Flagranza: bastano gli elementi che provano il reato e la certezza di attribuirlo a una persona
Ai fini dell'arresto, la flagranza è caratterizzata dalla contestualità tra il reato e l'accertamento di polizia, nel senso che la percezione del reato - da parte di chi procede all'arresto - deve essere diretta e non mediata da terze persone (neppure da parte della vittima). La percezione è diretta, però, secondo la sentenza 7913/2019 della Cassazione, anche quando è desunta da fatti obiettivi, quali sono il possesso - da parte del reo - di "cose" che colleghino il soggetto al reato, ovvero quando vi siano "tracce" che consentano di stabilire lo stesso collegamento. Per l'effetto, per potersi parlare di flagranza, è sufficiente che siano desumibili, dal contesto, elementi che provino, inequivocabilmente, la commissione di un reato (per il quale è consentito l'arresto in flagranza) e di attribuirlo con certezza ad un soggetto determinato (fattispecie in cui la Corte, accogliendo il ricorso del procuratore della Repubblica, ha ritenuto che fosse stato eseguito correttamente l'arresto, in quanto le forze dell'ordine, intervenute tempestivamente una volta allertate, avevano rinvenuto il soggetto autore del reato ancora sul luogo del fatto, dove era stato sorpreso dalla persona offesa nell'atto di rovistare all'interno dello zaino sito nell'auto di quest'ultimo, per impossessarsi del portafoglio, intento effettivamente conseguito: proprio le circostanze della presenza in loco dell'autore del furto, del suo stato di agitazione e della disponibilità del portafoglio, già recuperato dalla vittima, costituivano elementi probanti del nesso tra il reato e il suo autore, su cui si fonda la flagranza).
La Cassazione, nell'accogliere il ricorso del pubblico ministero, avverso il provvedimento con cui il giudice non aveva convalidato l'arresto assumendo erroneamente l'assenza della flagranza, ha colto l'occasione per precisare la nozione della "flagranza" ( rectius, della "quasi flagranza") allorquando questa si sia sostanziata nel rinvenimento di cose o tracce del reato commesso immediatamente prima. La giurisprudenza è, per vero, assolutamente consolidata, nel senso che, anche alla luce delle puntualizzazioni fornite dalle sezioni Unite (sentenza 24 novembre 2015, Ventrice), la "quasi flagranza" legittimante l'arresto da parte della polizia giudiziaria è configurabile tutte le volte in cui sia possibile stabilire un particolare "nesso" tra il soggetto e il reato che consenta di ricondurre al primo la commissione dell'illecito, anche allorquando questi non sia colto nell'atto di commetterlo.
Tale condizione si può configurare - alla luce dell'indicazione normativa dell'articolo 382 del codice di procedura penale, secondo cui «è in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima» - nel caso in cui l'arresto avvenga in esito a inseguimento, ancorché protratto ma effettuato senza perdere il contatto percettivo anche indiretto con il fuggitivo, ovvero nel caso di rinvenimento sulla persona dell'arrestato di cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (cfr. sezione IV, 26 ottobre 2017, Pm in proc. Kukiqi e altro; cfr. anche sezione IV, 14 dicembre 2018, Proc. Rep. Tribunale di Bologna in proc. Capitale, laddove, in particolare, la Cassazione ha ritenuto che fosse stato eseguito correttamente l'arresto, nella quasi flagranza, in quanto le forze dell'ordine, intervenute tempestivamente una volta allertate, avevano rinvenuto il soggetto autore del reato ancora sul luogo, rappresentando questa stessa presenza una "traccia" del reato, rimasto peraltro nell'ipotesi di un tentativo, commesso immediatamente prima).
Cassazione – Sezione V penale – Sentenza 21 febbraio 2019 n. 7913