Casi pratici

Giochi e scommesse: rapporti tra il diritto penale italiano e quello comunitario

Gioco d'azzardo e casinò virtuali

di Serena Gentile


la QUESTIONE
Quali sono i principali orientamenti della giurisprudenza in materia di intermediazione nelle scommesse on line? Dove si consumano i reati legati al gioco d'azzardo via Internet? Quali sono i limiti del gioco lecito? La normativa italiana nel settore del giuoco e delle scommesse contrasta con i principi comunitari della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione europea? Quali sono i rapporti tra il diritto penale interno e il diritto comunitario?


Sebbene nel Codice Penale siano contemplate le ipotesi contravvenzionali di esercizio e partecipazione a giuochi d'azzardo (artt. 718 e 719 c.p. e ss.), la disciplina normativa dei giochi e delle scommesse trova il suo nucleo principale nella legislazione speciale: la regolamentazione di questa materia è principalmente demandata al T.U.L.P.S. ( R.D. n. 773/1931), alla legge n. 401/1989 e alle c.d. leggi finanziarie, le quali, a loro volta, rinviano a norme amministrative, in particolare a provvedimenti del Ministero dell'Economia e delle Finanze Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (A.A.M.S.).
La disorganicità di tale quadro normativo si riverbera anche sul panorama giurisprudenziale, altrettanto nebuloso.


