Civile

Liti tributarie sotto il peso dell’arretrato

di Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

Prendete il gettito della Tasi sulla prima casa e moltiplicatelo per otto. Oppure, se preferite, moltiplicate per 16 i maggiori incassi che l’Erario si attende quest’anno dalle nuove comunicazioni Iva. A tanto ammonta il valore delle nuove liti tributarie iniziate nel 2016 in primo e secondo grado: 31,8 miliardi. Importo che risulta in calo del 4,9% rispetto all’anno precedente, ma che comunque è di quasi 2 miliardi più alto di quello del 2014. Segno che sul fisco si continua a litigare senza una chiara inversione di tendenza.

I dati ufficiali – che Il Sole 24 Ore del lunedì anticipa in queste pagine – saranno presentati oggi all’inaugurazione dell’anno giudiziario tributario, e mostrano una situazione completamente diversa nei due gradi di giudizio.

Davanti alle 103 commissioni tributarie provinciali (Ctp) l’anno scorso sono arrivate 164mila nuove controversie. Quasi 15mila al mese, escludendo la sospensione feriale dei termini. È un numero ancora altissimo, su cui pesa l’incidenza abnorme delle mini-liti: quattro cause su dieci non arrivano a 2.582 euro di valore. Eppure, il totale dei nuovi ricorsi è in calo del 9,7% rispetto al 2014, grazie soprattutto al potenziamento degli istituti deflattivi del contenzioso (in primis, la mediazione tributaria estesa dallo scorso anno anche ai tributi di competenza degli enti locali) e al rincaro del contributo unificato, la “tassa” d’accesso alla giustizia.

In primo grado il calo dei nuovi ricorsi è superiore a quello delle sentenze, il che si traduce in una riduzione dell’arretrato. Lo dimostra l’indice di ricambio, secondo cui nel 2016 sono state decise 141 liti ogni 100 pervenute. Di questo passo, basterebbero poco più di quattro anni e mezzo per azzerare le 318mila cause che risultavano pendenti in Ctp al 31 dicembre scorso.

Tutto l’opposto quello che accade nelle commissioni tributarie regionali (Ctr). Qui nel 2016 c’è stata una leggerissima riduzione delle nuove liti e un robusto aumento di quelle decise, ma il punto d’equilibrio è ancora lontano. Ogni 100 fascicoli aperti, ne sono stati chiusi solo 90. Detto diversamente, l’arretrato è aumentato di 6.679 cause.

Bisognerà vedere, a questo punto, se la riforma della conciliazione giudiziale avrà effetti positivi. Con l’attuazione della delega fiscale, infatti, è stata introdotta la possibilità di trovare un accordo tra ente impositore e contribuente anche in secondo grado. Una chance che dovrebbe favorire la chiusura di quelle liti su cui c’è un orientamento giurisprudenziale consolidato. Anche perché il tasso di sentenze di secondo grado che vengono portate in Cassazione è ancora altissimo (si veda l’articolo nella pagina fianco).

Lo smaltimento delle pendenze avrebbe effetti positivi anche per l’Erario. Pur considerando i casi in cui vince il contribuente, è innegabile che chiudere l’arretrato significa rendere possibile il recupero di imposte per così dire “in sospensione”. Prendendo come riferimento il valore medio delle liti negli ultimi quattro anni, si può ipotizzare che le pendenze valgano 36,1 miliardi in Ctp e 28,9 in Ctr.

In più va segnalato un altro aspetto. Se è vero che le liti bagatellari sono quelle che ingolfano l’attività di Ctp e Ctr, la crescita dell’importo medio delle controversie rispetto al 2015 in entrambi i gradi di giudizio sembra indicare la necessità di tempo, risorse e competenze da indirizzare sui contenziosi più complessi. Dopotutto, in Ctr i tre quarti del controvalore arrivano da 1.855 cause di grande importo.

Un tentativo in questo senso la delega fiscale lo ha fatto, delineando un percorso per l’attribuzione delle «questioni controverse» a sezioni in qualche modo specializzate. Basti pensare al caso dell’abuso del diritto. Una prasi già adottata da tempo nelle Commissioni maggiori, ma che in quelle più piccole potrebbe creare qualche problema organizzativo.

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