Civile

Eccesso di velocità dei natanti, esclusa l'applicazione analogica delle disposizioni del Cds

Si tratta di una questione nuova sulla quale non risultano precedenti

di Mario Finocchiaro

L'art. 1, comma 2, codice della navigazione, che è legislazione di carattere speciale, nel prevedere che, se il caso non è regolato dalla disposizione del diritto della navigazione, debbano applicarsi per analogia le altre disposizioni del diritto della navigazione e, ove non ve ne siano di applicabili, il diritto civile, da intendersi come il complesso delle norme e dei principi di diritto che costituiscono la normativa generale nella quale si inquadra la disciplina particolare del diritto della navigazione, esclude l'applicabilità in via analogica alla materia della navigazione delle disposizioni che disciplinano la circolazione stradale, che costituiscono una normativa a sua volta di carattere speciale. Questo il principio enunciato nella motivazione della sentenza del 21 giugno 2022 n. 19928 depositata dalla sezione II della Cassazione.

Si tratta di una questione nuova sulla quale non risultano precedenti.

In termini generali, nel senso che il ricorso all'analogia è consentito dall'art. 12 delle preleggi solo quando manchi nell'ordinamento una specifica disposizione regolante la fattispecie concreta e si renda, quindi, necessario porre rimedio a un vuoto normativo altrimenti incolmabile in sede giudiziaria, Cassazione sentenze 11 febbraio 2015, n. 2656, che ha cassato la sentenza impugnata che aveva erroneamente fatto ricorso all'analogia, avendo applicato i principi codicistici in tema di distanze nelle costruzioni in una materia, come quella delle costruzioni a confine della sede stradale, che è speciale ed esaustivamente disciplinata dal codice della strada; 6 luglio 2002, n. 9852, che ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto del lavoratore, già dipendente da una impresa di assicurazioni posta in liquidazione coatta amministrativa e poi assunto dalla impresa cessionaria del portafoglio di quest'ultima, a conservare la precedente sede di lavoro, precisando che in tale materia non sussiste alcuna lacuna normativa ma solo il difetto della tutela invocata dal lavoratore; 29 aprile 1995, n. 4754 e 23 novembre 1965, n. 2404, in Rassegna Avvocatura dello Stato, 1966, II, sez. 3, p. 93.

Con specifico riferimento al codice della navigazione si è osservato:
- in tema di rapporto di lavoro nautico, rispetto al quale le norme del codice civile possono trovare applicazione, secondo il disposto dell'art. 1 cod. nav., solo quando il diritto della navigazione (che costituisce una legislazione speciale con proprie regole ispirate anche ad interessi pubblici) non contenga apposite disposizioni né altre applicabili per analogia, la determinazione delle componenti della retribuzione da prendere a base del calcolo del compenso per ferie ed altre competenze indirette deve essere compiuta alla stregua della specifica disciplina dettata dai contratti collettivi (i quali sono compresi tra le fonti indicate dal citato art. 1) e non alla stregua della normativa del codice civile, restando esclusa - anche ai fini della verifica della osservanza del precetto del primo comma dell'art. 36 Cost. - la possibilità di commistione fra criteri risultanti da detta normativa e quelli stabiliti dalla disciplina convenzionale, Cassazione, sentenze 23 aprile 1991, n. 4386, in Notiziario giur. lavoro, 1991, p. 659; 3 febbraio 1988, n.1023; 13 ottobre 1987, n. 7571, in Rivista giur. lavoro, 1987, p. 207, con nota di D'Alessio W., Contrattazione collettiva e "specialità" del rapporto di lavoro nautico;
- nel sistema delle fonti di diritto in tema di rapporto di lavoro marittimo - nel quale hanno rango primario le norme costituzionali di generale applicazione in materia di lavoro (come l'art. 36 Cost.) e dal quale vanno invece escluse le norme corporative, la cui menzione (anche) nell'art. 1 cod. nav. deve ritenersi soppressa ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944 n. 287, salve le eccezioni previste dall'art. 43 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944 n. 369 - l'analogia legis, che precede il ricorso al diritto comune o civile, riguarda soltanto le disposizioni del diritto della navigazione e trova applicazione soltanto in presenza dei relativi presupposti, tra cui la capacità espansiva della formulazione o, quantomeno, della ratio della norma di diritto della navigazione, da applicare analogicamente, Cassazione, sentenza 17 gennaio 1987, n. 383, in Foro it., 1987, I, c. 1765.

