Lavoro

L’oblio oncologico e il divieto indagini preassuntive

Più privacy se non contrasta con la concreta attitudine allo svolgimento dell’attività lavorativa

immagine non disponibile

di Daria Proietti

Il dibattuto tema relativo all’oblio oncologico viene ancora una volta a confrontarsi con altre normative che riguardano la vita dei consociati, tra cui lo Statuto dei lavoratori (L.300/1970 e ss. mm. ii.), in particolare all’art. 8 laddove si vieta al datore di lavoro di “ effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”.

E’ chiaro che il quadro normativo tracciato nello Statuto dei Lavoratori, così come modificato ed integrato (da ultimo v. L. n.238 del 23.12.2021) sia basato sul postulato tracciato dagli art. 1 e 4 della Costituzione italiana secondo cui la Repubblica è fondata sul lavoro e lo “riconosce” come diritto connaturato all’essere cittadino. A ciò ambiva – ed ambisce – lo Statuto quando delimita lo spazio di scelta datoriale nell’indagare su fatti, circostanze e dati non pertinenti rispetto all’attività che dovrà essere compiuta dal lavoratore.

Quid iuris laddove in sede di colloquio o durante l’espletamento di una selezione venissero richieste informazione sul proprio stato pregresso di salute? Qui entra in gioco la normativa sull’oblio oncologico (L.193 del 2023) in materia di disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e a tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche.

Solo per tuziorismo si rappresenta quanto ampiamente noto (e già affrontato) circa i caratteri distintivi del c.d. diritto all’oblio oncologico, poiché esso altro non rappresenta che un aspetto particolare del più generale diritto all’oblio.

I riferimenti normativi posti a fondamento del primo, quindi, sono i medesimi del secondo e sono rappresentati, in particolare, dagli artt. 2, Cost., 8, 9 CEDU, 7,8 CDFUE, 16 TFUE, 17 GDPR. Questi ultimi, tuttavia, in relazione al diritto al c.d. oblio oncologico, risultano integrati da parametri ulteriori e diversi.

Il “ diritto ad essere medicalmente dimenticati ”, infatti, ha un ancoraggio anche nelle garanzie poste a tutela dell’eguaglianza, della salute e dei consumatori (artt. 3, 32 Cost.; artt. 21, 35 e 38 CDFUE) essendo esso diretto, principalmente, a evitare che le persone guarite da una patologia oncologica corrano il forte rischio di essere penalizzate nell’accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi ovvero nelle procedure d’adozione, ma anche nell’inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro.

La ratio contenutistica emerge chiaramente dall’analisi della disciplina introdotta con la l. 7 dicembre 2023, n. 193. L’art. 1, co. 2, infatti, definisce il diritto all’oblio c.d. oncologico come il diritto “delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica, nei casi di cui alla presente legge”.

Gli articoli successivi, poi, affermano che il presupposto fondamentale del riconoscimento del diritto in esame è che siano trascorsi (almeno) dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute, ridotti a cinque anni nel caso in cui la malattia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.

IN FASE DI PREASSUNZIONE QUALE DIRITTO PREVALE?

Ebbene, in fase di preassunzione diventa determinante poter valutare quale diritto prevalga, se quello del datore ad indagare e fino a che punto, o quello del soggetto interessato al posto di lavoro a mantenere riservato il proprio passato in un’ottica di “riavviamento” specie se guarito.

Se infatti il diritto alla privacy storica, cioè il diritto all’oblio, assume “un carattere di pervasività dell’intero ordinamento, non limitato solo al campo della cronaca, ma esteso a qualsiasi settore in cui l’identità personale e il trattamento dei dati risalenti nel tempo si fondono in un’unica situazione giuridica soggettiva” è oltremodo vero che tale diritto si manifesta ancora di più in ambito lavoristico e ciò in virtù degli stessi principi costituzionali richiamati (cfr. “Brevi note in tema di diritto ad essere “medicalmente” dimenticato: il caso del diritto all’oblio oncologico”, Massimiliano Mezzanotte, in Consulta online, 2023 Fascicolo II; v. anche “In arrivo anche in Italia una legge sul diritto all’oblio oncologico”, Mirko Faccioli, in Giustizia Insieme, 7.7.2023).

