalità di distribuzione delle indicate indennità tra i possibili aventi diritto e sulla nullità dei patti contrari, che comunque dovrebbe trovare applicazione.

Ne deriva che, in attuazione (articolo 1, comma 20, della legge 76/2016) prevista per le unioni civili, la parte superstite dell’unione civile tra persone dello stesso sesso può beneficiare del riconoscimento della pensione di reversibilità (se il de cuius all’atto della scomparsa era già titolare di trattamento pensionistico) o della pensione indiretta (se, invece, il de cuius al momento del decesso svolgeva ancora attività lavorativa e aveva raggiunto la soglia contributiva minima all’uopo richiesta).

Il comma 21 della norma in esame applica alla parte dell’unione civile molte norme del libro secondo del Cc, parificando la sua posizione successoria a quella del coniuge, con una tecnica assai discutibile, richiamando interi titoli e capi del libro secondo e includendo così anche disposizioni non applicabili all’unione civile, quali ad esempio, gli articoli 548 e 585 del Codice civile sul coniuge separato, perché l’istituto non conosce la separazione.

La circolare Inail 13 ottobre 2017 n. 45 estende alle unioni civili i benefici garantiti alle coppie coniugate. Infatti, l’articolo 1, comma 21, della legge 20 maggio 2016 n. 76 prevede che alla parte unita civilmente si applichino le norme del Codice civile sul diritto successorio riferite al coniuge; ne consegue, dunque, che l’unito civilmente ha diritto a qualunque prestazione economica Inail riconosciuta al coniuge iure hereditatis (per esempio, i ratei di rendita maturati ante mortem dall’assicurato e non riscossi dal medesimo).

La parificazione al coniuge opera anche in materia di successioni anomale mortis causa contenute in fonti normative extracodicistiche, le quali trovano applicazione, senza necessità di uno specifico richiamo, grazie alla previsione generale del comma 20 della norma. Al riguardo, si possono menzionare l’articolo 6 della legge 392/1978, sulla successione nel contratto di locazione in caso di morte del conduttore; il diritto alla pensione di reversibilità o alla pensione indiretta, secondo la normativa in vigore per il coniuge; le agevolazioni fiscali previste in materia successoria a favore del coniuge dal Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (Dlgs 31 ottobre 1990 n. 346) reintrodotto dal decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, convertito in legge 24 novembre 2006 n. 286; ancora, il diritto alla sepoltura nella tomba di famiglia dell’altro coniuge o nel luogo dove si trovano le spoglie del coniuge defunto (cosiddetto diritto di sepolcro secondario), salva diversa volontà manifestata in un atto mortis causa in relazione, sia ad altro luogo di sepoltura, sia al ricorso alla pratica della cremazione, sia all’affidamento dell’urna cineraria.

Le prestazioni economiche spettanti all’unito civilmente sono riconosciute a far data dall’entrata in vigore della legge 20 maggio 2016 n. 76.

Cosa succede allora del diritto alla reversibilità della prestazione pensionistica previste per i “superstiti” nel caso di morte di un lavoratore? A fronte del decesso di tale ultimo soggetto, si determina infatti per i familiari che gli sopravvivono l’improvviso venir meno di una fonte di reddito sulla quale gli stessi avevano potuto fare concreto affidamento fino a quel momento per le esigenze di vita: alla luce proprio di tali circostanze, il Legislatore è intervenuto a considerare la morte “quale evento protetto, cioè quale evento generatore di un bisogno che viene individuato come socialmente rilevante e al quale, dunque, provvedere con adeguate prestazioni” (Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2016, XIII edizione, pag. 626).

La decisione e i precedenti

La delicata questione relativa al diritto del coniuge superstite di una coppia omosessuale alla pensione di reversibilità, era stata già esclusa dai giudici di legittimità in un precedente nella vigenza della disciplina antecedente alla legge Cirinnà, stante il principio di irretroattività di cui all’articolo 11 delle preleggi (in questo senso, Cassazione Civile, sezione Lavoro, 14 settembre 2021 n. 24694) dal momento che “le esigenze solidaristiche devono pur sempre essere calibrate in sede legislativa e non già nel giudizio di legittimità costituzionale”.

In termini simili, un’altra decisione aveva affermato che dal riconoscimento del modello di unione tra persone dello stesso sesso, nell’ambito del Consiglio d’Europa non era possibile desumere la “necessità di riconoscere in via giurisprudenziale alle coppie omoaffettive, indipendentemente dall’intervento del legislatore, tutti i diritti anche patrimoniali e previdenziali riconosciuti alle coppie coniugate solo dal 2016, con l’effetto di annullare di fatto quel margine di discrezionalità che è, invece, riservato al legislatore anche nella scelta dei tempi e delle modalità con cui realizzare le istanze di tutela provenienti dalla società” (così Cassazione civile, Sezione I, sentenza 14 maggio 2018 n. 11696).

