Il CommentoSocietà

“Impegni”, al via la nuova procedura di definizione negoziale dei procedimenti sanzionatori Consob

Operativo dal 27 marzo il nuovo strumento negoziale introdotto dalla Legge Capitali; nonostante i notevoli risvolti di interesse pratico sono rilevanti le problematiche interpretative e applicative

La L. 5 marzo 2024, n. 21, pubblicata in G.U. n. 60 del 12 marzo 2024, introduce un nuovo strumento per la risoluzione negoziale dei procedimenti sanzionatori di competenza della Consob. Questo strumento, denominato “ Impegni ”, è operativo dal 27 marzo 2024 e si inserisce nel Testo Unico della Finanza (TUF) con il nuovo art. 196-ter, suscitando, già ad una prima lettura, sia notevole interesse pratico, sia rilevanti problematiche interpretative e applicative.

L’istituto si ispira all’art. 14-ter della l. 287/1990, relativo alla normativa Antitrust: in sintesi, permette ai soggetti coinvolti in una procedura sanzionatoria Consob di proporre, entro 30 giorni dalla notifica della lettera di contestazione, l’assunzione di “impegni tali da far venir meno i profili di lesione degli interessi degli investitori e del mercato oggetto della contestazione”. Se la Consob ritiene tali “impegni” adeguati, li rende obbligatori, chiudendo così il procedimento senza accertare la violazione e senza possibilità di negoziare una sanzione. Detti “impegni”, quindi, potrebbero includere modifiche strutturali, organizzative o procedurali per correggere o prevenire future infrazioni, similmente a quanto avviene nel diritto antitrust, dove gli “impegni” sono vari ma ben definiti e non si limitano alla cessazione di comportamenti potenzialmente dannosi ma includono anche azioni positive future.

La Consob ha il compito di valutare la proposta di “impegni basandosi sulla gravità delle violazioni e sull’efficacia pratica degli “impegni” nel raggiungere l’obiettivo desiderato. L’Autorità ha anche il potere di consultare gli operatori di settore, rendere gli “impegniobbligatori e pubblicare gli “impegni” assunti.

L’efficacia degli “impegni” è subordinata a un controllo costante da parte della Consob, che deve assicurarsi che gli stessi siano rispettati. In caso contrario, l’autorità ha il potere di riattivare il procedimento sanzionatorio e aumentare la sanzione pecuniaria del 10%. La Consob ha la possibilità di riaprire il procedimento sanzionatorio anche se si verificano altre determinate condizioni, come cambiamenti significativi nella situazione di fatto, o decisioni basate su informazioni inesatte o fuorvianti. Ciò lascia un ampio margine valutativo e non garantisce la definitività degli accordi raggiunti con l’Autorità, mantenendo il soggetto proponente in uno stato di incertezza.

Aspetti interpretativi della nuova disciplina degli “impegni

Per la Consob, l’intervento normativo in esame ha un’utilità in chiave deflattiva del contenzioso. Inoltre, per banche ed intermediari finanziari, una soluzione negoziale offre il vantaggio di evitare le sanzioni e di avere un processo decisionale più rapido, con la possibilità di una minore pubblicità della decisione; permette altresì di mantenere un maggiore controllo sulle misure da implementare, suggerendo all’autorità azioni basate sulla propria esperienza e conoscenza del mercato, purché siano efficaci e preventive.

Un tema centrale riguarda però la pubblicità delle decisioni in merito agli “impegni”. Secondo la nuova disciplina, la Consob ha la facoltà di rendere obbligatori tali “impegni” e di pubblicarli. Tuttavia, la norma non specifica chiaramente se la pubblicazione sia un atto obbligatorio o se sia lasciata alla discrezione della Consob. La questione è di grande importanza per i soggetti vigilati, poiché la pubblicazione delle decisioni può avere impatti significativi sulla loro reputazione e sulle loro attività commerciali, potendo portare a conseguenze anche più gravi delle sanzioni pecuniarie, come la perdita di opportunità commerciali o azioni legali risarcitorie da parte degli investitori. Di conseguenza, l’obbligatorietà della pubblicazione potrebbe disincentivare l’uso degli “impegni”.