Evoluzione legislativa e decreto sulle liberalizzazioni
Il sistema positivo italiano si presentava, originariamente, come un sistema basato sul divieto generale di esercizio delle scommesse: in tale regime, era evidente la finalità di contenere e disincentivare il più possibile l'accesso al gioco d'azzardo o ai pronostici in tutte le sue forme da parte degli utenti.
Ad oggi, invece, la normativa italiana – particolarmente disorganica e complessa – si fonda sul presupposto che la partecipazione all'organizzazione di giochi d'azzardo, compresa la raccolta di scommesse, è sottoposta all'ottenimento di una concessione e di un'autorizzazione di polizia.
Per quanto concerne le concessioni organizzative di scommesse su eventi sportivi, deve osservarsi che sino al 2002 il Comitato olimpico nazionale italiano («CONI») e l'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine («UNIRE») erano gli organi abilitati ad organizzare le scommesse connesse con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il loro controllo. Quanto alle concessioni rilasciate dal CONI, si prevedeva che l'attribuzione avvenisse tramite gara, ove garantire la trasparenza dell'azionariato dei concessionari e una razionale distribuzione dei punti di raccolta e di accettazione delle scommesse nel territorio nazionale. Al fine di assicurare la massima trasparenza dell'azionariato, pertanto, la legge stabiliva che il concessionario fosse costituito in forma di società di capitali, con azioni aventi diritto di voto intestate a persone fisiche, società in nome collettivo o in accomandita semplice, non trasferibili per semplice girata. Medesime disposizione valevano per le concessioni gestite dall'UNIRE.
Nel 2002 le competenze del CONI e dell'UNIRE in materia di scommesse su eventi sportivi sono state trasferite, in seguito ad una serie di interventi legislativi, all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato che agisce sotto il controllo del Ministero dell'Economia e delle Finanze. In forza di una modifica introdotta in tale occasione dall'art 22, n. 11, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, tutte le società di capitali, senza limitazione alcuna relativamente alla loro forma, possono ormai partecipare alle gare per l'attribuzione delle concessioni.
Diverso è il discorso sulle autorizzazioni di polizia. Tale provvedimento può essere concesso esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse. Queste condizioni per l'attribuzione risultano dall'art. 88 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante approvazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e successive modificazioni. Deve precisarsi che, in forza del combinato disposto degli artt. 11 e 14 del T.U.L.P.S., l'autorizzazione di polizia non può essere rilasciata ad un soggetto che ha subito una condanna a determinate pene o per particolari delitti, in particolare per reati contro la moralità pubblica e il buon costume o per violazione della normativa relativa ai giochi d'azzardo.
Una volta rilasciata l'autorizzazione, il titolare, in forza dell'art 16 del Regio decreto, deve consentire che le forze dell'ordine accedano, in qualsiasi momento, ai locali destinati all'esercizio dell'attività soggetta ad autorizzazione.
In linea con l'atteggiamento di apertura del Governo italiano al gioco d'azzardo, si inserisce il cosiddetto decreto sulle liberalizzazioni Bersani-Visco, che ha introdotto sostanzialmente tre novità nel settore:
1) gli scommettitori possono puntare l'uno contro l'altro su un determinato evento, avvalendosi dell'interconnessione di un gestore di piattaforme telematiche. L'introduzione delle scommesse peer to peer (vale a dire quelle che prevedono lo scontro tra singoli giocatori senza un vero banco) ha come obiettivo principale il contrasto al gioco illegale;
2) si può giocare via Internet a poker, black jack e puntare su casinò virtuali.Tale novità si adegua all'ingiunzione dell'Unione Europea contro la decisione italiana, inserita nella Finanziaria 2006, di oscurare i siti stranieri considerati illegali che proponevano questo tipo di attrazioni;
3) è stata ampliata la rete delle agenzie di scommesse, al fine di ottenere un ampliamento della concorrenza.
Il decreto Bersani si proponeva, in sostanza, il duplice obiettivo di canalizzare la raccolta del giuoco in circuiti controllati e di consentire l'accesso al mercato, in modo non discriminatorio, a tutti gli operatori, europei ed extra europei, purché rispettino i vincoli e i requisiti imposti dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato in tema di affidabilità e trasparenza.
Successivamente, al fine di contrastare la diffusione del gioco illegale, le infiltrazioni della criminalità organizzata, il gioco irregolare e per perseguire la tutela del consumare, dei minori e dell'ordine pubblico, la Legge 7 luglio 2009, n.88 attua la nuova disciplina in materia di gioco on line, stabilendo disposizioni riguardanti l'esercizio e la raccolta a distanza dei seguenti giochi: scommesse, a quota fissa e a totalizzatore, su eventi sportivi, incluse le corse dei cavalli, concorsi a pronostici sportivi e ippici; giochi di ippica nazionale; giochi di abilità; scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori; bingo; giochi numerici a totalizzatore nazionale e lotterie ad estrazione istantanea e differita.
Nel 2011, poi, viene introdotto il poker cash e i giochi da casinò. Il D.Lgs. 13 agosto 2011, n. 138, liberalizza il gioco on line e l'AAMS acquisisce maggiore autonomia con la Legge 14 settembre 2011, n. 148.
Nel 2012, invece, si registra un dato importante: la ludopatia viene riconosciuta come patologia da gioco d'azzardo, tanto da attribuire al soggetto che ne è affetto il diritto alla cura presso il sistema sanitario pubblico. Con questo decreto è stato predisposto un Piano d'azione nazionale in cui si prevede di: contenere i messaggi pubblicitari; divulgare avvertimenti sul rischio di dipendenza e le reali possibilità di vincita; vietare l'ingresso nelle aree di gioco ai minori di 18 anni; intensificare i controlli nel rispetto delle norme; predisporre una progressiva riallocazione dei punti di gioco e di raccolta tenendo in considerazione la presenza di aree sensibili ed infine costituire un Osservatorio al fine di valutare le misure idonee per contrastare sia la diffusione del gioco d'azzardo che la dipendenza a suddetti giochi. Nello stesso periodo nasce l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in seguito all'incorporazione dell'AAMS.
Successivamente, con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, (Legge di Bilancio 2018) si è stabilito che le Regioni possono trasferire i punti vendita del gioco pubblico in seguito all'adeguamento delle proprie leggi. Nel medesimo anno con il Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87 (Decreto Dignità), convertito dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96, è stato posto il divieto di pubblicità, effettuata in qualsiasi forma e su qualunque mezzo, di giochi o scommesse dove sono previste vincite in denaro, ad eccezione delle lotterie nazionali ad estrazione differita e i loghi su cui è riportata la dicitura sul gioco sicuro e responsabile.
Ancora, nell'anno seguente, il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con Legge 26 del 29 marzo 2019, contiene una serie di disposizioni volte ad inasprire le sanzioni applicabili all'organizzazione abusiva del gioco del lotto, di scommesse, di concorsi pronostici o alla produzione, distribuzione, o installazione di apparecchi destinati, anche indirettamente, a qualunque forma di gioco.
Infine, tra le numerose novità, deve segnalarsi nel 2020 la previsione di un Registro unico degli operatori del gioco pubblico come strumento abilitativo per coloro che svolgono attività in materia di giochi pubblici, così da consentire una maggiore tracciabilità dei flussi di denaro. Tale novella, tuttavia, è stata prorogata al 2021 in ragione dell'emergenza Covid19. Il disegno di legge di bilancio 2021, al momento all'esame delle Camere, introduce ulteriori progetti di modifica alla disciplina del gioco legale in Italia, nell'ottica di una maggiore repressione di condotte illecite soprattutto dal punto di vista fiscale.


