Penale

Legge sulla droga di nuovo alla Consulta

di Alessandro Galimberti

Nuova remissione alla Corte Costituzionale della travagliata legge sugli stupefacenti. Lo ha deciso ieri la Sesta sezione penale della Cassazione - ordinanza 1418/17 - sulle sorti del processo a uno spacciatore giudicato dal Tribunale di Imperia.

La questione, ancora una volta, riguarda il confine tra il comma 5 dell’articolo 73 del Dpr 309/90 (la lieve entità) e il comma 1 (norma base su produzione, trasporto, commercio etc delle droghe pesanti) in particolare sotto l’aspetto della proporzionalità dello scarto di pena tra le due fattispecie. Nello specifico, a un 37enne straniero il Gip ligure aveva riconosciuto il 13 dicembre scorso i benefici della lieve entità, a dispetto delle (potenziali) 150 dosi di eroina sequestratigli in casa dell’accertata continuità dello spaccio, con cadenze di tre o quattro volte alla settimana ai due acquirenti monitorati dalla polizia giudiziaria. Alla riqualificazione si è opposto per via diretta il pm di Imperia, invocando davanti alla Cassazione l’annullamento per erronea applicazione della legge, contestando in sostanza l’eccessiva elasticità del concetto di «lieve entità» come declinato dal giudice dell’indagine preliminare.

Da questo dato prettamente fattuale la Sesta - che dichiara di aderire all’interpretazione dell’accusa, giudicando scorretto il riconoscimento dell’ipotesi lieve - trae spunto per rimettere alla Consulta i parametri delle sanzioni del Dpr 309/90, rimaneggiati ripetutamente per le sorti della legge 49/2006 (Fini-Giovanardi) e della successiva dichiarazione di incostituzionalità (sentenza 32/14). Per effetto della pronuncia della Consulta, la pena minima edittale applicabile allo spaccio “non lieve” sale oggi a 8 anni rispetto ai 6 previsti dalla censurata disposizione inserita, come noto, nel decreto sulle Olimpiadi di Torino.

Secondo la Cassazione, il trattamento sanzionatorio “di base” in questo modo va a confliggere con la proporzionalità delle pene previste dalla norma stessa (articolo 27 della Costituzione) ma soprattutto, per effetto dell’intervento correttivo della Consulta di tre anni fa, non rispetta il principio di riserva di legge (articolo 25 della Carta).

L’ordinanza di remissione. molto lunga e articolata, fa molta attenzione a non entrare sul terreno della discrezionalità del legislatore, limitando l’ipotesi di scrutinio alle norme penali di favore “sincroniche” - cioè contemporaneamente in vigore in relazione alla medesima fattispecie - escludendo invece quelle “diacroniche” (espressione della successione di norme penali nel tempo). Tuttavia la Sesta sottolinea che in questo caso è in gioco soprattutto il principio di riserva di legge, poichè la norma punitiva applicabile qui è il risultato di un ripristino di una disposizione previgente operato attraverso un intervento della Consulta, pertanto fuori dal percorso indicato dalla Costituzione.

In ogni caso, argomenta ancora l’estensore, l’attuale pena minima edittale appare comunque incostituzionale «per difetto di ragionevolezza»: basta raffrontare il comma 1 contestato alle ipotesi lievi del comma 5 (quella applicata appunto dal Gip imperiese) ma anche con il comma 4, che prevedono importanti sconti di pena. Sconti agganciati tra l’altro, chiosa la Sesta, a una demarcazione naturalistica tra la fattispecie “ordinaria” e quella “lieve” tutt’altro che netta - come dimostra il caso in esame - «mentre il confine sanzionatorio dell’una e dell’altra incriminazione è estremamente e irragionevolmente distante».

Corte di cassazione, ordinanza 12 gennaio 2017, n. 1418

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