Autovelox: nuovo portale pubblico, adempimenti e regole per Comuni e automobilisti
La validità delle sanzioni deriva dall’inserimento dell’apparecchio nel portale Mit dedicato, dal rispetto delle regole di posizionamento e delle verifiche periodiche, ma resta il nodo tra omologazione e approvazione prefettizia
Dal 12 giugno 2025 sono operative le nuove regole su posizionamento, segnaletica e distanze degli autovelox.
Da fine novembre 2025, inoltre, è online la lista nazionale dei dispositivi censiti dal Mit: solo quelli registrati possono generare sanzioni valide.
Restano tuttavia i nodi giuridici sull’“omologazione” rispetto all’“approvazione”, anche se il MIT in una recente missiva li ha equiparati.
Perché se ne parla “adesso”
La tematica degli autovelox si trova in una fase di notevole riordino normativo e amministrativo. Tramite il Dm 11 aprile 2024 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 maggio 2024) il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) ha fissato delle regole chiare su dove e come si possono posizionare i dispositivi, introducendo distanze minime, obblighi di segnaletica e una cornice di autorizzazioni prefettizie.
Era stato anche concesso un periodo di adeguamento, culminato nell’entrata a regime il 12 giugno 2025 per gran parte delle novità operative (postazioni con contestazione differita).
Più di recente, il Mit ha varato un censimento nazionale dei dispositivi, attivando una piattaforma telematica: entro 60 giorni gli enti dovevano registrare ogni autovelox con dati tecnici e amministrativi.
Dal 28 novembre 2025 è online la lista ufficiale “open data”: da quel momento i dispositivi non registrati espongono le sanzioni a elevata contestabilità, motivo per cui molti enti hanno scelto di disattivarli fino alla registrazione.
Presupposti giuridici: approvazione, omologazione e taratura
Il debate sui presupposti giuridici dei dispositivi di rilevamento della velocità verte su:
• approvazione vs omologazione (e perché contano entrambe): l’articolo 45, comma 6, del Codice della Strada, richiede che i dispositivi impiegati per l’accertamento dei limiti di velocità siano approvati o omologati dal Mit e sottoposti a verifiche periodiche.
Nella prassi, per anni è stata l’“approvazione” a sorreggere l’impiego di molti modelli; ma nel 2024 la Cassazione ha riaffermato la distinzione, valorizzando l’esigenza dell’omologazione quale requisito di piena legittimazione, con ricadute sui contenziosi. Anche se Avvocatura dello Stato e MIT (quest’ultimo in una missiva di fine novembre scorso) ne sostengono l’equivalenza. Ne è derivata una criticità strutturale: molti dispositivi in uso risultano solo approvati e non formalmente omologati (anche per carenze storiche di decreti tecnici), circostanza frequentemente invocata nei ricorsi. È un punto tuttora sensibile che può innescare l’annullamento delle sanzioni, soprattutto se combinato con altre irregolarità (segnaletica, distanze, autorizzazioni);
• obbligo di taratura: accanto al titolo abilitativo (approvazione/omologazione), la taratura periodica è un ulteriore cardine di validità: l’assenza o l’obsolescenza della verifica metrologica può attingere la prova della velocità e quindi la legittimità della sanzione.
Dove si possono installare: i tre presupposti e le autorizzazioni prefettizie
Il decreto del 2024, recepito nella prassi dal 2025, concentra l’uso degli autovelox solo su tratti motivati da sicurezza stradale. Al di fuori di autostrade e extraurbane principali, l’installazione è possibile solo su strade individuate dalla Prefettura, se ricorre almeno una di queste condizioni:
1) elevata incidentalità da velocità nel quinquennio precedente;
2) impossibilità o difficoltà di contestare immediatamente l’infrazione;
3) velocità media dei veicoli superiore ai limiti consentiti.
Questi criteri impongono un decreto prefettizio motivato, spesso con allegata istruttoria tecnica/statistica (sinistrosità, flussi, conformazione). In merito alle tipologie di strade e ai limiti minimi ammessi, il decreto evita l’uso di autovelox come “trappola”: ad esempio, su extraurbane l’autovelox è ammesso solo se il limite non è inferiore di oltre 20 km/h rispetto a quello tipologico previsto dal Codice (evitando abbassamenti “ad hoc” poco giustificabili).
Distanze minime e segnaletica, nuove misure anti-contestazione
Il decreto introduce distanze minime tanto tra dispositivi quanto tra cartello del limite e autovelox.
In sintesi:
• tra dispositivi: 4 km in autostrada; 3 km su extraurbane principali/secondarie; 1 km su extraurbane locali e strade urbane di scorrimento; 500 m su strade di quartiere/locali;
• segnale–autovelox: almeno 1 km su extraurbane; 200 m su urbane di scorrimento; 75 m sulle altre strade.
È obbligatoria un’adeguata segnalazione della postazione (fissa o mobile), così da rispettare il principio di trasparenza e la finalità deterrente.