In materia lavoristica la disciplina relativa al trattamento dei dati personali è affrontata dagli art. 5 e 6 dello Statuto dei lavoratori che definiscono e stabiliscono un sistema di garanzie rispetto al trattamento di informazioni relative allo stato di salute del dipendente, ammettendo il trattamento di dati sanitari soltanto per specifiche e circoscritte finalità e con il rispetto di stringenti requisiti anche sotto il profilo procedurale, proprio al fine di tutelare al massimo la riservatezza del lavoratore guarito e il diritto di questi a non dichiarare il proprio pregresso oncologico (cfr. “Oblio oncologico sul lavoro. Costantino: si prospetta finalmente l’eliminazione dello stigma”,in www.quotidianosanita.it, 14.9.2023).

A norma dell’art. 5 in materia di accertamenti sanitarisono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente” e ciò è tanto vero che il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda.

Ad oggi la Legge n. 193/2023 si pone su quello stesso solco stabilendo all’art. 4 norme relative all’accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale; le disposizioni in oggetto chiaramente prevedono che ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è fatto divieto di richiedere informazioni relative allo stato di salute dei candidati medesimi concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.

A tale periodo la norma aggiunge la necessità di adozione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge - sentite le organizzazioni di pazienti oncologici iscritte nella sezione Reti associative del Registro unico nazionale del Terzo settore - di specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi.

E’ importante anche il passaggio dall’enunciazione di esordio della norma (comma 1) all’attuazione concreta delle intenzioni da essa espresse (comma 2), il che avviene all’insegna del rispetto del principio di uguaglianza formale e sostanziale contenuto nell’art. 3 Cost., ciò anche in ragione della necessità di contrastare il c.d. mobbing strategico, costituito da condotte di discriminazione indiretta mediante demansionamenti progressivi, esclusione da procedure di selezione, promozioni negate.

Solo per rammentare che il calendario della legge 193/2023 prevedeva, almeno in origine, tre fasi di attuazione di cui la prima entro il 2.3.2024 con decreto del Ministero della Salute mediante cui disciplinare le modalità e le forme per la certificazione della guarigione; con un altro decreto del Ministero della Salute da emettersi entro il 2.4.2024 era prevista la definizione di una serie di patologie oncologiche per cui i pazienti si potevano considerare guariti in un lasso temporale inferiore rispetto a quello previsto in generale dalla legge; con un ulteriore decreto da emettersi entro il 2.7.2024, a firma del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero della Salute e sentite le organizzazioni di pazienti oncologici, andranno stabilite e promosse le politiche attive per assicurare ai cancer surivivors uguali opportunità in ambito lavorativo (cfr. Il Sole 24 Ore,“Tumori, scatta il diritto all’oblio per un milione di guariti”, di Valentina Maglione, 4.3.2024).

POSSIBILI SCENARI E SOLUZIONI

Ad oggi appare di tangibile evidenza che a fronte della necessità del datore di valutare l’eventuale risorgenza di problematiche legate ai pregressi oncologici, prevalga il diritto al reinserimento e alla parità di trattamento in fase di selezione e di preassunzione, anche perché il rischio di condotta discriminatoria datoriale, soprattutto a seguito della guarigione e del desiderio e diritto da parte del lavoratore di riaffacciarsi in azienda, è molto elevato.

Tale assunto però, se da un lato è certo, va comunque modulato con un’ulteriore osservazione che rende realizzabile il c.d. bilanciamento di interessi e cioè - sebbene si possano presentare in astratto problemi che rendano incompatibile il lavoratore con lo svolgimento di alcune mansioni - in concreto c’è da osservare che la normativa tutela anche il datore da possibili assunzioni “alla cieca, poiché il divieto di chiedere informazioni vale per patologie pregresse e il cui trattamento si sia concluso senza recidiva da più di dieci anni o al massimo cinque se si tratta di soggetti giovani entro il ventesimo anno di età.

Solo tra qualche anno sarà possibile conoscere gli esiti dell’applicazione in concreto della legge e la sua effettiva realizzazione ed eventualmente valutare la sua impronta all’insegna del rispetto del principio di uguaglianza e di non discriminazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©