Inoltre, anche se l’articolo 196-ter del TUF stabilisce che l’accettazione degli “impegni” da parte della Consob chiude il procedimento “senza accertare la violazione, la pubblicazione della decisione potrebbe comunque essere interpretata dal mercato come un’ammissione di colpa o come un riconoscimento di una violazione. Pertanto, è auspicabile che la Consob pubblichi le sue decisioni con cautela per non ledere i diritti dei soggetti coinvolti e per non scoraggiare l’uso degli “impegni”, assicurandosi che la decisione pubblicata specifichi che la stessa non implica l’accertamento di alcuna violazione e/o responsabilità.

Ulteriore questione interpretativa riguarda poi le tempistiche per l’accesso agli “impegni”. Come si è detto, la norma stabilisce un termine di 30 giorni dalla ricezione della lettera di contestazione per la presentazione degli “impegni”. Questo lasso di tempo è molto breve per consentire al destinatario di compiere tutte le azioni necessarie, come valutare la contestazione, condurre indagini interne, decidere se accettare o resistere alla contestazione e proporre “impegni” adeguati. La difficoltà di rispettare tale termine è accentuata nel caso di soggetti esteri. Vi è poi una discrepanza con altre previsioni, come gli articoli 187-septies e 195 del TUF e il Regolamento Consob sul procedimento sanzionatorio, che concedono i medesimi 30 giorni per presentare deduzioni o richiedere un’audizione. Non è chiaro come queste disposizioni si concilino con l’obbligo di presentare “impegni” entro lo stesso termine e se sia possibile per il destinatario della contestazione perseguire entrambe le vie contemporaneamente.

Profili di rilevanza penalistica della nuova disciplina degli “impegni

Sotto un diverso punto di vista, il nuovo istituto negoziale degli “impegni” solleva anche questioni rilevanti in relazione alla sua interazione con il diritto penale, in particolare per quanto riguarda gli abusi di mercato e gli altri reati legati agli emittenti di strumenti finanziari, in cui tale interazione si manifesta maggiormente.

L’ampio ambito di applicazione di questo istituto potrebbe portare, ad esempio, a situazioni in cui un procedimento amministrativo avviato dalla Consob attraverso una contestazione di addebiti sfoci in un accordo negoziale anche in presenza di fatti che configurano violazioni di rilevanza penale, tale per cui, a fronte dell’autonomia tra procedimenti penali e amministrativi, un pubblico ministero potrebbe decidere di perseguire penalmente gli stessi fatti per i quali la Consob ha applicato l’istituto degli “impegni”. L’articolo 196-ter TUF non fornisce indicazioni o criteri normativi per regolare le situazioni di sovrapposizione tra i due procedimenti (penale e amministrativo), lasciando spazio all’interpretazione giurisprudenziale e generando complessità e incertezza per gli operatori del mercato.

Un primo aspetto che merita essere richiamato è quello relativo all’operatività del ne bis in idem . Il principio stabilisce che non si può essere puniti due volte per lo stesso fatto, e la giurisprudenza ha chiarito che non vi è violazione di tale principio quando i procedimenti penali e amministrativi presentano uno stretto legame temporale e materiale, come stabilito dalla nota sentenza A. e B. contro Norvegia della CEDU. Questo principio è stato applicato anche per gli illeciti finanziari del TUF, riconoscendo la legittimità di un sistema sanzionatorio a doppio binario che risponde a finalità sociali diverse e proporzionate al disvalore del fatto.