Censimento nazionale: cos’è, come funziona e dove si consulta
Da fine settembre 2025 il Mit ha reso operativa la piattaforma per il censimento nazionale (DD n. 305/2025 e n. 367/2025): gli enti titolari dei dispositivi hanno 60 giorni per caricare schede con marca, modello, versione, matricola, posizione chilometrica, decreto MIT di approvazione/omologazione, direzione di marcia.
I dati sono pubblicati automaticamente e liberamente consultabili. Dal 28 novembre 2025, la lista nazionale risulta online all’indirizzo velox.mit.gov.it/dispositivi.
È un passaggio essenziale: gli apparecchi non registrati non dovrebbero essere impiegati, poiché la mancata iscrizione rende le sanzioni contestabili. Nei primi giorni, consultando la stessa piattaforma, risultavano censiti circa 3.625 dispositivi su un parco precedentemente stimato da fonti di settore in circa 11.000 dispositivi.
La procedura “tipo” per i Comuni, cosa fare (e cosa evitare)
1. Raccolta dati e analisi del tratto. Statistiche quinquennali di incidentalità (con focus sugli eccessi di velocità), flussi, geometria, criticità per la contestazione immediata. Prepara una relazione tecnica a supporto.
2. Istanza alla Prefettura. Richiesta di individuazione del tratto ammissibile, con allegati tecnici probatori e indicazione della tipologia di dispositivo (fisso, mobile, media).
3. Scelta del dispositivo e verifica titoli. Selezionare apparecchi approvati/omologati e pianificare le tarature periodiche; conservare decreti, libretti, certificati e verbali di verifica.
4. Progetto segnaletico e rispetto delle distanze. Inserire i cartelli di preavviso e limite rispettando le distanze minime; misurazioni georeferenziate e fotografie di cantiere per prova in giudizio.
5. Censimento sulla piattaforma Mit. Caricare i dati del dispositivo e mantenerli aggiornati (spostamenti, sostituzioni, disattivazioni). Senza censimento, l’utilizzo è illegittimo.
6. Monitoraggio e audit periodici. Programmare verifiche su taratura, segnaletica (rimozioni, vandalismi), distanze in caso di nuove opere; conservare tutto in un fascicolo di legittimità.
Tutele per gli automobilisti, verifiche rapide e ricorsi mirati
Verifica online: Chi riceve una multa può controllare in pochi secondi se il dispositivo è censito cercandolo su velox.mit.gov.it/dispositivi; in mancanza, la sanzione risulta contestabile perché l’apparecchio non doveva operare.
Domande chiave:
• esiste decreto prefettizio sul tratto?
• è rispettata la segnaletica e le distanze?
• l’apparecchio è omologato e tarato?
Gli strumenti di tutela sono tre: istanza in autotutela, ricorso al Prefetto, ricorso al Giudice di Pace. In tutte le ipotesi conviene allegare prove fotografiche del luogo, screenshot del portale Mit, estratti cartografici e, se possibile, documenti sulla taratura e sul decreto prefettizio.
Dati, trasparenza e numeri, cosa ci dice il censimento (e cosa no)
Il Mit ha pubblicato la prima mappatura nazionale effettiva degli autovelox. È una svolta in termini di trasparenza: chiunque può conoscere numero, modello, ubicazione e titolo del dispositivo. Tuttavia, la lista non risolve automaticamente la questione omologazione vs approvazione: molti apparecchi restano “coperti” da approvazioni e ciò può alimentare contenziosi fino a quando non verrà definita una disciplina tecnica di omologazione universalmente applicata. Sul piano quantitativo, i primi riscontri parlano di 3.625 dispositivi censiti, e non di 11.000: quelli non censiti sono spenti finché non registrati, con effetto a catena su entrate e copertura deterrente nei tratti critici.
Nodi aperti e prossimi passi
• Omologazione: finché resta l’ambiguità tra “approvazione” e “omologazione” (richiamata dalle pronunce del 2024), il rischio contenzioso resta elevato. Potrebbe servire un decreto tecnico che colmi definitivamente il gap normativo e definisca standard di prova più omogenei.
• Update continuo del portale: la lista Mit è dinamica e si aggiorna con nuove registrazioni, spostamenti, correzioni. Gli enti devono mantenere la compliance documentale e informativa; gli automobilisti devono verificare data e versione del dato consultato.
Conclusioni operative
Per i Comuni e gli enti stradali, la parola d’ordine è trasparenza documentata: istruttoria tecnica, decreto prefettizio, titolo del dispositivo (con tarature), segnaletica e distanze regolari, censimento tempestivo e manutenzione dei dati. Solo in tal modo la rilevazione della velocità raggiunge l’equilibrio tra deterrenza e legittimità, riducendo il contenzioso.
Per gli automobilisti c’è finalmente una leva informativa immediata: prima di pagare o impugnare, controllare il dispositivo su velox.mit.gov.it/dispositivi, verificare segnaletica/distanze sul posto e, ove necessario, chiedere la copia di omologazione e taratura.
In un sistema più trasparente, anche la fiducia nella funzione “salvavita” degli autovelox può crescere, a patto che le regole siano chiare e uguali per tutti.