Le sanzioni penali
Nel nostro ordinamento la tenuta, l'agevolazione e la partecipazione ai giochi d'azzardo veri e propri sono attività soggette a sanzione penale, se poste in essere «in un luogo pubblico, aperto al pubblico o in circoli privati di qualunque genere». Ora, non vi è dubbio che la rete Internet venga ormai fatta rientrare nella nozione di luogo pubblico, atteso che con questa locuzione si intende il luogo «accessibile continuamente a tutti o comunque a un numero indeterminato di persone, anche se di proprietà privata», e che pertanto l'esercizio dei giochi di azzardo (ovvero, secondo la definizione dell'art. 721 c.p., «quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita e la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria») per via informatica configuri i reati di cui agli artt. 718 ss. c.p. Al riguardo è da specificare che l'espressione "tenere un gioco d'azzardo" ha un'estensione applicativa alquanto ampia, considerato che la suprema Corte la identifica in ogni attività di istituzione, organizzazione, direzione, vigilanza, amministrazione del gioco, vale a dire in sostanza nel «provvedere a quanto occorra perché il gioco sia posto a disposizione dei giocatori». La condotta di agevolazione del gioco d'azzardo, per la quale non è richiesto il fine di lucro, configura invece un'attività ancillare, che consiste in qualsiasi contributo o facilitazione comunque prestata all'esercizio del gioco stesso, assistendo il tenitore o cooperando con il medesimo.
Più defilata rimane la posizione del semplice partecipante al gioco d'azzardo, dato che l' art. 720 c.p. punisce, in misura più lieve, anche i giocatori, ma soltanto se essi «siano colti mentre prendono parte al gioco d'azzardo». Se è pur vero che la giurisprudenza ha adottato un concetto abbastanza ampio di flagranza, appare alquanto improbabile la applicazione della norma de qua alle fattispecie di partecipazione ad attività di gambling on line , che per quanto virtualmente realizzate nel luogo pubblico di internet generalmente vengono poste in essere in private abitazioni. Dunque, l'unica concreta possibilità di applicazione della disposizione in esame, considerato che la flagranza è una condizione oggettiva di punibilità, sarebbe quella legata all'individuazione tramite accertamento informatico, all'atto dell'eventuale sequestro del server su cui era allocato il sito illecito, dei soggetti in quel momento impegnati a partecipare a un gioco d'azzardo.
Per quanto infine attiene al rapporto tra le fattispecie ora illustrate e le norme contenute nella legislazione complementare, l'esercizio del gioco d'azzardo, se effettuato mediante gli apparecchi automatici ed elettronici vietati dal T.U.L.P.S., non più soggetto alla sanzione penale prevista dall'art. 110 R.D. n. 773/1931 per l'intervenuta depenalizzazione, configura il reato di cui all'art. 4 comma 4, legge n. 401/1989, attesa la natura speciale della norma sanzionatoria penale rispetto a quella amministrativa contemplata dal predetto art. 110, comma 9, T.U.L.P.S. In simili casi, pertanto, il reato di cui all'art. 4 legge n. 401/89 concorre con quello ex art. 718 c.p., plausibilmente in un unitario disegno criminoso di cui all'81, comma 2, c.p..


Quadro normativo delle scommesse on line
L'attività organizzata per l'accettazione e la raccolta delle scommesse, tanto tradizionali che telematiche, è regolata nel nostro ordinamento da un'intricata e protezionistica regolamentazione legislativa, sulla quale - come si vedrà - sono piovute le critiche dell'Unione Europea, per l'evidente contrasto con i principi della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, rispettivamente sanciti dagli artt. 49 e 55 TFUE. L'esercizio di questa attività può essere esercitata in Italia soltanto dai soggetti che abbiano ottenuto dallo Stato apposita concessione (il cui rilascio è subordinato al possesso di requisiti attestanti la propria solidità patrimoniale) e allo stesso tempo siano titolari della autorizzazione di cui all'art. 88 del T.U.L.P.S. (legata a ragioni di ordine pubblico).
I titolari di concessione, che ne facciano richiesta e dispongano di un sistema di conti di gioco, sono poi autorizzati alla raccolta a distanza (mediante connessione telematica o telefonica) delle scommesse, potendo porre in essere l'attività di commercializzazione presso gli esercizi commerciali o pubblici.
L'effettività nell'attuazione del regime ora descritto è assicurata dalle sanzioni penali introdotte con l' art. 4 legge n. 401/1989 avente a (esclusivo) oggetto l'esercizio in forma organizzata di giochi e scommesse esercitati in regime di monopolio dallo Stato e degli enti concessionari e l'organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giochi di abilità. Secondo questa norma è infatti punito:
a) con la reclusione da sei mesi a tre anni chi eserciti abusivamente l'organizzazione del gioco del lotto, scommesse o concorsi pronostici che siano per legge riservati allo Stato o a qualche ente concessionario e delle scommesse sui giochi d'azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall'art. 110 T.U.L.P.S.;
b) con la reclusione da sei mesi a tre anni chi organizza scommesse o concorsi pronostici su attività sportive gestite dal Comitato Olimpico nazionale italiano (Coni), dalle organizzazioni da esso dipendenti o dall'Unione Italiana per l'incremento delle razze equine (Unire);
c) con l'arresto (da tre mesi a un anno) e l'ammenda (non inferiore a euro 516) chi abusivamente esercita l'organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giochi di abilità;
d) con l'arresto (fino a tre mesi) e l'ammenda (da 51 a 516 euro) chi, fuori dai casi di concorso, partecipa a concorsi, giochi o scommesse gestiti con le modalità di cui ai punti precedenti.
Con un'innovazione assai opportuna (almeno sotto il profilo ermeneutico) la legge finanziaria del 2001 ha inoltre esteso espressamente l'applicazione della disciplina in esame, da un lato, all'ipotesi di raccolta di scommesse per via telefonica o telematica e, dall'altro, a quella di intermediazione nell'attività di raccolta delle stesse. Invero l'art. 4, comma 4 bis, legge n. 401/1989 punisce con «le sanzioni di cui al presente articolo» chi «privo di concessione, autorizzazione o licenza (...) svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettati in Italia o all'estero». Il successivo comma 4 ter prevede, invece, l'applicazione delle medesime sanzioni a carico di chi «effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ove sprovvisto di apposita autorizzazione all'uso di tali mezzi per la raccolta o la prenotazione».


