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L’ordine europeo d’indagine non garantisce ex ante il rispetto delle leggi interne sulla prova

All’indagato va garantita la possibilità di fare ricorso per verificare se i dati trasmessi da altro Stato Ue rispettino le norme applicabili ai processi di rilievo puramente nazionale nello Stato richiedente

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In prima battuta nulla osta a che una Procura nazionale possa richiedere - tramite un ordine europeo di indagine - la trasmissione di prove raccolte in altro Stato membro, a prescindere se tale raccolta abbia rispettato o meno le leggi del Paese Ue di emissione dell’Oei. Ma ciò impone che tale controllo di legalità avvenga successivamente. Così la sentenza della Corte Ue sulla causa C-670/22 in merito a una vicenda di procedimento penale transfrontaliero sottoposta alla sua attenzione tramite rinvio pregiudiziale di un giudice tedesco.

Al centro della vicenda vi è la richiesta di trasmissione tramite ordine europeo d’indagine di dati decriptati raccolti in EncroChat, una rete di comunicazione per telefoni cellulari creata da un’organizzazione criminale europea per comunicare su chat crittografate. Nel caso sosttoposto alla Cgue il reato transfrontaliero perseguito era quello del traffico illecito di stupefacenti.

Le indicazioni della Cgue
Secondo la decisione della Cgue un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già raccolte da un altro Stato membro può, a determinate condizioni, essere adottato da un pubblico ministero. E sottolinea la decisione che all’atto dell’emissione dell’Oei non è richiesto che sia verificato il rispetto delle condizioni imposte nella raccolta di prove nello Stato di emissione. Deve però essere garantita la possibilità di un successivo controllo giurisdizionale mirato a verificare il rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate dalle prove trasmesse.

Intercettazioni
Una misura di intercettazione eseguita da uno Stato membro sul territorio di un altro impone che essa vada tempestivamente notificata a tale ultimo Stato. Il giudice penale deve, a determinate condizioni, escludere gli elementi di prova raccolti se la persona interessata non è in grado di svolgere le proprie osservazioni su di essi.

La vicenda
La polizia francese è riuscita, con l’ausilio di esperti dei Paesi Bassi e l’autorizzazione di un tribunale francese, a infiltrarsi nel servizio di telecomunicazioni cifrate EncroChat. L’app risultava utilizzata su scala mondiale, mediante telefoni cellulari criptati, a scopi di traffico illecito di stupefacenti. E attraverso un server di Europol, l’Ufficio federale di polizia criminale tedesco poteva consultare i dati così intercettati, che riguardavano gli utenti di EncroChat in Germania. A seguito di ordini europei di indagine emessi dalla Procura tedesca, il tribunale francese aveva autorizzato la trasmissione dei dati e il loro utilizzo nell’ambito di procedimenti penali in Germania.

Il rinvio pregiudiziale la risposta della Cgue
Il tribunale del Land Berlino, investito del procedimento, ha chiesto alla Cgue di rispondere sulla legittimità o meno di tali ordini europei di indagine in base alla drettiva che li ha previsti e disciplinati.
La Corte ha risposto che un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione non deve essere adottato necessariamente da un giudice. Esso può venire adottato da un pubblico ministero se quest’ultimo è competente, in un caso puramente nazionale, ad ordinare la trasmissione di prove già raccolte. L’emissione di un tale ordine di indagine è soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicabili alla trasmissione di prove simili in una situazione puramente nazionale. Ma non è imposto che la richiesta debab rispettare le stesse condizioni sostanziali applicabili alla raccolta di prove nello Stato di emissione.

La circostanza che, nel caso sottoposto alla Cgue, le autorità francesi abbiano raccolto le prove in Germania e nell’interesse delle autorità tedesche loro omologhe è, al riguardo, in linea di principio irrilevante. Per contro, un organo giurisdizionale investito di un ricorso contro tale ordine di indagine dovrà poter controllare il rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate. La Corte precisa, inoltre, che una misura connessa all’infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all’ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, deve essere notificata allo Stato membro nel quale si trova la persona intercettata, come in questo caso era la Germania. L’autorità competente di detto Stato membro ha allora la facoltà di segnalare che tale intercettazione di telecomunicazioni non può essere effettuata o che si deve porre fine alla medesima qualora essa non possa essere autorizzata in un caso interno analogo. Tali obblighi e tali facoltà mirano non soltanto a garantire il rispetto della sovranità dello Stato membro notificato, ma anche a tutelare i diritti delle persone interessate.
In conclusione, nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, il giudice penale deve escludere gli elementi di prova se la persona interessata non è in grado di svolgere le proprie osservazioni su di essi e questi ultimi siano idonei a influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti.

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