Civile

Banche, va dimostrata la responsabilità del direttore generale per le irregolarità precedenti

Francesco Machina Grifeo

Il direttore generale di una banca non risponde delle irregolarità precedenti la sua nomina a meno che non vengano individuate specifiche condotte, o anche omissioni, a lui riconducibili. Tantomeno, può addebitarglisi la responsabilità di non aver cambiato le procedure aziendali nei soli sei mesi di durata della sua carica. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenze nn. 24081 e 24082 di oggi, in relazione al collocamento sul mercato, in patente conflitto di interessi, del titolo "Casaforte" da parte di Monte dei Paschi di Siena. La Suprema corte peraltro ha confermato la responsabilità solidale della banca a pagare quasi 2,4 mln di euro di sanzioni comminate dalla Consob a Giuseppe Mussari ed altri 30 esponenti di vertici dell'istituto. Ne esce dunque soltanto Fabrizio Viola (sanzionato con 7.500 euro) perché la sua nomina a direttore generale, nel gennaio 2012 (successivamente diventa anche a.d. dell'istituto), era avvenuta ormai a cose fatte. La data del 30 ottobre 2012 indicata dalla Corte di appello di Firenze come termine delle violazioni per dedurne la responsabilità del d.g., coincide infatti col termine delle ispezioni, relative però a condotte pregresse.

Secondo la Cassazione dunque «le condotte contestate si riferivano tutte a periodi antecedenti l'assunzione della carica di direttore generale», mentre «non può condividersi l'interpretazione della Corte di appello di Firenze secondo la quale decorsi sei mesi dall'assunzione della carica, senza l'adozione da parte della banca di nuove procedure, questi aveva realizzato per ciò solo, una condotta omissiva mediante una sorte di automatica prosecuzione dell'illecito». È invece «necessario un riferimento specifico che individualizzi le sue responsabilità in relazione alla condotta omissiva, non potendo la stessa, da un lato, coincidere con quella del precedente direttore generale e, dall'altro, basarsi esclusivamente sul lasso temporale intercorso dall'assunzione della carica medesima».

In conclusione, la responsabilità andava «personalizzata mediante l'individuazione di specifiche condotte, anche omissive, a lui addebitabili, non potendo: 1) la contestazione coincidere con quella effettuata nei confronti di coloro che lo avevano preceduto; 2) l'accertamento dell'elemento oggettivo e soggettivo dell'illecito fondarsi esclusivamente sul superamento dei sei mesi di assunzione della carica».

Corte di cassazione - Sentenze 26 settembre 2019 n. 24081

Corte di cassazione - Sentenze 26 settembre 2019 n. 24082

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