Luogo di consumazione dei reati
Questione di particolare rilievo attiene alla determinazione del luogo in cui si realizzano i reati in esame. Per maggiore chiarezza si impone una separata disamina.


Contravvenzioni e giochi d'azzardo: art. 718 c.p.
Per quanto riguarda la contravvenzione che punisce la tenuta del gioco d'azzardo, deve osservarsi che il reato di cui all'art. 718 c.p. – che ha natura di reato di pericolo – può inquadrarsi tra le fattispecie a consumazione anticipata, nel senso che può dirsi integrato già con la mera predisposizione di quanto necessario all'attività di gioco, a prescindere dal fatto che la medesima sia stata o meno realizzata. In altre parole, per l'attuazione del reato non è necessario che le macchine siano utilizzate. Ne deriva che il luogo di consumazione del reato corrisponde al luogo in cui è allocato il server contenente il sito del casinò virtuale, che è l'unica macchina a gestire la partita e il risultato della stessa. Laddove il luogo di allocazione del server sia all'estero (è l'ipotesi più frequente), l' art. 6 c.p. sarebbe da considerarsi inapplicabile, non essendosi verificati in Italia né gli eventi né le condotte illecite. Questa conclusione appare confermata, con specifico riferimento al mondo di Internet anche da quell'orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui - con riferimento a un'ipotesi di diffamazione commessa via web - la condotta illecita si realizza nel luogo ove si trova il server presso il quale vengono scaricate le pagine che compongono il sito contenente le dichiarazioni diffamanti. Il reato di cui all'art. 718 c.p. non sarebbe pertanto punibile, non ricorrendo nel caso concreto, relativo a una contravvenzione, le condizioni previste dagli artt. 7, 9 e 10 c.p. perché si possa celebrare in Italia un processo per reati commessi all'estero da cittadini italiani o stranieri. Se poi si tratti di giochi legittimamente autorizzati dalle leggi dello Stato estero nel quale opera il casinò virtuale, è forse più corretto dire che le condotte di allestimento, tenuta e gestione degli stessi su un server estero sono sotto questo profilo penalmente irrilevanti per la legge italiana.
Esercizio abusivo di giochi, scommesse e pronostici: art. 4 legge n. 401/1989
In merito all'esercizio abusivo di giochi, scommesse e pronostici di cui all'art. 4 legge n. 401/1989 la giurisprudenza, pur avendo in taluni casi ritenuto necessario, per la punibilità dell'agente, che l'organizzazione operi nel territorio nazionale, nella maggioranza, adottando il principio di territorialità temperata, considera sufficiente il fatto che in Italia sia stato dato un qualsiasi contributo efficiente all'attività organizzata.
Ciò è stato affermato con particolare riguardo alla disputa relativa all'attività di intermediazione nel booking delle scommesse per conto di soggetti stranieri, in ordine alla quale i giudici hanno sottolineato come «la raccolta delle puntate, la riscossione delle poste e il pagamento delle vincite nel territorio nazionale integrano un evidente apporto partecipativo all'organizzazione delle scommesse».
A questa stregua un eventuale difetto di giurisdizione sarebbe ravvisabile unicamente laddove il navigatore si collegasse a un sito straniero di scommesse che opera su un server non allocato in Italia e utilizzasse per i pagamenti delle giocate un circuito bancario estraneo al territorio nazionale.