Sorgono però dubbi sull’applicabilità del ne bis in idem quando un procedimento amministrativo si conclude con l’applicazione di “impegni, che non costituiscono un accertamento di una violazione e sono sempre revocabili. Questo porta ad escludere uno dei presupposti per l’applicazione del divieto di bis in idem , ovvero l’esistenza di due procedimenti, di cui almeno uno concluso con una sentenza definitiva di condanna che comporta l’applicazione di una sanzione. Tuttavia, tale soluzione non appare completamente soddisfacente in termini di rispetto dei criteri di proporzionalità e complementarietà tra i procedimenti, laddove la posizione elaborata dalla giurisprudenza pone principalmente l’accento sull’adozione di un approccio integrato, che considera tutti i profili del doppio binario nell’ottica di assicurare piena tutela all’integrità dei mercati finanziari e alla fiducia degli investitori.

Pertanto, pur volendo ritenere non applicabile la disciplina del ne bis in idem in presenza degli “impegni”, potrebbe comunque essere coerente con i principi generali bilanciare la risposta sanzionatoria complessiva tenendo conto degli oneri derivanti dagli “impegni, che influenzano l’ambito economico e operativo del soggetto e hanno appunto lo scopo di riparare gli interessi lesi, a tutela del mercato.

Un’altra questione di estremo rilievo riguarda la gestione del rischio di sanzioni ai sensi del d.lgs. 231/2001. Sarebbe, infatti, auspicabile ed incentivante che gli “impegni” venissero presi in considerazione anche rispetto ai profili connessi alla responsabilità dell’ente ex d.lgs. 231/2001, attesa la natura rimediale e preventiva degli stessi. Sotto un altro aspetto, gli “impegni” potrebbero anche giustificare una riduzione delle sanzioni pecuniarie, ove connessi a profili organizzativi dell’ente, e agevolare così possibili soluzioni negoziali anche in ambito penalistico, ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

Per di più, come già accennato, la pubblicità degli “impegni” e la struttura del provvedimento potrebbero anche ingenerare un effetto quasi confessorio per l’ente coinvolto, specialmente se ci sono indagini penali parallele, scoraggiando l’adozione di tale soluzione. Inoltre, considerato che la Consob ha facoltà di esercitare l’azione civile nel procedimento penale per richiedere il risarcimento dei danni all’integrità del mercato causati da illeciti di abuso di mercato, andrebbe opportunamente considerato un meccanismo che tenga conto, in quest’ottica, del fatto che gli “impegni” hanno proprio lo scopo di riparare i danni agli interessi degli investitori e del mercato, e pertanto, anche in un’ottica incentivante, dovrebbero essere debitamente considerati nella valutazione sui danni rivendicabili dalla Consob in sede di eventuale costituzione di parte civile.

Infine, un ultimo aspetto degno di considerazione è legato alla già citata possibilità di riaprire il procedimento sanzionatorio se la decisione iniziale sia basata su informazioni incomplete, inesatte o fuorvianti fornite dalle parti. Non si può escludere, al riguardo, che tale situazione possa anche configurare, ove ne ricorrano tutte le condizioni, una ipotesi di ostacolo alle funzioni di vigilanza della Consob, punita dall’articolo 2638 c.c., o comunque determinare l’applicazione di nuove sanzioni amministrative ex art. 187-quinquiesdecies TUF.

In conclusione, l’art. 196-ter TUF non specifica sia molti dei profili sostanziali dell’istituto, incluso il rapporto con il potenziale procedimento penale per gli stessi fatti, sia quasi tutti gli aspetti procedurali, lasciati alla scrittura di un successivo provvedimento regolamentare della Consob stessa, vincolato al solo rispetto del diritto comunitario e alla garanzia del contraddittorio. Ciò solleva quindi diverse questioni interpretative di non poco momento, la cui efficace soluzione appare essenziale ai fini di garantire il successo del nuovo istituto e il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

______

*A cura degli Avv.ti Amilcare Sada - partner e Matteo Fanton - associate, Allen & Overy e Francesco Modugno, Studio Alleva