Civile

Procedura alternativa se la notificazione via Pec risulta compromessa

Incerta la compatibilità del filtro telematico con la tutela del diritto di difesa

di Filippo D'Aquino

La legge delega ha richiesto l’attuazione di un nuovo regime delle notificazioni al debitore, in generale, degli atti delle procedure concorsuali e, in particolare, del procedimento di apertura della liquidazione (articolo 2, comma 1, lett. i) della legge 155/2017). Anche in questo caso è stato conservato il sistema preesistente, imperniato sulla notifica a mezzo Pec con modalità affatto speciali rispetto a quelle ordinarie, in quanto notifica eseguita dalla cancelleria (e non dalla parte), alla quale fa seguito, in caso di esito infruttuoso, un procedimento improntato a particolare celerità (notifica a cura dell’istante a mezzo ufficiale giudiziario presso la sede legale e, in mancanza, deposito presso la casa comunale con efficacia immediata della notificazione, secondo quanto previsto dall’articolo 40, comma 8).

Va in questa direzione l’obbligo dell’imprenditore di mantenere in vita la Pec post mortem, ossia per almeno un anno dopo la cancellazione dell’impresa (articolo 33, comma 2), al fine di consentire (come già riconosciuto pretoriamente da Cassazione, 17946/2016 e successive) l’esecuzione della notificazione a mezzo Pec entro l’anno dalla cancellazione.

La legge delega ha inserito, tuttavia, un “filtro telematico”, così rendendo ancora più sui generis una notifica di per sé già speciale, ossia «una procedura telematica alternativa, quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata, per causa imputabile al destinatario, non è possibile o non ha esito positivo». In altri termini, ove la Pec non funzioni per causa imputabile all’imprenditore, si deve eseguire una notificazione con «procedura telematica alternativa», mentre se la Pec non funziona per cause non imputabili all’imprenditore, si segue il collaudato regime già in essere.

Per dare attuazione al principio, il legislatore delegato ha previsto una ulteriore notifica telematica a cura della cancelleria, mediante inserimento della domanda dell’istante «in una area web riservata» (articolo 40, comma 7), materia poi delegificata in quanto l’istituzione dell’area web viene demandata a un decreto ministeriale (articolo 359).

Questo filtro telematico, non ancora attuato, fa sorgere qualche dubbio sotto il profilo del diritto di difesa. Proprio nel momento in cui il procedimento assume maggiore spessore - in quanto nutrito di informazioni veicolate non solo dall’istante ma acquisite di ufficio e nel quale potrebbero intervenire altri istanti – ci si chiede quali forme debba assumere questa notificazione con «procedura telematica alternativa» al fine di portare a conoscenza del destinatario la pendenza del procedimento, sul presupposto che la notificazione a mezzo Pec non sia andata a buon fine per il solo fatto che l’imprenditore abbia colpevolmente compromesso la funzionalità della Pec (ad esempio, in caso di casella piena).

Un’analoga riflessione si può fare in relazione alla notificazione a mezzo Pec ai soci di società di persone che, in quanto non imprenditori, non sono obbligati a dotarsi di posta elettronica certificata. Sotto il vigore della precedente disciplina, presso alcune prassi (ad esempio, Tribunale di Milano) si era ritenuto che la notifica a mezzo Pec (stante anche la specialità del relativo regime notificatorio) fosse possibile nella misura in cui il destinatario fosse obbligato a dotarsi di un domicilio digitale. Sicché, la violazione di una norma di legge avrebbe comportato l’applicazione di un regime notificatorio speciale (Corte costituzionale, 146/2016), cosa che non poteva avvenire per i soci di società di persone non obbligati per legge all’apertura della Pec (Guida alla legge fallimentare, Il Sole 24 Ore, 2016, pagina 28).

Per ovviare a una potenziale eccezione di incostituzionalità, il legislatore ha esteso il procedimento previsto per le imprese collettive, ma lo ha ulteriormente ibridato. La notificazione presso i soggetti non iscritti nel registro delle imprese avviene «presso la residenza» (e non presso la sede), con lo stesso procedimento (la norma non è chiarissima) previsto per la società e, in caso di infruttuosità, presso la casa comunale. In quest’ultimo caso, «per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito» presso la casa comunale viene «data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento» (articolo 40, comma 8, ultimo periodo).

C’è da chiedersi se un procedimento notificatorio, ancora più speciale (anche perché monco della iniziale notificazione a mezzo Pec), possa applicarsi a soggetti coinvolti nel procedimento per il solo fatto di essere garanti ex lege del debitore, benché non obbligati a munirsi di un domicilio digitale, con particolare riferimento al caso in cui la notifica sia eseguita con deposito presso la casa comunale e in cui occorra (quanto meno) la prova della ricezione della raccomandata informativa (Cassazione, Sezioni unite, 10012/2021).

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