Sulla inapplicabilità delle norme del codice della strada in materia di navigazione si è osservato, tra l'altro:
- il giudizio di opposizione disciplinato dagli art. 22 e 23, l. 24 novembre 1981 n. 689 va instaurato contro il provvedimento che applica la sanzione amministrativa; da ciò consegue che non è ammissibile il ricorso giurisdizionale proposto prima che sia emanata l'ordinanza-ingiunzione prevista dall'art. 18 medesima legge, avverso il processo verbale di accertamento e contestazione della violazione amministrativa (art. 13 e 14 stessa legge); nel procedimento delineato dalla legge n. 689 del 1981, infatti, la contestazione del verbale di accertamento non è idonea a costituire titolo per la determinazione e la riscossione della sanzione, la quale deve essere in ogni caso determinata dal successivo provvedimento sanzionatorio, la cui emanazione non è subordinata ad un atto di iniziativa dell'interessato (il ricorso amministrativo al prefetto, previsto dal codice della strada), ma prescinde dall'attività del medesimo; non sussistono, pertanto, le ragioni per applicare al procedimento delineato dalla legge n. 689 del 1981 la giurisprudenza costituzionale che ha esteso l'ambito di applicazione dell'art. 205 codice della strada, consentendo l'instaurazione del giudizio di opposizione ivi previsto anche avverso il verbale di accertamento e contestazione della violazione, Cassazione, sentenza 19 maggio 2000, n. 6485, resa in una fattispecie nella quale era stata contestata una violazione delle norme sulla navigazione da diporto - l. 11 febbraio 1971 n. 50 - per la quale si applica il procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa previsto dalla legge n. 689 del 1981 e non il codice della strada;
- con riferimento all'incendio di autovettura trasportata, al seguito di passeggero, nel garage di motonave in navigazione, non si applicano le norme relative al codice della strada, non trattandosi di incidente causato dalla circolazione di veicoli (sulla scorta di tale principio il giudicante, investito della causa di risarcimento danni, ha dichiarato la propria incompetenza per valore, stante il valore della domanda principale e di quella riconvenzionale superiore a lire cinquemilioni), Giudice di pace di Siracusa, sentenza 21 marzo 2000, in Arch. circ. ass. e resp., 2000, p. 498;
- la violazione del divieto di ingresso o di accesso nell'area portuale demaniale marittima non rientra nella fattispecie di cui all'art. 1174, comma 1, codice della navigazione, avente ad oggetto l'inosservanza di provvedimenti dell'autorità in materia di circolazione nell'area medesima, ma nella previsione di cui al comma 2, depenalizzata dall'art. 3 legge n. 561 del 1993, riguardante i provvedimenti in materia di circolazione nell'ambito del demanio marittimo che, per la peculiarità dell'ambito stesso non possono trovare la loro disciplina solo nel codice della strada, Cassazione penale, sez. III, sentenza 22 novembre 1995, Galliani, in Riv. pen., 1996, p. 602;
- il divieto di sosta di autovettura in zona portuale non è sanzionato dall'art. 3 codice della strada, in quanto tale zona non può essere considerata strada ai sensi dell'art. 2 dello stesso codice; pertanto, trova attuazione l'ordinanza dell'autorità marittima che vieta la sosta di autoveicoli in zona portuale, la cui violazione è sanzionata penalmente dall'art. 1164 codice della navigazione, Cassazione penale, sez. III, sentenza 22 maggio 1992, Marchese, in Dir. trasporti, 1993, p. 453, con nota di Bonifazi P., Sul divieto di sosta in zona portuale.

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