Rispetto a queste pronunce, la fattispecie in esame è diversa in quanto, nel caso in esame, viene in rilievo l’intangibilità dell’accertamento dello status filiationis e l’interesse del minore nella prospettiva della funzione solidaristica dei trattamenti di reversibilità, principio questo, già riconosciuto da tempo dalla Consulta (Corte costituzionale 28 luglio 1987 n. 286 e 14 luglio 2016 n. 174,), pertanto, il vincolo di solidarietà con il genitore non può venir meno dopo la morte di quest’ultimo. Tale profilo è evidenziato dall’ordinanza della Suprema Corte del 21 agosto 2024 n. 22992 che richiamando i principi espressi dalla sentenza della Corte costituzionale 12 febbraio 2024 n. 15, ha sottolineato anche gli aspetti riguardanti la discriminazione alla luce dell’articolo 28 del Dlgs 150/2011. Quest’ultima tutela il “diritto a non subire discriminazioni per tutte le volte che, in ragione di condotte, comportamenti o atti posti in essere da privati o dalla pubblica amministrazione, tale diritto venga leso”, fermo restando che ove “la discriminazione compiuta dalla pubblica amministrazione trovi origine nella Legge, in quanto è quest’ultima a imporre, senza alternative, quella specifica condotta, allora l’attività discriminatoria è ascrivibile alla pubblica amministrazione soltanto in via mediata”. In tal caso, la rimozione della norma di legge è “subordinata all’accoglimento da parte di questa Corte della questione di legittimità costituzionale sulla norma legislativa che il giudice ritenga essere causa della natura discriminatoria dell’atto regolamentare.”

Rilevanza della retroattività e rapporti con la normativa sovranazionaleUn aspetto cruciale da considerare è la potenziale conflittualità tra il principio di irretroattività della legge e la normativa sovranazionale, la quale riveste una posizione gerarchicamente superiore rispetto alla normativa ordinaria. In presenza di tali contrasti, la necessità di garantire la coerenza dell’ordinamento e la tutela di diritti riconosciuti su scala europea e internazionale, impongono di attribuire alle norme sovranazionali un ruolo preminente. Di conseguenza, il principio di irretroattività può subire deroghe laddove ciò sia necessario per evitare disarmonie tra le fonti e assicurare la protezione effettiva dei diritti fondamentali riconosciuti a livello superiore.

Se si guarda all’interesse del minore, questo è capace di tutelare diritti di rilievo costituzionale ed europeo, anche avuto riguardo al recepimento da parte della costituzione europea della Carta di Nizza, che vieta ogni discriminazione basata sulla nascita.

La possibilità di applicare retroattivamente una norma, anche in assenza di una previsione espressa da parte del Legislatore, può essere recuperata attraverso un approccio interpretativo che tenga conto delle fonti sovranazionali. In questo senso, l’adeguamento della lettura della disciplina vigente alla Cedu, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e ai principi costituzionali consente di attribuire efficacia giuridica anche a fatti precedenti al riconoscimento legislativo dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, qualora tali fatti abbiano prodotto effetti rilevanti anche dopo l’entrata in vigore della normativa.

L’orientamento interpretativo che valorizza la rilevanza di fatti anteriori al riconoscimento legislativo delle unioni civili permette di mantenere la coerenza dell’ordinamento e di assicurare la protezione effettiva dei diritti, soprattutto nei casi in cui tali situazioni continuano a produrre effetti dopo l’introduzione della legge. Tale lettura garantisce, inoltre, l’effettività della funzione solidaristica delle prestazioni previdenziali, in linea con i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale e sovranazionale.

Conclusioni
Nella materia successoria esiste un generale principio di irretroattività della legge, ma deve escludersi che esista un divieto di retroattività.

Da un lato, l’assenza di una regola che impedisce, come in ambito penale, la retroattività della legge successoria, e, dall’altro, l’esistenza di un principio generale di irretroattività delle norme successorie, risolve il tema della legge successoria nel tempo in questi termini: la retroattività è eccezionale e deve, dunque, avere un’idonea giustificazione.

Le ragioni che secondo la Corte Costituzionale giustificano una speciale retroattività della legge sono l’esigenza di tutelare principi, di rilievo costituzionale, sotto la condizione che ciò non importi o la lesione del legittimo affidamento sorto in capo ad alcuni soggetti, oppure la introduzione di ingiustificate disparità di trattamento.

Negare la rilevanza di fatti precedenti la costituzione dell’unione civile comporterebbe, una discriminazione fra coppie omosessuali e coppie eterosessuali.

Inoltre, anche a prescindere dalla problematica discriminatoria, nulla precluderebbe, in via interpretativa, di valutare i fatti precedenti l’entrata in vigore della legge 76/2016, considerando che il principio di non retroattività di cui all’articolo 11 delle preleggi non viene violato allorquando si tratta di valutare le situazioni o gli status successivi all’entrata in vigore di una legge, sia pure se conseguenti a un fatto a questa precedente: il principio della non retroattività delle leggi sancito dall’articolo 11 preleggi, costituisce una direttiva di carattere generale che, salvo il limite costituzionale dell’irretroattività delle norme penali e l’intangibilità dei diritti soggettivi garantiti dall’ordinamento costituzionale, è pienamente derogabile mediante altre norme ordinarie.

Ciò permette di mantenere la coerenza dell’ordinamento e di assicurare la protezione effettiva dei diritti, soprattutto nei casi in cui tali situazioni continuano a produrre effetti dopo l’introduzione della legge. Tale lettura garantisce, inoltre, l’effettività della funzione solidaristica delle prestazioni previdenziali, in linea con i principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale e sovranazionale.

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