La pubblicità on line
In ordine alla pubblicità di siti stranieri di scommesse o giochi d'azzardo la giurisprudenza è ferma nel ravvisare, se visibile in Italia, la competenza del giudice italiano, ritenendo che essa sia elemento sufficiente per configurare una attività connessa o finalizzata allo svolgimento delle scommesse o del gioco d'azzardo, punibile ai sensi degli artt. 718 c.p. In senso parzialmente contrario si può osservare che laddove il software pubblicitario di un casinò abusivo o di una società non autorizzata di scommesse sia caricato su un server allocato all'estero il reato in esame non appare in realtà sotto questo profilo perseguibile, atteso che - per quanto il messaggio promozionale potrebbe essere colto anche dal navigatore italiano della rete - nessuna parte della condotta illecita risulta tenuta nel territorio nazionale. Questa situazione sembrerebbe infatti analoga a quella della pubblicità di un casinò pubblicata su un quotidiano straniero venduto in Italia ovvero trasmessa su un canale televisivo estero visibile via satellite, condotta che appare irrilevante sotto il profilo penale per la legge italiana. Se poi il casinò pubblicizzato è straniero (vale a dire regolarmente autorizzato nel Paese d'origine ovvero, per quanto abusivo, registrato su un server straniero) si potrebbe sostenere che la pubblicità non sarebbe punibile ai sensi dell'art. 718 c.p. anche se effettuata tramite un server allocato sul territorio nazionale. Invero, benché non si ravvisino significativi contributi giurisprudenziali su questo aspetto, il fatto che in un'ultima analisi l'attività pubblicitaria agevolerebbe l'esercizio di un gioco d'azzardo tenuto completamente in un Paese estero porterebbe a invocare la non punibilità in capo ai gestori del sito che pubblicizza i casinò virtuali per la contravvenzione di agevolazione e tenuta del gioco d'azzardo (in ragione dell'irrilevanza penale della condotta sotto questo profilo se il casinò è autorizzato). Ancora, nel caso in cui il reato presupposto (l'uso e installazione di apparecchi elettronici per il gioco d'azzardo) sia commesso all'estero, perché sia punibile il reato principale (l'agevolazione del gioco d'azzardo ex art. 718 c.p.) è necessario che il reato presupposto sia punibile ai sensi degli artt. 7, 9 e 10 c.p., condizione insussistente nell'ipotesi in esame. Per quanto invece attiene alla fattispecie di cui all'art. 4 legge n. 401/1989 (che come si è visto è applicabile indipendentemente dalla configurabilità dell'art. 718 c.p.), essa opera una distinzione tra i diversi servizi oggetto di propaganda: questa norma infatti subordina la punibilità per le réclame dei giochi, concorsi e lotterie estere al fatto che le stesse siano date in Italia, mentre nulla specifica in ordine alle inserzioni relative ai siti o alle società che esercitano abusivamente concorsi, giochi e scommesse gestiti in regime di Monopolio dallo Stato o dai suoi concessionari. Ne deriva, da un lato, la non punibilità per le ragioni sopra esposte delle pubblicità edite all'estero sui giochi, concorsi e pronostici di cui all'art. 4 commi 1 e 4, legge n. 401/1989 e, dall'altro, l'ovvia liceità dei messaggi promozionali pubblicati all'estero relativamente a giochi d'azzardo esercitati all'estero. Peraltro, in quest'ultimo caso, il riferimento operato dalla norma alle pubblicità diffuse in Italia potrebbe portare a estendere l'area delle condotte punibili quanto meno alle pubblicità, statiche o interattive, collocate su siti in lingua italiana registrati su server stranieri, essendo evidente che esse sono indirizzate al pubblico italiano.


Contrasto con i principi europei
La materia del gioco d'azzardo, sempre in bilico fra concessione e patologia, è stata oggetto di acceso dibattito in ambito europeo, con precipuo riguardo alle limitazioni partecipative alle attività di concessione per le società estere.
L'Unione Europea, infatti, sin dagli anni '80 persegue l'obiettivo del mercato unico, attraverso lo strumento delle c.d. "quattro libertà comunitarie" (libera circolazione delle merci, libera circolazione delle persone, libera prestazione dei servizi e libera circolazione dei capitali con liberalizzazione dei pagamenti). In particolare, la libertà di stabilimento e il diritto alla libera prestazione di servizi garantiscono la mobilità delle imprese e dei professionisti nell'UE. Le persone che esercitano attività indipendenti, i professionisti e le persone giuridiche ai sensi dell'articolo 54 TFUE che operano legalmente in uno Stato membro possono:

1) esercitare un'attività economica in un altro Stato membro su base stabile e continuativa (libertà di stabilimento: articolo 49 TFUE);

2) offrire e fornire i loro servizi in altri Stati membri su base temporanea pur restando nel loro paese d'origine (libera prestazione dei servizi: articolo 56 TFUE). Ciò presuppone non soltanto l'abolizione di ogni discriminazione basata sulla nazionalità ma anche, al fine di poter veramente usufruire di tale libertà, l'adozione di misure volte a facilitarne l'esercizio, compresa l'armonizzazione delle norme nazionali di accesso o il loro riconoscimento reciproco. Restano escluse le attività che sono connesse all'esercizio dei pubblici poteri (articolo 51 TFUE), da interpretarsi, tuttavia, in senso restrittivo Tale esclusione è tuttavia limitata da un'interpretazione restrittiva: le esclusioni possono riguardare solo attività e funzioni specifiche che comportino l'esercizio dei pubblici poteri. Questi principi sono il substrato della direttiva Bolkestein (2006/123/CE), con la quale il legislatore europeo ha voluto perseguire una politica di armonizzazione legislativa tra gli Stati membri , attraverso una spinta maggiore alla liberalizzazione e alla semplificazione, onde consentire spazi sempre più unitari per il mercato unionale.
Tra le attività escluse dagli effetti della direttiva Bolkestein si rinviene proprio quella dei giochi con denaro, ivi comprese scommesse e lotterie, in ragione della particolare natura della medesima e della necessità di tutelare a livello statuale l'ordine pubblico e i consumatori.
La Commissione Europea, in proposito, ha stabilito che ogni Stato UE è competente per disciplinare il gioco d'azzardo rispettando la normativa europea sulla libertà d'impresa, ma anche quella sulla lotta alla criminalità organizzata e al riciclaggio di denaro.
La Corte di Giustizia Europea, invece, dopo un'accesa querelle con i giudici italiani di merito e di legittimità, è giunta a riconoscere che ogni Paese membro può ben limitare le attività del gioco d'azzardo, purché vi siano due finalità : la tutela della salute del cittadino rispetto alla ludopatia e la lotta alla criminalità organizzata.
In Italia, infatti, l'ordito normativo in tema di giochi e scommesse presenta limitazioni severe e controlli stringenti tanto per l'accesso a tali attività, quanto per la punizione di comportamenti illeciti, nell'arduo tentativo di bilanciare la libertà di iniziativa economica privata con l'esigenza di tutelare le fasce deboli dal pericolo incombente della ludopatia e dall'eventuale abuso di tali attività da parte della criminalità organizzata.
Il problema ermeneutico più rilevante si è posto rispetto al reato di cui all'art.4, Legge 401/1989, con riguardo alle condotte degli intermediatori di attività raccolta e gestione di scommesse on line, nazionali e internazionali, per conto di bookmakers stranieri, in assenza di specifica concessione secondo le regole dettate dall'art.88 T.UL.P.S.
I giudici di merito, inizialmente, si sono attestati sui principi dettati nel 2004 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Pen., S.U., sentenza 26 aprile 2004, n. 23271), con la quale la Suprema Corte ha stabilito il principio per cui, a fronte della finalità di tutela dell'ordine pubblico, ed in particolare della necessità di contrastare l'infiltrazione criminale nel settore dei giochi e delle scommesse, il regime sanzionatorio previsto dal citato art. 4, L. 401/89 non è antitetico rispetto alle libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, previste rispettivamente dagli artt. 43 e 49 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea (oggi artt.49 e 56 TFUE).
In senso opposto, tuttavia, si è sviluppato un diverso indirizzo con cui si è invocata la disapplicazione della normativa italiana in materia di gioco e di scommesse, in quanto contrastante con i principi europei della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. L'imposizione, da parte dell'ordinamento italiano, di una licenza di polizia vincolata al previo ottenimento di una concessione amministrativa, configurerebbe – secondo la suddetta corrente giurisprudenziale – un chiaro ostacolo ai due citati principi unionali. Tali argomenti sono quelli adottati della nota sentenza della Corte di Giustizia del 6 novembre 2003, in causa C-243/01, c.d. sentenza Gambelli, ove è stato sancito che «una normativa nazionale, contenente divieti - penalmente sanzionati - di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. (…) Spetta tuttavia al giudice [nazionale] del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto ai principi comunitari» (punto 76 della sentenza).
Proprio in virtù dei principi pretori definiti nella sentenza Gambelli, la giurisprudenza italiana di merito, in più occasioni, si è discostata dalla posizione di chiusura palesata dalla Corte di legittimità nel 2004.
