La consulenza tecnica psicologica nei giudizi di separazione e divorzio
Trova il proprio fondamento teorico e giuridico nella necessità per il giudice di garantire, da un lato, la salvaguardia dei diritti inviolabili del minore, sanciti dalla normativa nazionale e sovranazionale (quali la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, l'art. 8 Cedu, la Convenzione di Strasburgo del 1996 sull'esercizio dei diritti dei minori e le Linee Guida del 2010)
Nozione. La consulenza tecnica di tipo psicodiagnostico (o psicologico) rappresenta uno strumento endoprocessuale, il più delle volte indispensabile nei processi di separazione e divorzio, specie in quelli che vedono il coinvolgimento dei figli minori.
Essa trova il proprio fondamento teorico e giuridico nella necessità per il giudice di garantire, da un lato, la salvaguardia dei diritti inviolabili del minore, sanciti dalla normativa nazionale e sovranazionale (quali la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, l'art. 8 Cedu, la Convenzione di Strasburgo del 1996 sull'esercizio dei diritti dei minori e le Linee Guida del 2010) e la costante rispondenza dei provvedimenti addottati nel suo superiore interesse; dall'altro, di offrirgli i necessari elementi di valutazione in merito alla situazione psicofisica dei minori coinvolti, loro malgrado, nel conflitto familiare, alle personalità e competenza di ciascun genitore, alle relazioni tra i diversi membri del nucleo familiare, nonché alla capacità di ciascun genitore di garantire un proficuo e stabile percorso di crescita della prole, salvaguardando l'accesso all'altro genitore (cfr. ex multis F. TOMMASEO, Affidamento d'un minore, consulenza tecnica d'ufficio e ricorso in cassazione per vizi della motivazione, in Fam. e dir., 2013, 752 ss. e L. VOLPINI, Valutare le competenze genitoriali. Teorie e tecniche, Roma, 2017).
La consulenza dovrebbe, quindi, restituire questa "fotografia" alle parti e al giudice, il quale sarà chiamato ad effettuare ulteriori valutazioni su tutte le questioni correlate con il procedimento civile ed a prendere i più adeguati provvedimenti giudiziali circa il regime di affidamento e collocamento dei figli minori. Del resto, sotto quest'ultimo aspetto, è incontestabile che la consulenza sia chiamata a mettere in luce un quadro personologico e comportamentale non soltanto strutturato sulle pregresse ed attuali caratteristiche dei periziandi, ma anche ad indirizzare de futuro i provvedimenti del giudice volti all'adozione delle migliori soluzioni per il nucleo familiare.
Disciplina e funzione. Lo strumento in questione trova la sua disciplina processuale agli artt. 61-64, 191-197, 199-201 c.p.c. e 19-23 disp. attc. c.p.c., e condivide i tratti comuni del più generale istituto della consulenza tecnica, sua particolare species.
Rappresenta un mezzo istruttorio e non di prova in senso tecnico, volto ad assolvere una funzione di tipo integrativo, in ragione dell'assenza, da parte del giudice, delle conoscenze di tipo psicologico e medico, sempre più necessarie per decifrare, più in profondità, le radici del conflitto familiare ed individuare le soluzioni più opportune per la formazione dei nuovi assetti.
Con essa, pertanto, vengono introdotti nel procedimento la valutazione di fatti allegati e dimostrati dalle parti nell'ambito del processo (c.d. ctu deducente) ed acquisiti elementi che non ne facevano già parte (c.d. ctu percipiente) (in merito alla distinzione tra la funzione percipiente e quella deducente della consulenza cfr. B. CAVALLONE, Le iniziative probatorie del giudice: limiti e fondamento. Ispezione giudiziale e consulenza tecnica, ora in Il giudice e le prove nel processo civile, Padova, 1991 e F. AULETTA, Il procedimento di istruzione probatoria mediante consulente tecnico, Padova, 2002).
