Professione e Mercato

Tre avvocati pionieri, anche i professionisti diventano influencer

di Dario Aquaro

Racconta Angelo Greco che il cambio di passo l’ha deciso durante il lockdown di primavera. «Mi sono chiesto: se la crisi, lo scarso rendimento pubblicitario, facesse fallire la mia società? La risposta è stata investire ancora di più sulla mia persona». Nel modo che conosce: con post e video, da Instagram a Youtube. «Perché se in Italia vuoi vendere, è meglio farlo con il tuo nome, con un brand personale che la gente senta vicino». Parola di avvocato: strano a sentirsi?

No, anche i professionisti cambiano. In Italia ancora lentamente: eppure anche qui, senza uscire dai binari della deontologia, c’è chi riesce a farsi influencer. Consapevolmente o meno. Non parliamo delle grandi law firm e dei loro soci, né dell’uso dei canali b2b come Linkedin. Parliamo di chi si rivolge al pubblico con linguaggio del pubblico, scende dai “vecchi” pulpiti, si cala nell’orizzonte dei social, ma senza posizioni o ruoli politici, o scopi ulteriori dal “puro” b2c.

Metterci la faccia

Il panorama, va detto, vede profili ancora acerbi e scarso marketing, come testimonia l’analisi sui professionisti influencer (in particolare, legali e commercialisti) tracciata dall’Osservatorio Alkemy-Sole24Ore. Così le eccezioni risaltano. L’avvocato Greco ne è un esempio, e non a caso svetta in questa speciale classifica.

Undici anni fa ha dato vita a “La legge per tutti”, testata online «nata per spiegare le norme ai cittadini, il trampolino di lancio della mia attività legale che oggi è un sito da un milione di utenti unici al giorno». Una vetrina che è diventata un lavoro in sé, e tra il 2016 e il 2017 gli ha aperto le porte degli studi Rai (Tempo e denaro, spin off di Unomattina), chiamato a replicare in trasmissione lo stile delle sue consulenze. «La tv è stata il battesimo del fuoco – spiega –. Finita quell’esperienza, ho deciso di proseguire l’attività su Youtube con il mio nome» (il canale conta ora oltre 310mila iscritti). I video sono anche su Instagram, «dove ho realizzato un format di 60 secondi e organizzo anche quiz per i miei follower, che aumentano al ritmo di 200 al giorno. Come le richieste di consulenza cui non riesco a far fronte. Anche per questo ho ideato un servizio di videoconsulenza: chi ha un problema legale mi manda un video e io rispondo con un video, che metto anche su Youtube». Dal codice della strada al condominio, dal diritto di famiglia alla tutela dei consumatori.

I ricavi arrivano dai social, dalla pubblicità e dalle collaborazioni con enti e associazioni che chiedono di sfruttare i suoi canali informativi. Serve un atteggiamento imprenditoriale, dice Greco: «Bisogna investire, metterci la faccia, dedicare tempo allo storyboard. Vince il professionista che ispira fiducia e sa farsi capire in video. Ecco perché ho chiamato a lavorare un social media manager, un videomaker, un consulente di immagine, un fotografo professionista».

Il marketing in famiglia

Secondo le analisi di Alkemy, il canale che si presta di più al b2c dei professionisti non è Instagram, ma Facebook; che di solito è invece un social “di appoggio” (e dove l’immagine è meno rilevante). Un’altra prova delle anomalie del settore. Non è così – restando alle eccezioni – per l’avvocato Susanna Angela Tosi, che sulla personalizzazione ha fatto una scelta di marketing diversa da quella di Greco. Mettendo nel nome la sua specializzazione: “Avvocatocittadinanza”. «Ho sempre fatto la penalista, poi mi sono appassionata all’immigrazione, a partire dal tema dei permessi di soggiorno, anche per ragioni familiari, visto che sono sposata con un italo-senegalese. E mi sono accorta che il tema della cittadinanza italiana era di grande interesse ma trattato male e poco anche online».

Tosi ha cominciato su Facebook quattro anni fa, con quel nome “mirato”. «Poi mio fratello si è laureato in marketing e sono stata la sua prima cliente: mi ha supportato nello sviluppo degli altri canali. Sono partita da sola e oggi, grazie all’attività sui social, ho alle dipendenze nove persone, ufficio stampa incluso». Richieste di collaborazione da varie associazioni, e anche di franchising. «Siamo a Milano, ma abbiamo domiciliatari in tutta Italia - spiega l’avvocato –: colleghi che ora vorrebbero aprire con il nostro brand. Per ora il Covid ha bloccato i piani». Non ha però frenato la cura per i video, alcuni con servizi di traduzione. Né la capacità di essere “influencer”: un termine che Tosi, così come Greco, non rigetta, anzi.

L’influenza dell’avvocato

«La definizione di influencer non mi piace», dice invece Salvatore Cappai, giovane avvocato sardo che condivide il podio della classifica di Alkemy. «Inizio però a percepire i frutti dell’impegno sul web». Cappai usa i social da circa tre anni, da quando si è iscritto all’ordine forense. E in particolare Facebook, con oltre 255mila follower sulla pagina dedicata («mentre la pagina Instragram la uso in maniera mista, è anche il mio profilo personale»). «Mi sono fatto conoscere in poche materie: la responsabilità civile e la tutela animali. Ma ho l’obiettivo di strutturare meglio lo studio – afferma – per cogliere tutte le opportunità che si stanno presentando e investire di più nella gestione dei canali online».

La ricerca sui professionisti influencer ha passato in rassegna l’attività di avvocati e commercialisti. I legali, però, occupano i primi tre posti e sono generalmente più presenti nelle altre posizioni; anche se dalla quarta in poi – sottolineano gli analisti – i profili hanno dimensioni abbastanza ridotte. Segno che c’è molto spazio per costruire interventi di marketing. E che i temi del fisco non vanno (ancora?) in piazza.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©