Nel 2007 irrompe nel panorama esegetico la nota sentenza della Corte di Giustizia europa, emessa il 6 marzo 2007, relativa ai procedimenti riuniti C-338/04, C-359/04 e C-360/04. La CGE, nell'occasione, ha giudicato incompatibili con il diritto comunitario le sanzioni penali italiane, applicate alla raccolta di scommesse da parte di intermediari che operano per conto di società straniere, atteso che «uno Stato membro non può applicare una sanzione penale per il mancato espletamento di una formalità amministrativa, allorché l'adempimento di tale formalità viene rifiutato o è reso impossibile dallo Stato membro interessato in violazione del diritto comunitario» (punto n. 69 della sentenza).
Prima di giungere alla suddetta conclusione, la Corte ha innanzitutto proceduto alla verifica della sussistenza delle condizioni di proporzionalità delle restrizioni alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi stabilite dalla normativa italiana. In effetti, con riguardo al problema della ritenuta discriminazione degli operatori esteri di scommesse nel mercato italiano, i giudici lussemburghesi hanno affermato con chiarezza che l'esclusione totale delle società di capitali dalle gare per l'attribuzione delle concessioni è sproporzionata rispetto all'obiettivo di evitare che soggetti operanti nel settore dei giochi d'azzardo siano implicati in attività criminali o fraudolente. I giudici comunitari hanno pertanto chiamato lo Stato italiano a stabilire modalità procedurali tali da garantire la tutela dei diritti sulle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi.
Si giunge, così, al riconoscimento da parte della Corte di Cassazione della rilevanza e della forza cogente dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia con la sentenza Placanica, anche in virtù dell'ampliato contesto normativo per il mezzo del decreto Bersani del 2006.
In senso contrario e più conservativo si è, invece, espresso il Consiglio di Stato, in relazione alla liceità o meno del regime autorizzatorio previsto in Italia dall'art. 88 TULPS. Il Supremo consesso di giustizia amministrativa, infatti, anche successivamente alla sentenza Placanica, è rimasto orientato in favore di una posizione restrittiva circa la possibilità, per gli allibratori esteri di scommesse, di poter esercitare in Italia la propria attività, ove tale esercizio avvenga in assenza della necessaria licenza di polizia.
La Corte di Giustizia, nel 2012, torna a pronunciarsi sull'argomento con la sentenza c.d. Costa-Cifone (nelle cause riunite c-72/10 e 77/10), rilevando l'incompatibilità con gli artt. 49 e 56 TFUE di alcune disposizioni previste dal decreto Bersani. In particolare, si è posta in discussione la legittimità dell'art. 38, commi 2 e 4, del decreto Bersani, secondo cui i concessionari che hanno ottenuto la concessione a seguito delle nuove gare indette dal medesimo decreto devono insediarsi ad una distanza minima dai concessionari già esistenti. La Corte di giustizia, in primis, ha ricordato che «le autorità pubbliche che rilasciano concessioni in materia di giochi d'azzardo sono tenute a rispettare le norme fondamentali dei Trattati, e segnatamente gli articoli 43 CE e 49 CE, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione a motivo della nazionalità, nonché l'obbligo di trasparenza che ne deriva» ..e che «il principio di parità di trattamento impone (..) che tutti i potenziali offerenti dispongano di uguali opportunità, ed implica dunque che costoro siano assoggettati alle medesime condizioni» e che ciò «vale a maggior ragione in una situazione (...) in cui una violazione del diritto dell'Unione da parte dell'autorità aggiudicatrice interessata ha già avuto come conseguenza una disparità di trattamento in danno di alcuni operatori» (par. 57).
In sintesi, la CGE ha affermato che l'obbligo per i nuovi concessionari di rispettare delle distanze minime dai concessionari già esistenti implica una discriminazione nei confronti dei primi, poiché una misura siffatta «ha come effetto di proteggere le posizioni commerciali acquisite dagli operatori già insediati a discapito dei nuovi concessionari, i quali sono costretti a stabilirsi in luoghi meno interessanti dal punto di vista commerciale rispetto a quelli occupati dai primi» (par. 58).
Quindi, in definitiva, nel 2012 vengono ribaditi i principi della sentenza Placanica, cui si aggiunge il dovere da parte dello Stato membro di rispettare i principi di trasparenza, parità di trattamento e di non discriminazione.
