Comunitario e Internazionale

Titolo esecutivo Ue sospeso all’origine e nell’altro Stato

di Marina Castellaneta

Se una decisione certificata come titolo esecutivo europeo è sospesa nello Stato membro di origine, il giudice dell'esecuzione è tenuto a fermare il procedimento esecutivo avviato nel suo Stato. Lo ha precisato la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza depositata il 16 febbraio nella causa C-393/21. La pronuncia chiarisce la portata di alcune norme del regolamento Ue 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati.

In particolare, la Corte si occupa dell'articolo 23, che condiziona la possibilità per l'autorità competente dello Stato di esecuzione di sospendere l'attuazione di una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo nello Stato di origine in presenza di alcune circostanze eccezionali.

La vicenda

La questione principale vedeva contrapposte due compagnie aeree: la Lufthansa aveva avviato un'azione di recupero di un credito nei confronti della Arik Air. Il Tribunale circoscrizionale di Hünfeld (Germania) aveva emesso un'ingiunzione di pagamento nei confronti della società debitrice e un certificato di titolo esecutivo europeo che era stato consegnato a un ufficiale giudiziario in Lituania per dare esecuzione alla riscossione del credito.

La società nigeriana, però, si era rivolta al giudice tedesco presentando una domanda di revoca del certificato e di cessazione del recupero forzato del credito poiché, a suo avviso, gli atti processuali erano stati notificati in modo errato. Impedendole, così, il rispetto del termine di opposizione.

La compagnia aerea aveva anche presentato un'istanza di sospensione del procedimento esecutivo all'ufficiale giudiziario lituano. Quest'ultimo aveva respinto la richiesta di sospensione.

Erano seguite altre azioni giudiziarie e la Suprema Corte lituana, prima di decidere, si è rivolta alla Corte Ue per ottenere alcuni chiarimenti sul regolamento n. 805/2004 e, in particolare, sulla nozione di circostanze eccezionali. L'articolo 23 del regolamento, infatti, prevede alcuni limiti all'esecuzione del titolo esecutivo se il debitore chiede una rettifica o una revoca del certificato. La norma stabilisce che «in circostanze eccezionali» l'autorità competente dello Stato membro dell'esecuzione possa sospendere il procedimento.

La sentenza

Prima di tutto, la Corte ha Ue ha chiarito che la nozione di circostanze eccezionali è propria del diritto dell'Unione e non degli ordinamenti nazionali. Di conseguenza, essa deve essere interpretata in modo uniforme nello spazio Ue e in modo restrittivo. La nozione, però, non include solo le situazioni di forza maggiore, che risultano da «eventi imprevedibili ed ineluttabili dovuti a una causa estranea al debitore».

La sospensione dell'esecuzione, così, può essere prevista anche nei casi in cui «la prosecuzione dell'esecuzione esporrebbe il debitore a un rischio reale di danno particolarmente grave il cui risarcimento sarebbe impossibile o estremamente difficile» se la sua domanda nel Paese di origine fosse accolta.

Questa probabilità fa sì che, malgrado il margine di discrezionalità lasciato ai giudici dello Stato membro di esecuzione, quest'ultimo dovrà considerare, per valutare l'esistenza delle circostanze eccezionali e sospendere l'esecuzione del titolo esecutivo europeo, l'avvio di un procedimento nel Paese di origine, senza occuparsi, però, della fondatezza del ricorso.

Per quanto riguarda l'applicazione di misure di limitazione o di garanzia nella fase di esecuzione nei casi in cui il giudice dello Stato membro che ha emesso il titolo abbia ricevuto un'istanza del debitore, la Corte ha stabilito che l'articolo 6 del regolamento richiede che il provvedimento sia esecutivo nello Stato membro di origine. Pertanto, – osservano gli eurogiudici – se una decisione certificata è sospesa nello Stato membro di origine l'autorità competente dello Stato di esecuzione dovrà sospendere il procedimento di esecuzione.

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