Covid-19, col nuovo Dpcm tornano le vecchie sanzioni: multe da 400 a 3mila euro - Scatta il raddoppio in caso di recidiva
Le sanzioni sono individuate dal Dl 19/2020 che ha mutato la natura dell'illecito da penale ad amministrativo
Il Dpcm del 13 ottobre 2020 - in vigore dal 14 ottobre ed efficace per un mese (fino al 13 novembre) - è il primo che, dopo le riaperture della “fase 3”, ripropone in vista dell’autunno misure di contenimento dotate di una certa robustezza - ed invasività - che ambiscono a contenere la temuta “seconda ondata” del Coronavirus e piegare la risalita - costante ormai da dieci settimane - della curva dei contagi.
L’insieme dei divieti e obblighi enumerati dall’articolo 1 del nuovo Dpcm («Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale») - tra i quali spicca l’obbligo, anticipato col varo del Dl n. 125/2020, di avere sempre con sé la mascherina e di indossarla in tutti i luoghi chiusi (diverse dalle abitazioni private) e all’aperto (vedi «Emergenza Covid-19, nuova stretta del Governo: mascherina sempre con sè - Tutte le misure del Dl 125/2020») - riattualizza il tema delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle nuove misure di contrasto.
La legge-cornice e le nuove misure amministrative
Il provvedimento in commento è attuativo dell’articolo 1 del Dl n. 19/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 35/2020, già varato per governare la “fase 1” dell’emergenza sanitaria, proclamata inizialmente fino al 31 luglio scorso, poi prorogata fino al 15 ottobre e da ultimo, giusta delibera del consiglio dei ministri del 7 ottobre, fino al 31 gennaio 2021.
Per effetto del coevo differimento disposto dall’articolo 1, lettera a), del Dl n. 125/2020, l’insieme delle misure di contenimento enumerate dalla suddetta fonte primaria per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus, «su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso», saranno attuabili - in via amministrativa - fino al prossimo 31 gennaio 2021.
Dunque i precetti – cui corrispondono le correlate limitazioni a diritti e libertà fondamentali – sono sempre quelli elencati nell’articolo 1 del citato Dl n. 19/2020, cui l’ultimo “decreto-ponte” ha aggiunto l’inedita lettera hh-bis) recante l’«obbligo di avere sempre con sé dispositivi di protezione delle vie respiratorie, con possibilità di prevederne l'obbligatorietà dell’utilizzo nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, nonché delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, restando esclusi da detti obblighi:
1) i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva;
2) i bambini di età inferiore ai sei anni;
3) i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina, nonché coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilità».
Questa misura - ormai interiorizzata - come chiarito dalla circolare del ministero dell’interno del 10 ottobre scorso non vale solamente per coloro che «abbiano in corso l’attività sportiva [id est: jogging, footing] e non quella motoria, non esonerata, invece, dall’obbligo in questione» (altrimenti opinando sarebbe bastata la mera passeggiata per non indossare mai la mascherina).
Il quadro sanzionatorio
In esito agli eventuali controlli sulla corretta osservanza del quadro regolatorio statale, alla violazione dei precetti di legge - come attuati dall’odierno Dpcm - corrispondono le sanzioni individuate dall’articolo 4 del Dl 19/2020, il quale, come si ricorderà, nell’ambito di una scelta complessiva improntata alla massima valorizzazione della scalarità dell’offesa, ha mutato la natura giuridica dell’illecito di base: amministrativo e non più penale come nel primigenio regime di cui all’abrogato Dl n. 6/2020 (vedi A. Natalini, «In fuga dal virus: cosa rischia chi viola la “zona rossa”», in «Guida al diritto», 2020, n. 15, pagine 69 e seguenti).
«S alvo che il fatto costituisca reato», il mancato rispetto delle vigenti misure di contenimento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 400 a 3.000 euro e «non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità».
Rimprovero e giustificanti e concorso di persone
L’illecito amministrativo è rimproverabile sia a titolo doloso che colposo mentre l’errore incolpevole sul fatto (id est: l’inosservanza della misura) esclude la responsabilità (articolo 3, commi 1 e 2, della legge n. 689/1981).