Nell'ultimo decennio, la giurisprudenza italiana penale si è adeguata alle indicazioni delineate dalla Corte di Giustizia Europea, riconoscendo che «Non integra il reato di cui all'art. 4, comma 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 la condotta del soggetto che, agendo per conto di un allibratore straniero autorizzato ad operare in uno Stato dell'Unione ed illegittimamente discriminato in Italia nell'assegnazione delle concessioni di gioco, effettui in modo trasparente, in forza di vincolo contrattuale con il bookmaker, attività di raccolta delle scommesse, di incasso delle poste di gioco, di trasmissione dei dati all'allibratore ed, eventualmente, di pagamento delle vincite su mandato di quest'ultimo» (in tal senso, ex plurumisi, Cass. Pen., Sez. III, sentenza 9 settembre 2020, n. 25439).
Tuttavia, deve osservarsi che l'atteggiamento tendenzialmente restrittivo dello Stato italiano, volto in via precipua alla protezione della salute dai potenziali danni derivanti dalla ludopatia, si estrinseca ancora attraverso il controllo delle attività da giuoco. In particolare, deve segnalarsi che in occasione della Conferenza unificata Stato autonomie locali in ordine alle Linee guida in materia di redistribuzione delle slot machine e delle sale da gioco, previste dalla legge di stabilità per il 2016, sono emerse posizioni diverse in ordine alla legittimità dell'ingerenza legislativa regionale sull'individuazione dei siti c.d. sensibili ove precludere attività di gioco e scommesse. Sul punto, è intervenuta la Corte Costituzionale che con la sentenza 11 maggio 2017, n.108 si è pronunciata sulla questione di costituzionalità delle disposizioni della legge regionale Puglia (n. 43 del 2013), che riguardano la distanza minima dai luoghi sensibili per l'apertura di sale gioco e sale scommesse: in particolare, l'art 7 prevede che l'autorizzazione agli esercizi commerciali venga concessa solo nel caso di ubicazioni in un raggio superiore a cinquecento metri "misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette».
La Consulta, ribadendo il proprio orientamento (espresso nelle sentenze n. 300 del 2011 e n.220 del 2014), ha affermato la legittimità di tali misure di contenimento della ludopatia, in quanto non si avrebbe alcuna "invasione" della competenza esclusiva dello Stato in materia di "ordine pubblico e sicurezza". Gli interventi in esame, infatti, non hanno la finalità di "contrastare il gioco illegale, né per disciplinare direttamente le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti e nemmeno per individuare i giochi leciti", ma trovano invece il loro fondamento nella materia della "tutela della salute", nella quale le regioni possono legiferare nel rispetto dei principi dettati dalla legislazione statale «per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all'illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della "dipendenza da gioco d'azzardo": fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all'alcoolismo».
La Corte richiama a tale riguardo le analoghe disposizioni contenute in altre leggi statali sul c.d distanziometro" (dal c.d. decreto legge Balduzzi alla legge delega n. 14 del 2013 fino alla legge di stabilità per il 2016), sottolineando che la mancata attuazione di tali norme – e quindi l'assenza attuale di regole valide per tutte le regioni – non può costituire un ostacolo all'approvazione di norme specifiche a livello regionale sulle distanze minime dai luoghi sensibili. La giurisprudenza amministrativa, da sempre più restia rispetto a quella penale ad avallare l'ampliamento operativo delle norme in tema di gioco d'azzardo, risulta perfettamente allineata ai principi espressi dalla Corte Costituzionale, sulla scorta della ritenuta prevalenza assiologica del diritto alla salute (art. 32 Cost.) rispetto a quello dell'iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).


Considerazioni conclusive
La normativa italiana in materia di gioco e scommesse presenta un volto frastagliato e disomogeneo, aggravato dalla commistione in materia del diritto amministrativo e di quello penale. Il processo d'integrazione europea, altresì, ha contribuito a rendere ancor più problematica l'esegesi del compendo legislativo, in ragione del contrasto, ormai assodato, tra le norme dello Stato italiano e quelle unionali in tema di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi con precipuo riferimento agli operatori di giochi e scommesso che esercitano la propria attività in Italia a mezzo Internet o per il tramite di intermediari italiani. Se da un lato deve ritenersi pacifica l'adesione ai principi di monito enucleati dalla Corte di Giustizia Europea, dall'altro deve evidenziarsi una continuità limitativa e di controllo della legislazione italiana sulle attività di gioco e scommesse, soprattutto a tutela del bene salute rispetto ai rischi ludopatici. Sarebbe auspicabile, per la rilevanza della materia e per l'evoluzione sociale in cui la medesima si innesta, un intervento legislativo accorpante, onde consentire agli operatori del gioco e del diritto di potersi affidare ad un sistema normativo unitario, chiaro, efficace e attuale.

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