La consulenza psicodiagnostica presenta, inoltre, profili di complessità in quanto, in una cornice strettamente giuridica, si esplica con strumenti clinici e valutativi intervenendo in materie, come i diritti inviolabili delle persone nelle relazioni familiari, i cui contenuti emotivi possono condizionare, anche inconsapevolmente, i soggetti coinvolti (ctu, ctp, avvocati e giudice).
Tuttavia, le CTU in ambito familiare, seppur svolte da psicologi o da medici, non hanno una finalità sanitaria bensì giudiziaria: di conseguenza, l'unica attività che il professionista può svolgere è quella di rilevare e valutare i comportamenti posti in essere dall'uno e dall'altro genitore nei confronti dei figli, privilegiando il punto di vista di quest'ultimi.
In quest'ottica, centrale importanza rivestono i modi attraverso i quali viene svolta l'indagine peritale: essi, infatti, possono considerarsi nel loro complesso e, in via orientativa, strutturati sulle informazioni rese dai soggetti periziandi, attraverso colloqui, audizioni o test.
Il colloquio, però, rappresenta sicuramente lo strumento maggiormente utilizzato dai periti, specie laddove le consulenze abbiano per oggetto le modifiche della responsabilità genitoriale o dell'affidamento dei minori: la finalità, infatti, non è tanto quella di valutare le ragioni che hanno generato la crisi della coppia, quanto quella di indagare sulle caratteristiche personali e sulle dinamiche di coppia, che, spesso, caratterizzano anche la modalità della separazione psicologica tra le parti. Perciò, al fine di raggiungere tali obbiettivi, tutti gli elementi utili, quali i vissuti reciproci e quelli relativi allo stile genitoriale dell'altro, possono rivelarsi funzionali per meglio comprendere le dinamiche dei diversi protagonisti del nucleo familiare e fare una prognosi per la loro interazione futura come genitori (sul punto cfr. D. PAJARDI, Conflittualità dei genitori e affidamento della prole, in Patrizi (a cura di), Manuale di psicologia giuridica minorile, Roma, 2012).
Ne consegue, quindi, che il consulente dovrà fornire una descrizione quanto più possibile analitica dei profili valoriali e positivi di ciascun genitore e delle sue criticità psicologiche o psicofisiche, e far emergere tutti gli elementi più significativi per orientare il giudice nell'assunzione dei provvedimenti di affidamento, collocamento e determinazione dei tempi di permanenza dei minori presso ciascun genitore.
In questo senso la consulenza presenta una naturale valenza che, tuttavia, necessita di essere delimitata e contenuta entro lo stesso ambito oggettivo di riferimento al quale l'indagine è finalizzata. E in quest'ottica, quindi, tenuto conto di tutti gli aspetti sopra indicati, è quanto mai opportuno che le funzioni del consulente tecnico, al quale viene riconosciuta un'autonomia scientifica e professionale, siano maggiormente definite: particolare importanza assumerà, pertanto, la formulazione del quesito nel quale dovranno essere esplicitate e riassunte, in modo chiaro e completo, le modalità di svolgimento della consulenza e i relativi poteri spettanti al consulente, nonché gli aspetti meritevoli, secondo il giudice, di un approfondimento e di un reperimento di idonei elementi di valutazione di natura tecnico-scientifica per meglio orientare l'adozione dei suoi provvedimenti finali.
I protocolli. A tal fine, pertanto, sempre più frequente è la predisposizione di protocolli d'intesa da parte dei Tribunali per l'adozione di linee guida di carattere concettuale e metodologico per garantire la tutela dei minori, del loro benessere psicofisico e per dare piena attuazione al principio del contradditorio, il quale ricopre un ruolo primario ed ineludibile in ogni dimensione processuale (v. tra i tanti Protocollo d'intesa per l'adozione di linee guida in materia di consulenza tecnica nei procedimenti di diritto di famiglia (Verona) 3 dicembre 2018; Protocollo Ctu Torino, 2 ottobre 2019; Documento congiunto Tribunale di Roma I sezione civile e Ordine degli Psicologi del Lazio, 2020 e, più recentemente, Indicazioni operative per la CTU su famiglia e minori, Tribunale di Milano, 6 ottobre 2021).
a cura di Francesca Ferrandi*