La responsabilità è altresì esclusa se le misure o gli obblighi sono violati in stato di necessità, per legittima difesa, per adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima (articolo 4 della legge n. 689/1981).
È configurabile il concorso di persone nella commissione dell’illecito (si pensi alla partita di calcetto - sport senz’altro di «contatto» - disputata tra amici in violazione dell’articolo 1, lettera g, del Dpcm,) e ciascuno risponde della relativa sanzione (articolo 5 della legge n. 689/1981).
L’aggravante dell’uso del veicolo
Se il mancato rispetto delle misure di contenimento avviene mediante l’uso di un veicolo (anche non funzionale alla violazione) la pena pecuniaria è aumentata fino a un terzo, ma non è previsto il fermo amministrativo del mezzo.
Sanzioni accessorie
Nei casi di mancato rispetto delle misure di contenimento previste per pubblici esercizi o attività produttive o commerciali (vedi le lettere f, l, m, n, z, dd, ee, ff, gg dell’articolo 1 del Dpcm), si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.
Recidiva specifica
In caso di reiterata violazione della medesima disposizione si prevede il raddoppio della sanzione amministrativa pecuniaria (che passa, quindi, da 800 a 6.000 euro) nonché l’applicazione di quella accessoria nella misura massima (30 giorni di sospensione).
Competenza prefettizia
Le violazioni sono accertate secondo la disciplina generale della legge n. 689/1981 e sono irrogate dal Prefetto del luogo (autorità chiamata, altresì, ad assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento avvalendosi delle forze di polizia e, ove occorra, delle forze armate - nell’ambito dell’operazione “Strade sicure”, prorogata dal Dl n. 125/2020 - il cui personale assume la qualifica di agente di pubblica sicurezza).
L’opposizione innanzi all’Autorità giudiziaria
Il richiamo alla legge di depenalizzazione vale anche ai fini giurisdizionali: contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento irrogata dal Prefetto (o dalle Regioni, se fossero violate misure - più restrittive - regionali emesse ex articoli 3 del Dl 19/2020 e articolo 1, comma 16, del Dl 33/2020, convertito in legge n. 74/2020, come modificato dall’articolo 1, comma 2, del Dl 125/2020) è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla notifica, ai sensi dell’articolo 6 del Dlgs n. 150/2011 (cui fa rinvio l’articolo 22 della legge n. 689/1981). Il rito applicabile è (non quello ordinario ma) quello del lavoro.
La competenza è del Giudice di Pace, salvo i casi previsti dai commi 4 e 5 del citato l’articolo 6 del Dlgs n. 150/2011, che riserva la competenza del Tribunale, tra l’altro, nell’ipotesi in cui le violazioni siano accertate nel contesto della «a) tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro» (si pensi alla violazione delle misure previste per le attività produttive, industriali e commerciali di cui all’articolo 2 del Dpcm in commento ed ai relativi protocolli attuativi) o quando «c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima» (come quella della chiusura dell’attività: vedi sopra).
Resta ferma la possibilità di una difesa preventiva: l’articolo 18 della legge n. 689/1981 prevede che l’interessato possa sollecitare l’autorità amministrativa all’emissione di un’ordinanza di archiviazione, mediante l’invio di scritti difensivi ed eventuali allegazioni documentali, nel termine dei 30 giorni dalla contestazione, con possibilità di fare richiesta di audizione (non associata ad alcun obbligo di accoglimento).
Pagamento in misura ridotta
Il comma 3 dell’articolo 4 del Dl 19/2020, rinviando alla disciplina prevista dal codice della strada (articolo 202, commi 1, 2 e 2.1) prevede pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta: ferme, quindi, le eventuali sanzioni accessorie, entro 60 giorni dalla contestazione (o dalla notificazione) il trasgressore è ammesso al pagamento della sanzione pecuniaria nell’ammontare minimo di 400 euro; se, poi, effettua il pagamento entro i primi cinque giorni, l’entità della pena pecuniaria è ulteriormente ridotta del trenta per cento, per un ammontare, quindi, di 280 euro.