Ammissibilità del trust autodestinato, i rilievi della giurisprudenza
Spesso confuso con il trust autodestinato, nel rapporto del trust autodichiarato vi è la coincidenza tra la figura del trustee e quella del Disponente; quest'ultimo - a parere della Corte - non deve essere l'unico beneficiario del trust
Come è noto l'Istituto del trust è stato introdotto in Italia dalla legge n.364 del 1989 e via via ha subito delle evoluzioni adattandosi in modo dinamico alle diverse esigenze per le quali di caso in caso viene istituito.
Invero sono venute a mano a mano ad affermarsi delle ipotesi di trust diverse da quelle che rappresenta lo schema originario del trust stesso che prevede la non coincidenza dei soggetti cardine dello strumento di cui si discute.
In effetti normalmente il Disponente affida la gestione del suo patrimonio, in toto o in parte, ad un trustee che è comunque altra persona che gode della sua fiducia affinché venga raggiunta una determinata finalità a favore di soggetti specificatamente individuati che sono i beneficiari finali.
Così, ad esempio, nel cosiddetto trust liquidatorio una società di capitali decide di conferire in trust le proprie attività affidandone la gestione ad un trustee perché vada a soddisfare le pretese dei soci e dei creditori.
Quindi normalmente Disponente, trustee e beneficiari sono soggetti diversi e distinti.
Tuttavia è stata elaborata la figura del cd. "trust autodichiarato" in cui la figura del Disponente e quella del trustee vanno a convergere.
Ciò si verifica spesso nella regolamentazione di rapporti familiari a seguito di una crisi che porta alla separazione dei coniugi per affrontare ed attutire le conseguenze della stessa nei confronti dei soggetti deboli rappresentati dalla prole.
Quindi i genitori, pur volendo creare l'effetto di segregazione tramite il trust per assicurare il soddisfacimento delle esigenze dei figli per la loro crescita ed educazione, tuttavia mantengono in proprio la gestione del patrimonio segregato fino a che la prole non abbia raggiunto una certa età.
Tale figura di trust talvolta viene confusa con quella del trust autodestinato .
Si tratta però di ipotesi diverse.
Invero, come si è visto, nel trust autodichiarato vi è la coincidenza tra la figura del Disponente e quella del trustee mentre nel trust autodestinato, il trustee è persona diversa ma è il beneficiario a coincidere con il Disponente.
La giurisprudenza si è interrogata sulla legittimità di tale ipotesi particolare di trust.
La problematica è stata esaminata per inciso nell'ambito di un profilo da un lato più ampio e, dall'altro, più specifico riguardante la tassazione dell'atto costitutivo del trust stesso.
La Suprema Corte, con la sentenza n.1131 del 2019 e n.19167 del 2019, ha affermato che "non si può trarre dallo scarno disposto del D.l. n.262/2006 art. 2, comma 47 (normativa che regola l'imposta di successione, quella relativa alle donazioni ed alla costituzione di vincoli di destinazione Ndr) il fondamento normativo di un'autonoma imposta intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità".
La Corte ha poi altresì precisato negli arresti ora citati che nell'ambito dei vincoli di destinazione devono essere ricondotti non solo gli atti di destinazione di cui all'art. 2645 per (a favore di persone con disabilità, Pubbliche Amministrazioni o altri enti o persone fisiche Ndr) ma qualunque fattispecie prevista dall'ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo così sancendo la legittimità del trust autodestinato.
L'unico limite è costituito dal fatto che il Disponente non deve essere l'unico beneficiario del trust. Anche questo principio si ricava in maniera implicita da una pronuncia della Suprema Corte in tema di regime fiscale della tassazione dell'atto costitutivo del trust.
Si tratta dell' Ordinanza n.10254/2020 emessa in data 29/05/2020 della V Sezione del Supremo Collegio che si è occupato del gravame proposto dall'Agenzia delle Entrate con riguardo alla costituzione di un trust che vedeva come beneficiari il Disponente e suo figlio.
La Corte, nel ribadire i principi poc'anzi espressi nelle precedenti decisioni adottate nel 2019 in ordine all'applicabilità delle imposte di cui all'art. 2 comma 47 D.l.262/2006 solo in caso di effettivo trasferimento di ricchezza e non con riguardo alla mera costituzione del trust ed al conseguente sorgere del vincolo di segregazione sul patrimonio conferito, nella motivazione ha affermato "La segregazione dei beni si verifica all'interno del patrimonio del disponente stesso, risultando quest'ultimo anche il beneficiario finale del trust al quale, solo eventualmente, può subentrare in caso di premorienza sul figlio, quest'ultimo, di talché solo in tale ultima ipotesi si assisterebbe a quel trasferimento di ricchezza che giustificherebbe l'imposizione tributaria.
In conclusione, risulta frutto di una errata interpretazione normativa l'opposto assunto della ricorrente secondo cui ciò che rileva ai fini fiscali è il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito essendo irrilevante l'arricchimento del destinatario del bene; assunto che oblitera completamente la circostanza che le imposte in esame trovano ragione in manifestazioni di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali che, per come riportato nello stesso ricorso, si sarebbero manifestate nel caso di specie solo in caso di premorienza del beneficiario-disponente".
Di talché l'ammissibilità del trust autodestinato in cui anche il Disponente può essere al tempo stesso beneficiario del trust, appare ormai stabilita dal Supremo Collegio.
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*A cura dell'avv. Marzia Baldassarre , Studio Legale Baldassarre - Partner 24 ORE Avvocati
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di Avv.Adriana Spagnuolo - Associate presso Studio Legale Proietti