Civile

Codice della crisi, direttiva Insolvency più flessibile sulle procedure di allerta

di Claudio Ceradini

Criteri di accesso alla gestione precoce della crisi e agilità e incisività dei piani di ristrutturazione sono fra gli aspetti in cui il Codice della crisi e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019) appare più lontano dalle indicazioni comunitarie (direttiva Ue 2019/1023). Le misure protettive italiane appaiono invece, anche dal confronto con quanto accade in Europa, decisamente efficaci, sia per ampiezza che per durata. Un’occasione di avvicinamento alla norme europee sarà il decreto correttivo del codice che, secondo le ultime indicazioni, sarà chiamato a un intervento ampio. Allora è utile un confronto, almeno su alcuni aspetti, tra la disciplina del nuovo Codice, le indicazioni comunitarie e le soluzioni adottate sino a ora altrove in Europa.

Criteri di accesso

Uno degli aspetti più delicati è l’innesco degli strumenti di gestione precoce della crisi, quando la tensione finanziaria prelude all’insolvenza, e un intervento tempestivo può meglio scongiurarla. I due criteri comunitari più utilizzati sono il test di bilancio e il flusso di cassa.

Il primo evidenzia lo stato di eccessivo indebitamento, quando le passività superano il valore delle attività. Il secondo segnala l’incapacità prospettica di onorare i debiti alle relative scadenze.

In Italia il Codice della crisi tenta un approccio unico nel panorama, prevedendo all’articolo 13 l’individuazione di indici che unitariamente, con cadenza triennale e per tipologia di attività economica, segnalino l’insorgenza della crisi, e quindi della probabilità di insolvenza. Pragmatico e condivisibile l’approccio del Consiglio nazionale dei commercialisti che all’utilizzo segnaletico dei cinque indici prescelti antepone, in sintonia con le indicazioni e le prassi comunitarie, la verifica di sussistenza di un patrimonio netto positivo e di eccedenza del flusso di cassa prevedibile rispetto ai debiti in scadenza per i sei mesi successivi.

Misure protettive

La soluzione alla crisi, per quanto tempestiva, deve godere di un periodo di protezione dalle azioni esecutive individuali dei creditori, per evitare che il patrimonio del debitore, unitariamente funzionale all’esercizio dell’attività, ne sia inciso. L’ombrello protettivo consente di individuare le misure di risanamento e definire gli accordi relativi, nel presupposto che la soluzione della crisi, molto più della liquidazione del patrimonio, tuteli gli interessi dei creditori oltre che del debitore. La United Nations Commission on International Trade Law (Uncitral) sin dal 2004 si è espresso in questo senso (Legislative Guide on Insolvency Law, parte seconda, paragrafo II, sezione B), così come la Ue, con la raccomandazione 135/2014 (paragrafi 10-14) e la direttiva 2019/1023 (articoli 6 e 7).

L’applicazione negli stati membri del principio è ancora molto variegata, per ampiezza della protezione e automatismo degli effetti. In Francia la protezione dipende dallo strumento utilizzato, è automatica per le procedure di sauvegarde ma non nel mandato ad hoc o nella conciliation, in cui dipende dal provvedimento del tribunale.

Nel Regno Unito la protezione è prevista per le piccole imprese che predispongano un company voluntary agreement, e per un periodo limitato, ma non nel caso di adozione dello scheme of arrangement, in realtà molto diffuso.

L’Italia concede automaticamente, al deposito del ricorso prenotativo del concordato o nelle trattative per la definizione di un accordo di ristrutturazione del debito, una protezione estesa a tutti i creditori. Il nuovo Codice della crisi allarga anche alla composizione assistita le misure protettive, forse superando addirittura, per ampiezza, le indicazioni comunitarie, che la prevedono per i quadri di ristrutturazione, ma non per le allerte.

Non aderenti e omologa

È uno degli aspetti più insidiosi per il debitore che voglia trovare un accordo con i creditori. L’obbligo di pagamento integrale dei dissenzienti consente atteggiamenti strumentali e comporta spesso un fabbisogno eccedente la capacità finanziaria del debitore in difficoltà. Il nuovo Codice della crisi risolve inserendo la possibilità di estendere obbligatoriamente l'efficacia dell'accordo omologato, se in continuità ed approvato con maggioranze rafforzate, a tutti i creditori non aderenti (articolo 61). La direttiva Ue 2019/1023 prevede invece il best interest test, cosicchè l’accordo obbliga il creditore dissenziente purché sia soddisfatto in misura maggiore rispetto a quanto otterrebbe dalla liquidazione del patrimonio del debitore. Introduce inoltre la possibilità che accordi non estendibili ai dissenzienti e che non prevedano nuovi finanziamenti o riduzioni occupazionali superiori al 25% possano essere finalizzati senza l’omologa, con conseguente maggiore agilità.

Il confronto con la direttiva Insolvency e le regolamentazioni dei principali Paesi europei

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