Civile

Assegno di fine mandato dei senatori, alle Unite la tassabilità

di Patrizia Maciocchi

Saranno le Sezioni unite a dire se i senatori devono pagare l’Irpef sull’assegno di fine mandato.

La Cassazione (ordinanza interlocutoria 32571) ha affidato, previo parere del primo presidente Giovanni Mammone, al supremo consesso il compito di chiarire la natura del contributo di solidarietà.

Se sia da considerare un reddito e dunque tassabile, o una somma capitale, analoga a quanto corrisposto da un’eventuale assicurazione e quindi al riparo dall’imposta.

I magistrati della Sezione tributaria hanno deciso di chiedere lumi su un contenzioso che da circa 30 anni vede gli eredi di un senatore combattere contro l’agenzia delle Entrate.

Per la Cassazione la scelta è giustificata alla luce della «novità della questione proposta, in ordine alla quale non si registrano precedenti specifici di legittimità, e dell’elevato rilievo anche sistematico della decisione che occorre adottare, valutato che occorre decidere in ordine a una questione di massima di particolare importanza».

A far scattare i ricorsi dei familiari del senatore, la ritenuta alla fonte da parte dell’amministrazione di palazzo Madama di circa 34 milioni e mezzo delle vecchie lire per l’ Irpef.

Una “decurtazione” illegittima, a loro avviso, perché fatta su un fondo costituito con il contributo dei senatori al 100 per cento.

La tesi, condivisa dalla commissione tributaria di primo grado è stata disattesa in secondo grado.

Nella querelle infinita la commissione tributaria centrale, Sezione di Roma, aveva assegnato al Senato 90 giorni per fornire un parere sul punto. E il verdetto era arrivato: il contributo di solidarietà - che diventa assegno di solidarietà quando viene erogato al senatore a vita in caso di mancata rielezione - non può essere assimilato né al trattamento di fine rapporto né all’indennità di buonuscita.

Conclusione che ha indotta la Ctc ad affermare che la tassazione era corretta. Da qui si arriva alla Cassazione che chiama in causa le Sezioni unite.

La Sezione remittente dà conto del punto di vista delle ricorrenti, secondo le quali le somme hanno natura indennitarie e sono del tutto assimilabili a un Tfr, ragione per cui sarebbe applicabile il principio sancito dalla Consulta (sentenza 178/1986) con la quale è stata esclusa la tassabilità dei contributi versati dal lavoratore.

La sezione tributaria ricorda però che la natura di componenti del Tfr è stata esclusa dalla stessa amministrazione del Senato.

Ad avviso dei giudici di legittimità «non sembra allora privo di un possibile fondamento sostenere che la reale natura giuridica del contributo di solidarietà sia piuttosto quella di una retribuzione a corresponsione posticipata».

In tal caso sarebbe comunque manifestazione di capacità contributiva, secondo l’articolo 35 della Costituzione. E non essendo stata «assoggettata ad imposizione all’atto dell’accantonamento, deve esservi sottoposta quando viene erogata». Considerando, tra l’altro, che il senatore può anche usufruire del beneficio che deriva dall’applicazione del regime agevolato tipico della tassazione separata.

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