Civile

La richiesta di estratti conto è sempre possibile anche in corso di causa mediante l'ordine di esibizione

L'istanza ex art.119 T.U.B. non può essere considerata di natura esplorativa

di Giovanni Marra, Michela Moretti


Il fenomeno dell'anatocismo è descritto in linea generale nell'art. 1283 c.c.: "In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi". La norma vieta che interessi producano interessi. L'interesse semplice cresce in maniera lineare, l'interesse composto invece genera una crescita esponenziale e questo è vietato dalla norma in esame salvo i casi stabiliti dalla stessa.

In giurisprudenza assume particolare rilievo l'anatocismo bancario.
Ancora prima del codice civile del 1942 le banche stabilivano nei contratti delle clausole che prevedevano la capitalizzazione degli interessi. Si trattava di una capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi. Es: ho il contro corrente bancario, la banca calcola gli interessi passivi maturati e annota nel conto corrente l'addebito degli interessi passivi e nel periodo successivo si calcolano gli interessi sulla somma capitalizzata. Per quanto riguarda invece la capitalizzazione degli interessi attivi questa avveniva una volta all'anno.
Questo meccanismo era lecito fino al 1999 dove tre importanti sentenze: la 2374, 3485, 12507 hanno stabilito che le clausole relative agli interessi passivi erano nulle per contrasto con il 1283 che è norma imperativa inderogabile. Queste sentenze hanno avuto un forte impatto ed è stata richiesta la nullità delle suddette clausole.
Con il d.lgs. del 4 Agosto 1999 n. 342 avviene una sanatoria con la quale si prevede che tutte le clausole passate sono valide e dunque si stabilisce che nelle operazioni di conto corrente si possono porre in essere queste operazioni assicurando la stessa periodicità. Questa sanatoria è però stata dichiarata incostituzionale per eccesso di delega con la Sent. 425 del 2000 e dunque riviveva così il 1283 cc.
Il 4 Novembre 2004 con la Sent. 21095 intervengono le Sezioni Unite che dichiarano l'illegittimità delle clausole trimestrali. Le SS.UU. specificano inoltre l'art. 1283 cc. chiarendo che per usi contrari si intendono gli usi normativi i quali sono gli unici a poter derogare, quelli delle banche erano invece usi contrattuali. I clienti subivano queste clausole come un'imposizione, un vantaggio per la banca. Le clausole di capitalizzazione per la giurisprudenza a SS.UU. sono dunque illegittime. La consuetudine nel nostro ordinamento è ammessa, ma non può andare contra legem per il principio di gerarchia delle fonti. La consuetudine non può pertanto abrogare l'art.1283 cc.
E per quanto riguarda la conseguenza della nullità di queste clausole? La sentenza delle SS.UU. 24418 del 2010 stabilisce che la nullità comporta l'assenza di capitalizzazione. Se io ho un fido di es. 15.000 euro, ciò che verso sono delle rimesse ripristinatorie. Dalla chiusura del conto corrente decorre il termine di prescrizione di 10 anni per l'azione di ripetizione dell'indebito.

Attualmente vi sono state pronunce sulla capitalizzazione ed una di queste è la recente Cass. Civile Ord. Sez. 3 Num. 24181 Anno 2020 ove viene censurata la sentenza per avere la Corte d'Appello ritenuto conforme a diritto la capitalizzazione annuale nel rapporto di conto corrente.

Di grande interesse in tale pronuncia è la possibilità, in corso di causa, del ricorso da parte del cliente della banca all'art.119 T.U.B e dunque di esercitare il diritto del cliente ad avere copia della documentazione.

Infatti, Il Giudice di legittimità ha riconosciuto la possibilità di ottenere gli estratti conto addirittura in corso di causa e quindi dando la possibilità al correntista di avviare immediatamente il giudizio, paralizzando ogni eventuale ingiusta iniziativa della banca per recupero del saldo apparente negativo del conto (si pensi per esempio ad un decreto ingiuntivo), senza necessità quindi di richiedere preventivamente gli estratti conto.

Viene messo in luce dai ricorrenti come tale disposizione (art. 119 d.lgs n.385/93 "TUB") sia "uno dei più rilevanti presidi a tutela della trasparenza dei rapporti bancari che impone agli intermediari un dovere di protezione nei confronti dei clienti" come precedentemente affermato sempre dalla Cassazione. La Corte cristallizza in tale pronuncia il diritto del cliente di effettuare la richiesta ex.art. 119 T.U.B. sia prima che durante il giudizio. La mancata possibilità da parte del cliente di ricorrere a tale richiesta costituirebbe infatti uno svantaggio per il cliente stesso ed una trasformazione da strumento di tutela a mezzo di penalizzazione.

La Cassazione ritiene infatti che «Il titolare di un rapporto di conto corrente ha
sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, ai sensi dell'art. 119 del d.lgs.
n. 385 del 1993 (T.U.B.), anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all'art. 210 c.p.c., perché non può convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facoltà ad onere vincolante.»
(così Cass., n. 3785 del 2019; ma già Cass. n. 11554 del 2017 e altri precedenti richiamati dalla citata decisione del 2019). La richiesta di documentazione alla banca è dunque una libera facoltà del cliente e non un onere vincolante ed inoltre si tratta di un diritto del cliente che la Corte evidenzia espressamente come sostanziale e non processuale.

Non si può dunque negare il diritto di ottenere copia della documentazione su richiesta del cliente in quando l'istanza non può essere considerata di natura esplorativa ed inoltre viene messo in evidenza che è in primis lo stesso articolo 119 T.U.B. a non prevedere limiti in ordine al rapporto con il cliente nella fase giudiziale. Si tratta dunque di un potere che non può in alcun modo incontrare limiti in quanto questa norma è una tra le tutele più forti del cliente in termini di trasparenza bancaria. Un potere che oltretutto non richiede particolari formalità e che deve essere conosciuto dal giudice e transitare nel giudizio proprio perché deve essere privo d'intralci.

La Corte afferma infine espressamente che per "cliente" si deve intendere anche il fideiussore e non solo il correntista e pertanto anche il fideiussore ha il diritto di richiedere i documenti degli estratti conto proprio in virtù dell'accessorietà del rapporto di fideiussione, riconoscendo allo stesso il diritto di potersi informare per poter esercitare correttamente i suoi diritti.

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